SOCIAL MEDIA

Social media per la PA, come moderare i commenti

Per la gestione dei commenti dei social media di una pubblica amministrazione è opportuno predisporre una social media policy esterna, considerandone le specificità. Ecco alcune regole e buone prassi

Pubblicato il 04 Apr 2023

Tony Siino

Comunicazione digitale dell’Istat - Istituto Nazionale Di Statistica

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La gestione dei commenti dei social media di una pubblica amministrazione pone alcune criticità di non poco conto. Innanzitutto, bisogna chiarire che è opportuno predisporre una social media policy esterna, cioè un contesto di regole chiare e trasparenti che indichi che cosa sia consentito e cosa no agli utenti nei commenti della pagina. L’indicazione proviene da un apposito documento del 2011, in attesa che venga generata una social media policy nazionale i cui lavori sono iniziati nel 2021.

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Social media policy per la PA

Nella social media policy, ad esempio, ci si riserva di poter rimuovere senza preavviso e con insindacabile giudizio commenti che

  • siano illeciti, diffamatori e/o calunniosi, volgari, lesivi della privacy altrui, razzisti, classisti o comunque reprensibili;
  • contengano promozioni relative a partiti politici, movimenti politici, religioni o sette, movimenti terroristici o estremistici e contenuti ispirati da fanatismo, razzismo, odio o irriverenza; che possano arrecare danno, in qualsivoglia modo, a minori d’età;
  • forniscano informazioni riservate, confidenziali anche apprese in forza di un rapporto di lavoro o di un patto di riservatezza;
  • contengano dati personali o numeri telefonici propri e di terzi;
  • siano lesivi di brevetti, marchi, segreti, diritti di autore o altri diritti di proprietà industriale e/o intellettuale di terzi soggetti;
  • abbiano contenuti di natura pubblicitaria e più in generale che utilizzino i messaggi a scopo commerciale (promozione, sponsorizzazione e vendita di prodotti e servizi);
  • comunichino utilizzando messaggi in codice;
  • utilizzino un linguaggio scurrile o blasfemo.

Si chiarisce che i contenuti rispecchiano il punto di vista degli autori e non dell’Ente e ci si riserva di rilevare e conservare i dati identificativi, la data, l’ora e l’indirizzo IP del computer da cui vengono pubblicati i commenti al fine di consegnarli, dietro richiesta, alle autorità competenti, per i casi di presunti illeciti. Va chiarito che una mancata moderazione dei commenti potrebbe comportare anche responsabilità in solido per l’Ente che non ha vigilato ed eventualmente rimosso commenti lesivi nei confronti di soggetti terzi.

Inquadrato il contesto ed esposti alcuni caveat possiamo passare a indicare alcune buone prassi di moderazione dei commenti.

Buone prassi di moderazione dei commenti

Innanzitutto, le piattaforme forniscono alcuni strumenti utili per mantenere un controllo su situazioni critiche.

Facebook, in particolare, prevede nella sua Dashboard per professionisti un moderatore automatico che costituisce un primo filtro per i commenti, che riduce il carico di lavoro manuale e può intervenire anche fuori dagli orari e giorni d’ufficio in cui l’Ente garantisce il presidio dei canali social.

Il moderatore automatico permette di impostare alcuni criteri sia a livello di autore del commento sia a livello di contenuto del commento. Per quanto riguarda gli autori si può scegliere di nascondere commenti che provengano da un nuovo account, da un account con nessuna immagine del profilo, con nessun amico o follower, oppure di un trasgressore recidivo.

A livello di commenti gli stessi possono essere nascosti se è presente un link nel commento, un’immagine nel commento, volgarità, link a siti specifici, video, oppure parole chiave che possono essere definite con precisione (con la possibilità di includere anche emoji in genere associate a un approccio ostile).

Bisogna raccomandare un approccio che non sia censorio e in linea con la social media policy esplicitata: i commenti rimossi non sono conformi a quanto permesso e verranno rimossi o nascosti in quanto tali, non perché critici o polemici. In questo secondo caso si potrà rispondere e rimandare ai canali più appropriati per la risposta e per la gestione della problematica espressa.

I commenti nascosti restano visibili all’estensore e ai suoi amici di Facebook. Resta il fatto che la distribuzione ne viene limitata, quindi l’intervento può essere utile anche per commenti che aggirino subdolamente la policy dei commenti, pur rimanendo formalmente all’interno del suo perimetro.

La prima scrematura automatica dovrà essere seguita da una moderazione attiva effettuata da una o più persone, che procederanno a rendere visibili commenti identificati erroneamente come sospetti di violazione, ad ammonire eventuali trasgressori nei casi più lievi e a rimuovere i commenti nei casi più gravi, con la possibilità di arrivare fino al blocco dell’utente trasgressore delle regole e/o alla segnalazione alle autorità competenti per commenti di particolare gravità (che, ad esempio, contengano minacce o un testo diffamatorio che, si ricorda, potrebbe integrare la diffamazione aggravata visto il carattere pubblico e l’ampiezza della diffusione del canale social di una pubblica amministrazione).

Anche Instagram consente dalle Impostazioni una gestione dei commenti e messaggi offensivi e pericolosi, con un automatismo che se attivo nasconde i commenti che potrebbero essere offensivi, un filtro dei commenti avanzato e una gestione di parole e frasi personalizzate che possono essere nascosti automaticamente.

Per quanto riguarda Twitter, va intanto chiarito che la dinamica delle risposte è differente rispetto a quella dei commenti su altri social, poiché richiede un clic dell’utente che vuole visualizzarle. È possibile nascondere una risposta cliccando sui tre puntini alla destra del testo e su nascondi risposta (intervento che può essere comunque noto al rispondente e visualizzabile per chi clicca sul pulsante risposte nascoste).

Alcune piattaforme consentono di chiudere i commenti a un post, opzione che non si ritiene raccomandabile per tutti i post ma si può dimostrare utile nei casi in cui si voglia fornire una comunicazione unidirezionale che si ritiene non necessiti di commenti o di una discussione da parte degli utenti.

Le specificità della comunicazione per gli Enti pubblici

Ulteriori riflessioni vanno fatte sulle risposte ai commenti in generale. Non è scontato che l’Ente debba necessariamente rispondere a tutti. Può ad esempio intervenire soltanto in casi in cui sia necessario un chiarimento di interesse generale, dove invece il caso specifico può essere gestito nella messaggistica diretta, dall’URP, da un ufficio specializzato ecc.

Qualora si decida di rispondere, oltre a regole generali di buona comunicazione come la chiarezza, la sinteticità, la correttezza delle informazioni fornite, torna utile ancora una volta il vademecum citato che raccomanda di apparire il più possibile aperti nei confronti delle istanze degli interlocutori, mostrando la capacità di ascoltare e di offrire risposte trasparenti e rapide. A eventuali critiche, ove possibile, rispondere con commenti pubblici, informativi nei contenuti e comunque garbati nei toni.

Lo stile comunicativo da impiegare, sia a livello di vocabolario sia di tono complessivo, dovrà riaffermare la natura istituzionale dello spazio, offrendo sempre comunicazioni informative e rigorose, ma se possibile raccordandosi con stilemi e modalità caratteristici del Web sociale, facendo qualche concessione all’informalità e all’ironia propri di questi ambienti. Si tratta di un equilibrio non semplice da raggiungere, ma che risulta necessario per garantire all’account una dote adeguata di pubblico e di credibilità.

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