Secondo il rapporto BEM research 2017 sull’E-Government, intitolato “Il paradosso italiano nel digitale: tanto social ma poco e-gov”, l’Italia è quello che mostra il ritardo più ampio nei processi di digitalizzazione dell’economia, evidenziato dalla bassa propensione ad acquistare prodotti online, e la scarsa interazione con la propria banca oppure con la Pubblica Amministrazione. Ecco la rappresentazione grafica di questo dato:
In Italia dunque soltanto una persona su quattro ha fatto uso dell’e-gov, anche se i cittadini italiani sono particolarmente attratti dalla tecnologia e utilizzano i propri devices per coltivare le interazioni virtuali con amici e parenti. A questo particolare atteggiamento si aggiungono anche problemi di competenza e di accesso, come ben si evidenzia nel Report [3]dell’Istat dedicato a Cittadini, Imprese e ICT, secondo il quale un terzo delle famiglie italiane risulta ancora senza accesso a Internet, mentre ancora resta un forte divario digitale dovuto soprattutto a fattori generazionali e culturali. In effetti, proprio la mancanza di competenze è il motivo del non utilizzo della Rete (55,5%).
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Questa particolare situazione ha portato la pubblica amministrazione a un cambio di strategia proprio per venire incontro alle esigenze e alle caratteristiche dell’utente medio italiano, cercando di porre al centro del processo comunicativo il cittadino, intercettandolo nei territori dove è presente quotidianamente: i social network. Si sono aperti inediti canali comunicativi, dove l’interazione a due vie ne è la caratteristica principale. Si tratta certo di un’idea rivoluzionaria, dato che fino a questo momento la comunicazione tra pubblica amministrazione e utenti è stata soltanto di tipo broadcasting, cioè essenzialmente passiva, e calata dall’alto. Come sono state accolte queste interessanti novità? Gli utenti hanno recepito la grande rivoluzione in atto, oppure ne hanno approfittato per criticare l’operato dell’amministrazione?
Una ricerca sull’uso dei social media durante le emergenze
I dati sono ancora incerti, e si tenta di monitorare la situazione per adattare al meglio la comunicazione alle esigenze del cittadino-utente. Una ricerca[4] dal titolo: Tra risposte protocollate e «social sensing». L’uso dei social media per la comunicazione d’emergenza nelle istituzioni locali italiane, apparsa sulla rivista Sociologia e Ricerca di F. Angeli, e condotta da F. Comunello e S.Mulargia, illustra come quote crescenti di cittadini si rivolgono ai social media per cercare o fornire informazioni, e non solo, in occasione di emergenze e disastri naturali. Tale ricerca si sofferma dal punto di vista dell’analisi, innanzitutto sull’aspetto sociologico di questi eventi catastrofici, più che alla mera osservazione delle pratiche comunicative a ridosso dei singoli eventi. L’osservazione è invece focalizzata al contesto locale, e condotta attraverso interviste semi-strutturate.
Il social media manager pubblico
I dati raccolti hanno evidenziato innanzitutto il problema del mancato riconoscimento del ruolo di social media manager o di comunicatore istituzionale e d’emergenza (questione in via di risoluzione con il recente contratto dei dipendenti pubblici). In secondo luogo, è stato rilevato un atteggiamento ambivalente nei confronti della comunicazione: da un lato si tenta di svecchiare l’amministrazione adottando pratiche più moderne, mentre dall’altro persistono atteggiamenti legati alla logica del command and control (Rodriguez, Quantarelli e Dynes, 2007).
La scelta del canale è operata dai singoli operatori o da considerazioni del contesto, e i social network, come Facebook o Twitter, vengono di solito dopo il sito web. Le amministrazioni hanno mostrato di saper sperimentare diverse pratiche di engagement nell’uso dei social media.
Si passa dall’utilizzo di base (apertura account o presenza discontinua) fino ad arrivare a utilizzi push and pull per integrare in modo sistematico i social media nei processi di comunicazione e gestione delle emergenze. Apprezzato dagli operatori è soprattutto l’immediatezza garantita dai canali social, mentre tra gli aspetti negativi fanno riferimento alla natura bidirezionale di queste piattaforme, che può entrare in conflitto con il ruolo istituzionale delle amministrazioni che rappresentano sulla scena mediatica.
Una particolare attenzione è la possibilità che siano diffuse bufale, o fake news, soprattutto in riferimento a particolari emergenze in cui sono coinvolte figure istituzionali rilevanti, soprattutto se si considera anche l’aumento di aggressività della comunicazione rivolta dai cittadini alle amministrazioni. Tuttavia alcuni operatori testimoniano che la presenza assidua e il dialogo riesca a disinnescare anche le polemiche più accese. Riguardo alle barriere all’uso dei social media durante le emergenze si fa riferimento a carenze nell’assetto organizzativo e alla mancanza di risorse (personale e tecniche), ma anche la mancanza di provvedimenti legislativi o regolamentari per normare l’uso dei social media, è considerato un ostacolo difficile da superare.
In conclusione, il percorso si presenta ancora lungo e tortuoso per affinché si realizzi una totale integrazione dei nuovi strumenti di comunicazione nell’ambito della comunicazione istituzionale pubblica, ma i segnali sono positivi e soprattutto tante sono le iniziative in questo senso, sia da parte degli operatori, che a titolo personale, cercano di diffondere la cultura innovativa della comunicazione via social, che dalle istituzioni vere e proprie, le quali, seppur lentamente, cercano di adeguarsi alla dieta mediale dei cittadini utenti, per raggiungerli nei loro quotidiani spazi di interazione.