La “prima” fattispecie di sottoscrizione informatica vede la luce nel 1999, a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 513/1997 e delle successive regole tecniche stabilite nel DPCM 8 febbraio 1999. Da allora, la sottoscrizione informatica e la conseguente nascita della firma digitale si è sviluppata in numerose forme.
Ripercorriamo questi 20 anni di firme (e sigilli) fino a giungere alla cosiddetta firma con SPID di recentissima costituzione. Per ogni tipologia di firma esaminiamo anche i principali scenari di utilizzo “a norma di legge” precisando subito che tutte le sottoscrizioni lo sono, quello che cambia è la loro efficacia in giudizio ovvero la loro capacità di rendere valida la formazione di un documento informatico.
Per non complicare troppo le cose non ci soffermeremo sui dettagli normativi ma, a fini storici, si evidenzia che nel Codice dell’amministrazione digitale (CAD) le sottoscrizioni sono l’unico elemento che ha cambiato regole per ogni versione del decreto (ad oggi i decreti legislativi sono 6).
Firma digitale, la genesi
Come abbiamo appena evidenziato nel 1999 si comincia con la firma digitale.
Questa, all’epoca, era l’unica fattispecie di sottoscrizione, viene immediatamente diffusa normativamente nella pubblica amministrazione e nel privato. Nell’anno 2000 ci sono otto certificatori accreditati dall’AIPA (che poco dopo sarebbe diventata CNIPA) ma giunge la direttiva comunitaria 1999/93/CE che introduce tre tipologie di sottoscrizione, la firma elettronica, la firma elettronica avanzata e la firma elettronica qualificata.
Gli otto certificatori devono passare alle regole europee e da accreditati diventano qualificati. Nel nostro ordinamento per continuità normativa la firma digitale rimane valida come equivalente alla firma elettronica qualificata. Nel primo CAD la firma digitale è una particolare firma elettronica qualificata realizzata con una coppia di chiavi crittografiche asimmetriche di cui una resa pubblica, quindi la digitale è la realizzazione tecnologica della qualificata che permane come principio giuridico e che può essere utilizzata come equivalente alla sottoscrizione autografa.
Questa equivalenza subirà un costante ripensamento normativo nei vari CAD ma, in sintesi, con la firma digitale o qualificata si firma tutto. Si realizza il principio della forma scritta, sia quando questa non è obbligatoria (ad probationem dicono i giuristi), sia quando gli atti “devono farsi per iscritto) e quindi lo è (ad substantiam).
Il lettore perdoni la sintesi e la fisiologica semplificazione dei concetti giuridici.
La firma elettronica semplice e avanzata
L’evoluzione normativa della direttiva comunitaria comincia a farsi sentire con la presenza della firma elettronica semplice e avanzata. Con il terzo CAD nel 2011 si conferisce alla firma elettronica avanzata (FEA) una forte efficacia probatoria quasi equivalente alla digitale o qualificata. Questa scelta scaturisce dall’esigenza di utilizzare sottoscrizioni adeguate ai sistemi di banca diretta e in genere quando l’utilizzo di firma digitale non è praticabile a livello dei cittadini.
Bisogna aspettare il DPCM 22 febbraio 2013 (ancora vigente) per avere una FEA utilizzabile con le regole tecniche in vigore. Questa efficacia della FEA per sottoscrivere contratti ad substantiam ne favorisce la diffusione tramite la realizzazione denominata firma grafometrica.
Il titolare firma il documento utilizzando una tavoletta grafica e una penna elettronica. Il sistema si espande in modo veloce e ad oggi il sistema bancario, postale e assicurativo ma anche gli alberghi e soggetti di commercio ne fanno ampio utilizzo. Questo utilizzo è confermato anche dall’interesse in materia dei Notai e dei grafologi che si formano in materia ai fini peritali.
Nel DPCM 22 febbraio 2013 si stabilisce anche che verso la pubblica amministrazione è possibile utilizzare per la FEA sia la Carta Nazionale dei Servizi (CNS), oggi disponibile con la tessera sanitaria (TS-CNS), che la Carta di Identità Elettronica (CIE).
Firmare con questi strumenti non obbliga alla conformità con le regole del DPCM 22 febbraio 2013 (stabilite nel Titolo V) se si tratta di atti della pubblica amministrazione (articolo 61, comma 2) ai sensi degli articoli 64 e 65 del CAD (servizi erogati in rete e presentazioni di istanze e dichiarazione per via telematica).
Il regolamento eIDAS
Con il regolamento europeo 910/2014 (eIDAS) le firme diventano comunitarie con numerosi obblighi per gli Stati membri.
Questo regolamento introduce anche il sigillo elettronico che nella sua forma qualificata “gode della presunzione di integrità dei dati e di correttezza dell’origine di quei dati a cui il sigillo elettronica qualificato è associato” (articolo 35, paragrafo 2 del regolamento eIDAS).
