Una buona parte delle storie più edificanti che accadono non vengono raccontate. Il giornalismo è talvolta diffidente nel considerare le risposte ai problemi come elementi utili alle inchieste e alla narrazione delle storie. L’idea comune è che raccontare le soluzioni possa nuocere la professionalità del giornalista.
Il solutions journalism, invece, propone una trasformazione del pensiero: i giornalisti compromettono la propria professionalità se non raccontano le soluzioni.
Se l’informazione ha il compito di offrire al pubblico uno specchio accurato della realtà, allora occorre cambiare il mindset dei giornalisti. Evitando di raccontare come le persone e le istituzioni stanno cercando di risolvere i problemi, rischiamo di offuscare parti significative di quanto accade nel mondo. Occuparsi della soluzione, quindi, significa concentrarsi su una risposta a un problema contemporaneo e sul modo in cui questa ha funzionato e portato benessere alle comunità.
Solutions Journalism e giornalismo costruttivo: due approcci con una visione comune
L’informazione che volge lo sguardo verso ciò che funziona abbraccia due correnti nate nei primi anni del 2000: una negli Stati Uniti e una che ha mosso i suoi primi passi nel Nord Europa. Entrambe si sono affermate negli anni successivi con la nascita del Solutions Journalism Network a New York (2013) e del Constructive Institute a Aarhus in Danimarca (2017). Supportate da una visione comune, queste due realtà nascono con l’obiettivo di formare i giornalisti di tutto il mondo ed educare il pubblico all’informazione costruttiva.
L’approccio alle soluzioni e alla costruttività – scelto anche da testate come il New York Times, la BBC e il Guardian – non vuole in alcun modo alimentare un’idea di giornalismo positivo. Non è di buone notizie che stiamo parlando. Queste non hanno la stessa profondità narrativa che propone il solutions journalism. Si focalizzano, infatti, solo su una parte della storia tralasciando aspetti come il contesto, i dati e le sfumature che possono offrire un puzzle narrativo più chiaro e complesso.
Questa visione di profondità comune ai due approcci ispira ad avviare una vera inversione a U del giornalismo per andare incontro alla comunità. Non solo viene così offerta una prospettiva più completa sulla notizia, ma si incoraggia il pubblico a partecipare attivamente al cambiamento, elevando il dibattito pubblico in merito a quel tema.
Giornalismo costruttivo: cosa succede in Italia
Nel 2019 è nato il Constructive Network: una rete di professionisti dell’informazione e della comunicazione impegnato nella divulgazione del giornalismo costruttivo e delle soluzioni. A fondarlo con me i colleghi Vito Verrastro, Isa Grassano, Marco Merola, Mariangela Campo, Andrea Paternostro e Angela di Maggio. Al momento siamo 185 giornalisti e giornaliste distribuiti su tutto il territorio italiano ed europeo. Il network è partner italiano del Solutions Journalism Network e tiene formazioni, organizza incontri rivolti sia ai professionisti dell’informazione che al pubblico. Abbiamo, inoltre, stilato una carta etica del giornalismo costruttivo redatta da Mariagrazia Villa, docente di etica dei media che propone le linee guida dell’approccio che abbiamo scelto.
I quattro principi della narrazione costruttiva
I dati sulla fiducia nei giornalisti non sono confortanti. Secondo le ultime rilevazioni dell’Edelman Barometer i media sono l’istituzione meno credibile tra aziende e ONG mentre hanno qualche punto in più rispetto alle istituzioni pubbliche. Dato un range percentuale suddiviso in tre parti (Diffidenza 1-49, Neutrale 50-59, Fiducia 60-100) in Italia le aziende e le ONG si collocano nella fascia neutrale con un indice rispettivamente di 57 e 52. I media e le istituzioni pubbliche, invece, abitano la fascia della diffidenza con un indice di 48 e 42. Dati, questi, che arrivano a conferma di quanto emerso nel Reuters Institute Digital Report del 2023 in cui si legge che la fiducia nei media italiani è del 34%. Questi dati sono il terreno fertile su cui seminare i principi della narrazione costruttiva che hanno anche l’obiettivo di ricostruire la fiducia perduta tra i giornalisti e il pubblico.
