Iinserito all’interno del Patto per la Salute appena approvato in Conferenza Stato-Regioni, il “Patto per la Sanità Digitale” vedrà oggi ufficialmente la luce a Venezia, con l’annuncio ufficiale del Ministro Lorenzin nel quadro degli eventi preliminari a “Digital Venice”. E’ la prima governance forte e condivisa sulla Sanità digitale, con il possibile effetto di aumentare la spesa nel 2015 e raddoppiarla nel 2016.
Quando ricevetti dal Ministro Lorenzin l’invito a intervenire nella tavola rotonda sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, nello scorso aprile agli Stati Generali della Salute, non ebbi esitazioni: avrei approfittato di quell’ottima occasione per lanciare la proposta di un Patto per la Sanità Digitale, mettendo a frutto un paio di anni di lavoro portato avanti da Netics anche insieme a Federsanità e all’Osservatorio IT PA e Sanità di Assinform sulla centralità del partenariato pubblico-privato come leva per il finanziamento di un piano straordinario per la digitalizzazione in sanità e per lo sviluppo di servizi di e-health capaci di “metterci in pari” rispetto alla media OCSE.
Partendo – e qui sta probabilmente la novità – non già dall’elencazione di una lista più o meno lunga di tecnologie e soluzioni software quanto piuttosto dagli obiettivi di sistema, definiti in termini di razionalizzazione, reingegnerizzazione dei processi, semplificazione per gli assistiti, capacità di promozione di stili di vita e comportamenti responsabili da parte di tutti i cittadini.
Mettendo insieme risorse pubbliche (prevalentemente attinte dai fondi strutturali della programmazione 2014-2020) e private (iniziative di project financing, ma anche prodotti finanziari come mutui, project bond e mini bond) nel quadro di un’iniziativa condivisa fra tutti gli stakeholder e caratterizzata da una governance forte e stabile.
Con due obiettivi paralleli: la contribuzione all’efficientamento del SSN (provando a generare economie gestionali per almeno 5 miliardi l’anno a partire dal 2016) e la messa a regime di un’infrastruttura caratterizzata dagli stessi tre attributi che connotano il nostro sistema sanitario così come ridisegnato da Stato e Regioni col “Patto per la Salute”: universalità, equità, sostenibilità.
Gli stessi livelli di servizio garantiti da Bolzano a Lampedusa, le stesse opportunità di accesso e di fruibilità; il tutto, condito dalla completa interoperabilità dei sistemi aziendali e regionali.
La proposta, immediatamente accolta, diventa oggi realtà.
L’iniziativa, rigorosamente precompetitiva, è aperta alla partecipazione di tutti i soggetti interessati e disponibili a coinvestire su progetti autoconsistenti e sostenibili.
Dal punto di vista del mercato, le risorse rese disponibili nel quadro delle iniziative del Patto e i circuiti virtuosi innescati a valle saranno capaci di raddoppiare la spesa ICT annuale in Sanità già a partire dal 2016, con un primo significativo incremento già nel 2015.
Con la possibilità, una volta tanto, di portare a casa un gran bel risultato in termini di completo, sistemico ed efficace utilizzo dei fondi europei. L’auspicio è che modelli simili al Patto per la Sanità Digitale vengano applicati anche in altri contesti della Pubblica Amministrazione, partendo da giustizia, scuola e lavoro.
Quest’ultimo ambito, in particolare, ben si presta a iniziative di partenariato pubblico-privato soprattutto per quello che riguarda l’annosa e spinosa questione del match domanda-offerta sul mercato del lavoro: una rete di centri per l’impiego “all digital” e interoperabili nei confronti dei grandi player privati dell’intermediazione e delle grandi aziende, non dimenticandosi di coinvolgere le scuole superiori e le università (ossia i luoghi dove si “sfornano” i futuri lavoratori), potrebbe risolvere una quantità impressionante di problemi mai risolti sin da quando le competenze in materia di collocamento vennero trasferite dallo Stato al sistema duale “Regioni/Province”.
Il tutto, senza dimenticare la regola della non permutabilità dei fattori: si parte dalla governance, si scende al ridisegno dei processi, per poi finire a definire la “lista della spesa” delle tecnologie, delle piattaforme e delle soluzioni applicative. Tentare di invertire l’ordine naturale delle cose, non funziona: abbiamo avuto modo di constatarlo lungo quindici anni di apologia del push tecnologico.
Abbiamo già dato, insomma. Adesso, dobbiamo andare con ordine e con un bel po’ di sale in zucca.