Il Legislatore nazionale non ha introdotto il sigillo elettronico nella normativa primaria nazionale. Questo non è un limite al suo utilizzo ma poiché nelle norme è presente l’obbligo di firma digitale o qualificata, in molti scenari, dove il sigillo potrebbe essere utilizzato non può esserlo per questi obsoleti obblighi normativi. Il sigillo è comunque utilizzato nella fatturazione elettronica (il sistema fiscale “sigilla” la ricevuta di corretta trasmissione) e in qualche applicazione sanitaria. Con le nuove Linee guida sul documentale saranno possibili altri utilizzi per il sigillo elettronico.
Prima di elencare i principali contesti di utilizzo delle varie fattispecie di sottoscrizione ricordiamo l’ultima nata delle firme quella “con SPID” formalmente individuata da “sottoscrizione elettronica ai sensi dell’art. 20 del CAD”. Questa firma consente di firmare documenti esclusivamente PDF, con validità solo nazionale e con una piena validità per la forma scritta e meccanismi di disconoscimento più semplici rispetto alla firma digitale o qualificata (il disconoscimento è pari a quello della firma autografa, quindi non è necessaria la querela di falso).
I principali scenari di utilizzo
E’ giunto il momento di descrivere i principali scenari di utilizzo delle varie fattispecie di sottoscrizione informatica.
- La firma elettronica è liberamente valutabile in giudizio quindi non ha un valore probatorio a priori ma ad essa non possono essere negati gli effetti giuridici. Se scriviamo un messaggio di posta elettronica ordinaria e non dimostriamo che non siamo stati noi a scriverlo siamo in uno scenario di firma elettronica semplice e eventuali reati si possono attribuire al mittente del messaggio. La FEA è valida se sono soddisfatti i requisiti delle regole tecniche stabilite nel DPCM 22 febbraio 2013. Ogni piccola difformità dal titolo V di questo decreto rende la FEA un firma elettronica semplice con le relative conseguenze probatorie sull’efficacia degli atti sottoscritti.
- La firma con CNS o CIE non ha scenari definiti a priori. Lo specifico utilizzo deriva dalla disponibilità del software per la sottoscrizione su un dispositivo (PC, tablet, smartphone, ecc.). Per la CNS si deve disporre di un lettore a contatti, per la CIE di un lettore contactless. In entrambi i casi il software di firma deve essere abilitato per generare una FEA.
- Per la firma digitale o qualificata, fatto salvo il fatto che il loro utilizzo ha la più elevata efficacia probatoria dobbiamo considerare le numerose modalità di sottoscrizione. La firma digitale o qualificata può essere apposta con smart card, con token (il token rappresenta il lettore del chip che è interno al token stesso. In generale il token ha nella memoria interna una serie di programmi di utilità compreso quello di sottoscrizione). Molto diffuse da qualche anno la firma remota e la firma con procedura automatica.
- La firma remota consente la sottoscrizione senza disponibilità locale di smart card e relativi lettori. Consente anche di sottoscrivere in mobilità essendo quindi fondamentale per operare in telelavoro e smart working.
- La sottoscrizione con procedura automatica si è diffusa per la sottoscrizione di flussi documentali omogenei e noti a priori. Il sottoscrittore non ha la necessità di esaminare ogni documento che sottoscrive perché conosce a priori che si tratta di fatture, di contratti bancari già esaminati dai promotori, di contratti assicurativi standard, di refertazioni di laboratorio analisi cliniche, ecc. Il sottoscrittore è tutelato rispetto al non obbligo di visualizzazione chiara e non ambigua del documento da sottoscrivere con una limitazione d’uso nel certificato specifico per ogni flusso di sottoscrizione automatica. Egli poi ha aderito a questa modalità con un consenso preventivo. La norma primaria non pone limiti alla tipologia di documenti che si possono sottoscrivere con questa modalità. Certamente non è sicuro un flusso non noto a priori dove il sottoscrittore firma in modo digitale documenti “casuali”.
Altre tipologie di firma, a prescindere, dalla loro modalità di apposizione sono utilizzabili sulla base degli scenari di proposta. Caso di riferimento è la firma di contratti bancari con firma (FEA) grafometrica.
La “firma con SPID” ha l’obiettivo di consentire la diffusione dell’uso della sottoscrizione da parte dei cittadini. Se l’atto è un’istanza o una dichiarazione telematica verso la PA non è indispensabile questa fattispecie. Per la firma di documenti informatici nel privato le sue opportunità di utilizzo sono interessanti visto che il cittadino dispone di una firma valida anche per banche, poste e assicurazioni e altri scenari economici.
Per concludere e completare lo scenario di quando e come si firma è utile rileggere l’interessante articolo disponibile qui.
Possiamo così comprendere cosa è la sigla, li visto, la firma e la sottoscrizione da un punto di vista amministrativo, al fine di un utilizzo del digitale efficace, efficiente e anche comprensibile a quei soggetti che nella loro anima ancora non dimenticano la carta.