La diffusione di Spid dovrà essere rapida e omogenea. Così spiegano Agid e il Governo. Un nuovo modo per parlare con la pubblica amministrazione, immediato e sicuro. Questione di accesso, certo, a servizi pubblici e privati, sui quali bisogna porre particolare attenzione per garantire possibilità di fruizione a tutti. Le Regioni hanno avviato molteplici opportunità di concertazione e dialogo con i loro territori, in particolare con le aree bianche, sul piano banda ultralarga e su agenda digitale.
Spid è un pezzo fondamentale che va posto assieme alla Bul. Spid è il viatico per i nuovi servizi, uniti a quelli tradizionali. È un pezzo di cultura digitale che ancora dobbiamo creare. Eppure Spid oggi non è un sistema sul quale vi è un piano nazionale per la capillare diffusione. Lo dicono implicitamente i principali erogatori delle credenziali, Tim e Poste. Mentre il primo ha una presenza poco efficace sulle “aree bianche”, i cluster di Comuni C e D della Bul per intenderci, Poste deve accompagnare la diffusione di Spid ad alcune migliori politiche aziendali oggi non del tutto chiare. E cioè deve decidere cosa fare della rete di sportelli, questi sì capillari, che possiede in migliaia di piccoli Comuni delle aree interne del Paese. Questa rete oggi è stata in gran parte trasformata. Chiusi gli uffici e ridotti gli orari in troppi piccoli e medi centri, nonostante la mobilitazione delle associazioni degli enti locali e di molti parlamentari. Oggi Spid viene erogata solo negli uffici più grandi di Poste. Si prenota on line e si riceve dopo un “riconoscimento” fisico e personale presso l’ufficio di territorio. Spid si potrà diffondere efficacemente solo quando Poste ne permetterà l’erogazione in tutti gli uffici. Non solo. Il nuovo patto che la storica azienda, oggi un po’ banca, un po’ negozio e un po’ assicurazione, deve trovare con i territori è proprio attorno all’innovazione. Spid è un primo aspetto. Di pari passo vengono “postino digitale” e sportelli multiservizi in particolare nei Comuni più piccoli dove Poste è ancora l’unico presidio dello Stato.
Se così non sarà, Spid sarà più difficile da diffondere. In particolare nelle fasce di popolazione più deboli e anziane. Diventerà un altro pezzo di digital divide. Un’altra strada per evitare questo rischio può però essere presa subito, con le adeguate attenzioni. E cioè il coinvolgimento dei Comuni e delle Unioni. Potrebbero essere gli uffici anagrafe a distribuire Spid. Potrebbero essere cioè i municipi a permettere una rapida diffusione dell’identità digitale unica. Del tutto evidente però che ai piccoli Comuni italiani, una volta assegnato questo compito, andrebbe riconosciuto economicamente il ruolo e l’impegno della diffusione. Una possibilità sarebbe impegnare i giovani del servizio civile o altri volontari di associazioni presenti sui territori. Come le Pro Loco. Anche per questo però serve un impegno statale all’interno dell’Agenda digitale. Chi lavora deve essere retribuito, anche chi distribuisce Spid. Comuni o Pro Loco che siano, non si può rinunciare a un coinvolgimento delle realtà più vicine ai cittadini. Non è solo un pretesto e non è affatto banale. È l’emblema di un’azione programmata e garantita affinché le opportunità dell’Agenda digitale siano omogeneamente diffuse sui territori. In città è tutto più facile. Manifesti affissi nelle bacheche pubbliche, possibilità di scendere di casa salire sul tram per raggiungere l’ufficio postale e il centro Tim del quartiere. Per tutto questo, nelle aree interne e montane, alpine e appenniniche, ci vuole una enorme fatica in più. Non solo per via delle distanze. Lo Stato qui viene spesso percepito come lontano.
Da ultimo, il punto ritorna ai servizi. A chi sceglierà Spid per l’accesso ai servizi. Il tasso di obbligatorietà dovrà fare ancora dei passi avanti per gli Enti locali e soprattutto per i privati. Banche in primo luogo. Una sola password e una sola user consegue al fatto che ci siano realmente servizi per tutti e per migliorare i legami dei cittadini con la PA e con le imprese. Ci siamo abituati alle cento credenziali, diverse per ciascun sito. Si deve cambiare. Ma l’agenda, non solo digitale, prevede nuovi servizi, non solo un migliore accesso a quelli di prima.