L’adozione, da parte della Pubblica amministrazione, di software libero o a codice sorgente aperto può essere una soluzione per il risparmio sulle licenze e per la personalizzazione degli applicativi; porta inoltre allo sviluppo di competenze informatiche favorendo un’occupazione altamente tecnologica locale “vicina” alla PA.
Si tratta del superamento di monopoli, intrinsecamente inefficienti e pericolosi, con un modello tecnologico orientato ai servizi.
Peccato che questa bella teoria trovi scarsa o nessuna applicazione in Italia.
Già: esistono PA italiane totalmente aderenti alla normativa sul software libero? Una mia analisi approfondita degli ultimi anni mi fa propendere per il no.
Non mi risulta che nessun Ministero lo sia e neppure nessuna Regione… volendo parlare di Comuni, posso dire che neppure Roma o Milano sono totalmente aderenti alla normativa.
L’adozione di tali sistemi, infatti, pur essendo prevista anche nel Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), ma la normativa, pur risalente al marzo 2005, non ha ancora trovato la necessaria applicazione per cui si chiede al Governo Draghi e ai Ministri competenti di attivare gli interventi necessari alla sua attuazione.
(Agendadidigitale.eu se ne occupava già sette anni fa, vedi sotto).
Software libero: cosa prevede il Codice dell’Amministrazione Digitale
Eppure le norme parlano chiaro. Il CAD prevede che le PA acquisiscano programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:
- software sviluppato per conto della PA
- riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della PA
- software libero o a codice sorgente aperto
- software fruibile in modalità cloud computing
- software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso
- software combinazione delle precedenti soluzioni
La valutazione comparativa deve essere effettuata sulla base dei seguenti criteri:
- costo complessivo del programma o soluzione quale costo di acquisto, di implementazione, di mantenimento e supporto;
- livello di utilizzo di formati di dati e di interfacce di tipo aperto nonché di standard in grado di assicurare l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici della pubblica amministrazione;
- garanzie del fornitore in materia di sicurezza, conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali, livelli di servizio.
Il ruolo di vigilanza dell’Agid
Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) prevede anche che l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) garantisca vigilanza e controllo sull’attuazione e sul rispetto delle norme, anche attraverso l’adozione di atti amministrativi generali, in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione, sicurezza informatica, interoperabilità e cooperazione applicativa. AgID deve effettuare il monitoraggio delle attività svolte e verificare i risultati conseguiti dalle singole amministrazioni con particolare riferimento a costi e benefici dei sistemi informatici.
La nomina del Responsabile per la Transizione Digitale
Il CAD prevede infine l’obbligo per le PA di nominare il proprio Responsabile per la Transizione Digitale per la “transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta, di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, attraverso una maggiore efficienza ed economicità.”
Software libero, perché la PA può fare la differenza
Il Rapporto AgID “La spesa ICT nella PA italiana 2020” mostra che la crescita della spesa ICT nella PA italiana 2020 è stata di oltre 6 miliardi.
La PA è un importante attore nel mercato (circa il 20% del mercato IT nazionale) e può influenzare in particolare il mercato acquistando licenze software e acquistando soluzioni personalizzate e custom.
Talora i fornitori utilizzano in modo spregiudicato politiche di lock-in che rendono difficile e costoso il cambiamento del prodotto; l’adozione di software libero crea concorrenza tra operatori, dando la possibilità al soggetto pubblico di cambiare più facilmente fornitore. Ciò fa quindi risparmiare sui servizi di supporto, assistenza e manutenzione.
La PA deve anche garantire riservatezza dei dati e la cybersecurity: avendo il codice sorgente è possibile individuare errori potenzialmente dannosi o illeciti, garantendo più sicurezza e affidabilità.
Utilizzando poi standard aperti e ampliando le possibilità di scelta la PA garantisce più facilmente l’accesso alle informazioni, la continuità di gestione e il mantenimento delle informazioni, indipendentemente dalle soluzioni scelte.
I tre interventi possibili
Si propongono tre interventi di facile e veloce realizzazione.
- Per il CAD, con riferimento al Piano triennale, AgID deve costruire il Piano sulla base di dati e informazioni acquisiti dalle PA. Si suggerisce quindi di predisporre uno studio per analizzare lo stato di adozione di soluzioni software libero da parte delle PA, partendo da una Regione pilota per poi allargare lo studio a tutto il territorio nazionale;
- richiedere agli RTD di richiamare tutte le strutture del loro ente (incluse quelle gerarchicamente superiori come consentito dalla normativa) a:
- concordare con l’RTD acquisizioni e adozioni di beni e servizi hardware e software
- condividere con l’RTD il piano dei fabbisogni software
- acquisire dall’RTD un preventivo parere di congruità sulla soluzione che s’intende adottare per l’acquisizione di beni e servizi hardware e software
- adottare software libero
- o motivare adeguatamente eventuale scelta diversa
- Le “Linee guida su acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazioni” di AgID chiedono che nel caso in cui sia accertata l’impossibilità di individuare una soluzione che soddisfi le esigenze dell’amministrazione tra le soluzioni software libero, si procede alla redazione di un documento che motivi le ragioni dell’accertata impossibilità, da conservare agli atti del procedimento! Per garantire maggiore trasparenza e facilità da parte di AgID di individuare i soggetti che possono richiedere supporto per l’adozione di software libero, si suggerisce quindi di prevedere l’obbligo di pubblicare tali motivazioni nella sezione Amministrazione Trasparente (prevista dal Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 e s.m.i.)
Un ultimo suggerimento ci viene dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “Quando si parla di sovranità digitale, si parla anche della nostra capacità di garantire questi diritti a tutti gli europei.“