- Soluzione. Il primo focus del solutions journalism e del giornalismo costruttivo è la risposta concreta a un problema sociale.
- Dati. Raccontando la soluzione è importante mettere in luce dati o risultati qualitativi che dimostrino l’efficacia (o l’inefficacia) della storia raccontata.
- Insight. Il solutions journalism offre indicazioni concrete sulla scalabilità di un progetto o servizio in altri contesti. L’obiettivo è innescare un circolo virtuoso che fa bene alle comunità.
- Limiti. Nessuna risposta è perfetta, e qualcosa che funziona bene per una comunità potrebbe fallire in altre. Occorre, quindi, mettere attenzione sui limiti che la soluzione rileva in modo da collocarla in un contesto specifico.
Limportanza della narrazione costruttiva per le PA
Corinne Podger, direttrice di The Digital Skills Agency, afferma che siamo nell’era in cui abbiamo smesso di concepire i destinatari dell’informazione come pubblico e abbiamo cominciato a definirli comunità. “Osservo due grandi gruppi di redazioni: quelle che interagiscono attivamente e consultano i lettori prima di produrre contenuti, formati e prodotti e quelle che ancora non lo fanno”. Ad avere la meglio, afferma la Podger, sono le prime perché riescono a creare una forte relazione di fiducia con il proprio pubblico. Questa riflessione apre le porte al lavoro fondamentale che possono fare le PA utilizzando come chiave proprio il giornalismo costruttivo che ben si adatta alla narrazione locale grazie ad alcuni suoi valori di fondo.
- Incoraggia il cambiamento. Le storie che scegliamo di raccontare hanno il potere di influenzare i cambiamenti nella nostra società e di generare una consapevolezza che porta a un vero cambiamento all’interno di una comunità intera. Si alimenta così la proattività del cittadino.
- Dà voce ai senza voce. A livello locale è più semplice intercettare storie complesse di violenza e di abusi, di condizioni di vita al di sotto della soglia di povertà, di discriminazioni. Raccontare cosa si sta facendo per supportare queste esistenze è fondamentale per far recuperare fiducia alla comunità.
- Alimenta il senso di appartenenza. Fornendo accesso a informazioni accurate, si aiutano le persone a comprendere il contesto in cui vivono acquisendo una maggiore fiducia nelle istituzioni. Nei momenti di crisi locale, questo, aiuta a generare partecipazione e coinvolgimento con un obiettivo comune.
In questo profondo percorso di cambiamento dell’informazione l’esempio concreto può arrivare proprio dalle Pubbliche Amministrazioni che hanno il grande vantaggio di avere un collegamento immediato con la propria comunità. Un collegamento naturale che può diventare una relazione costruttiva e solida basata sul principio del dialogo e della trasparenza.
- Partendo dalla narrazione costruttiva è possibile generare un coinvolgimento delle persone purché non si tenti di edulcorare la narrazione ma tenendo il focus sul contesto e sul problema per raccontare cosa sta avvenendo in termini di soluzione.
- Lavorando sul concetto di onestà è possibile guidare le persone alla comprensione anche dei fallimenti e delle difficoltà evidenti della comunità evitando, così, di lasciarle a facili interpretazioni offuscate da pregiudizi e stereotipi.
- L’ascolto attivo digitale è una chiave potente per comprendere cosa i cittadini vogliono conoscere e quali sono le frustrazioni da prendere in considerazione e mitigare. Per farlo sarà utile fornire una narrazione onesta e costruttiva che si basa su elementi che favoriscono il cambio di prospettiva.
- Raccontare storie di altre comunità traendone ispirazione e cogliendone i legami con la propria favorisce l’apertura e la partecipazione attiva dei cittadini. Se il contesto lo consente, la soluzione può essere replicabile.
Conclusioni
Elevare il dibattito pubblico sui temi che ruotano intorno alla comunità è l’obiettivo che sostiene il solutions journalism. Per citare David Bornstein, fondatore del Solutions Journalism Network insieme al premio Pulitzer Tina Rosenberg, “Le persone non cambiano semplicemente perché qualcuno gli fa notare i problemi. Cambiano se sanno che il cambiamento è possibile e se conoscono i modelli da seguire”.
Un buon punto di partenza.