Quali sono i compiti e le sfide che la marcia verso un Paese che funzioni meglio grazie alla digitalizzazione non dovrà lasciare inevasi alla ripresa di settembre?
In questi giorni è interessante seguire sullo streaming dei canali Parlamentari o anche via radio RAI Parlamento le audizioni della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Livello di Digitalizzazione ed Innovazione della Pubblica Amministrazione presieduta dall’Onorevole Paolo Coppola.
Fotografano, come ha scritto qualche giorno fa Massimo Mantellini, una Pubblica Amministrazione che in molti settori si lascia scivolare addosso gli obblighi normativi, pensando che le norme sulla digitalizzazione siano l’ennesima complicazione o moda passeggera, la cui applicazione può essere rimandata ad oltranza (dal 2005…) in attesa che cambi il vento o, se proprio non si può evitare, interpretata in maniera blanda e tale da non turbare consolidate procedure.
Questo giudizio – beninteso – non si può generalizzare, ci sono anche molte eccellenze nella PA, ma proprio perché la situazione è frammentata, si tratta di persone dedite a risolvere le complessità della transizione con abnegazione e facendosi spesso carico di responsabilità che, a rigore, non competono.
Manca insomma lo sforzo di sistema e nei cittadini si ingenera così l’aspettativa che a fronte di norme che obbligano al digitale “probabilmente è meglio inviare anche la domanda in carta, telefonare e presentarsi allo sportello”. Proprio questa mattina un ufficio di un Comune italiano ha guardato con perplessità un mio familiare che si era presentato ad uno sportello chiuso ritenendo che gli orari di apertura fossero quelli pubblicati sul suo sito Internet. La frase è stata “Ma lei ancora crede a Internet?”.
A settembre la riforma del CAD sarà stata approvata da un anno. Se facessimo un sondaggio, anche limitando il campione a cittadini con una significativa cognizione delle norme vigenti, ritengo che sarebbe minima la percentuale dei rispondenti che saprebbero dire quali sono le innovazioni in essa contenute.
Tutto questo è desolante perché, a ben vedere l’Italia ha fatto un grande sforzo, non dissimile da quello degli altri Paesi UE e lo scetticismo diffuso, misto alla scarsa informazione sulle innovazioni dell’amministrazione digitale rischia di disperderlo.
L’identità digitale sta marciando a passo abbastanza spedito tra i siti della Pubblica Amministrazione. I rilasci di identità sono nella media europea, eppure manca l’opera di divulgazione tra il grande pubblico della sua funzione ed utilità. Chi scrive ha parlato con alcuni richiedenti l’identità digitale rilevando un certo scetticismo, ci si chiede se funzionerà, sarà veramente utile, sarà un fuoco di paglia? la domanda più sconcertante è stata “che differenza c’è con il PIN dell’INPS?”. Questa situazione di generale scarso entusiasmo frena l’adesione dei privati all’identità digitale e, d’altra parte, per quanto noto manca ancora la regolamentazione tariffaria di Agid che consentirebbe ai privati di fare pianificazione precisa su costi ed economie del passaggio da sistemi di autenticazione in-house al sistema SPID, delegato agli identity provider. Spetta infatti ad Agid stabilire il quantum che un fornitore di servizi deve pagare ad un identity provider per ogni operazione di identificazione. Non per la prima volta su queste pagine propongo come modello quello dello sforzo comunicativo e di sistema che accompagnò la transizione al digitale terrestre: call center, spot televisivi, siti informativi, collaborazione dei principali produttori di beni di largo consumo… a un certo punto anche comprando un flacone di detersivo si ricevevano informazioni sulle modalità della transizione alla televisione digitale.
Vogliamo veramente credere che un Paese che è stato capace di far utilizzare smartphone e decoder televisivi digitali alle fasce più anziane della popolazione non è in grado di divulgare tra la popolazione i meccanismi fondamentali dell’amministrazione digitale?
Eppure l’iniziativa politica, a un certo punto molto decisa su questi temi, sembra essersi indebolita, indubbiamente a causa della complessa situazione generale rallentando le necessarie attuazioni e facendo perdere al Piano Triennale dell’Informatica il necessario contorno di disposizioni esecutive.
Il Piano Triennale infatti è stato approvato e sono ben esplicitati gli attori che lo dovranno far divenire realtà ed i loro compiti. Dal punto di vista giuridico potrebbe esserlo di più il loro mandato ad attuare il piano che si desume solo implicitamente: il piano dice a ciascun ente cosa deve fare ciascuno ma non gli dà l’incarico di provvedere in tal senso.
Da settembre il mio auspicio è che si mettano i pezzi assieme: si faccia chiarezza sulla cogenza del piano triennale per tutta la Pubblica Amministrazione, si corregga – laddove necessario – il CAD, si dia la spinta decisiva (eliminando ogni ambiguità) al rilascio di Carta di Identità Elettronica e SPID (tra l’altro perché non abbinare i due strumenti con un’unica richiesta?) e si faccia una massiccia campagna di informazione sul fatto che gli strumenti per interagire con la Pubblica Amministrazione sono cambiati.
In sostanza, ora che sono stati, con enorme fatica, messi sul tavolo gli ingredienti sarebbe un peccato se il cuoco esitasse a cucinarli combinandoli in un piatto organizzato e coerente e sarebbe bello che tale sforzo partisse da settembre, con l’anniversario della riforma del CAD.
Sarebbe inoltre necessario dare il definitivo impulso alle procedure di notifica UE dello SPID, assistere all’ingresso dei privati nel sistema federato e alla progressiva crescita dei nodi di interoperabilità transfrontaliera delle identità digitali e veder approvate regole tecniche e norme attuative del domicilio digitale, in maniera che il cittadino sappia come dichiarare lo stesso al Comune secondo quanto previsto dal CAD.
Infine (ma forse a questo punto chiedo troppo) sarebbe bello che si affermasse definitivamente il principio per cui la digitalizzazione non deve complicare la vita al cittadino, come linea guida principale dell’azione amministrativa digitale.
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