Il paradigma della PA digitale, sin dai tempi del ministro Lucio Stanca (2001-2006), è stato costruito intorno all’idea che la PA dovesse fornire servizi online ai cittadini.
Il proliferare di molti portali di servizi ai cittadini da parte di molte Pubbliche Amministrazioni ha migliorato in qualche modo le nostre vite ed ora possiamo evitare di andare in ufficio pubblico in molti casi o, in altri, andarci avendo preso una prenotazione. Ovviamente tutto a “macchia di leopardo” poiché è ben lontano il momento nel quale le file spariranno del tutto.
In realtà questo modo di operare non ha cambiato la vita dei cittadini e il modo di funzionare della PA. La gran parte delle volte interagiamo con una amministrazione rispondendo ad una richiesta o esprimendo una domanda.
Certo i portali sono visibili, il cittadino li vede e rimane impressionato magari dalla grafica. Tuttavia dietro il portale può non esserci un servizio digitalizzato e spesso infatti non c’è.
Se abbiamo un figlio in età scolare dobbiamo fare una domanda per iscriverlo a scuola, se abbiamo bisogno di una indennità di disoccupazione facciamo una domanda, se non paghiamo le tasse ci viene richiesto di farlo con una multa per ritardato pagamento. Sta a noi sapere se abbiamo i requisiti o meno per accedere ad una determinata prestazione e ad attivarci per richiederla.
Per la verità, con il 730 precompilato, abbiamo cominciato ad avere una amministrazione che ci chiede conferma se i dati presenti in archivio sono sufficienti per completare il calcolo e nel caso ci permette di integrarli. Questo è già un gran vantaggio.
PA digitale ha assunto il significato di servizi rivolti ai cittadini che possono in questo modo disintermediare lo sportello, il criterio è quello del “self service” tipico dei portali online per gli acquisti o i servizi. Nei fatti dietro lo sportello online spesso rimangono i vecchi processi dell’amministrazione con il paradosso che i tempi sono gli stessi, le procedure manuali le stesse, la soddisfazione dei cittadini e delle imprese rimane la stessa quando non si riduce.
Questo modello ha sicuramente un senso anche se la vera PA digitale dovrebbe concentrarsi sul ridurre le interazioni inutili con la PA, ridurle all’essenziale, rendere il rapporto proattivo. Più che un ufficio a cui inviare una domanda, la PA, dovrebbe essere un assistente che ci accompagna nella vita di tutti i giorni nei momenti in cui ci serve.
E’ già sicuramente un primo passo importante mettere nelle condizioni il cittadino di recuperare le informazioni e poter concludere operazioni online come l’iscrizione all’asilo nido o alla scuola ma ritengo che sia più utile che l’amministrazione sia in grado, ad esempio, di proporre ai genitori di figli in età di asilo nido una selezione di asili nelle vicinanze in modo che essi possano confermare o meno l’iscrizione a quello più vicino. Magari anche tenendo conto del tipo di intolleranze alimentari del bambino o delle preferenze alimentari. Stessa cosa con il centro estivo comunale messo a disposizione.
Significa eliminare completamente la logica dei bandi per i servizi sociali per arrivare ad una logica di diritti e condizioni che determinano il diritto. Al raggiungimento di questa condizione non serve chiedere niente a nessuno.
Sempre di più abbiamo sistemi in grado di aumentare il livello di automazione delle aziende, attraverso “robotizzazione” spinta, google e facebook ci profilano per darci la pubblicità o i servizi che ci servono di più, ci troveremo presto con auto che oltre a parcheggiare da sole sono in grado perfino di guidare, il paradigma del machine learning è già qualcosa di presente in molte delle nostre tecnologie di tutti i giorni.
Siamo costruendo una PA che ha un modello “self service” mentre dovremmo costruire una “PA automatica” in grado di profilare il cittadino ed anticipare i suoi bisogni, in grado di rispondere proattivamente alle sue esigenze.
Il modello self-service sicuramente ha senso per una serie di servizi mentre dovrebbe essere soppiantato da sistemi in grado di operare attraverso un motore di regole e proporre al cittadino il risultato. Regole che potrebbero essere sempre più anche auto apprese, non solo impostate secondo le indicazioni della legge.
L’amministrazione già possiede spesso tutte le informazioni necessarie per comprendere in modo automatico se un cittadino ha diritto ad un determinato servizio, è potenzialmente interessato ad esso e di proporlo, poter pianificare per tempo il fabbisogno di servizi sociali in base alle nascite di un figlio o al reddito, o alla condizione lavorativa. Il cittadino dovrebbe poter aggiungere informazioni supplementari come orari di lavoro, disponibilità o altro, ecc.
Questo significa procedere ad una integrazione sempre più spinta dei dati presenti nella PA, recuperare informazioni da parte di enti diversi e sulla base di queste poter comprendere cosa serve al singolo cittadino.
Se perdo il lavoro non dovrei essere io a chiedere l’indennità di disoccupazione (magari ho già una situazione difficile da superare) ma è l’INPS che può scoprire questo evento, fare i controlli necessari per comprendere se ne ho diritto e notificarmi che riceverò a breve un reddito. Se ho un figlio che finisce le elementari dovrei avere un sistema che mi propone per tempo le scuole medie nelle vicinanze e i servizi che offrono, senza passare settimane a chiedere in giro quali scuole ci sono. Dovrei essere avvisato che nella mia zona esistono delle biblioteche, dei centri sportivi comunali o altro e gli orari. Se mi scade la patente dovrei ricevere una convocazione ad un appuntamento con un medico per la visita e così via. Dovrei poter ricevere una comunicazione con tutti i servizi a mia disposizione nel comune in cui ho trasferito la mia residenza.
Questo oggi è molto difficile, gli investimenti fatti nella informatizzazione della PA spesso sono stati effettuati dalle diverse amministrazioni in modo disomogeneo. Ogni applicazione è ancora un “silos” che affronta e risolve una specifica esigenza, in molti casi i portafogli applicativi delle diverse amministrazioni sono basati su architetture completamente diverse e non esistono meccanismi di integrazione che vanno aldilà delle vecchie porte di dominio.
Dovremmo immaginare un futuro nel quale la PA sia trasparente, silenziosa, agisca senza chiedere o pretendere nulla dal cittadino o dall’impresa. Significa eliminare la burocrazia riducendo l’interazione con la PA ma non i controlli, anzi aumentandoli in modo trasparente garantendo ad ognuno i suoi diritti ed eliminando i “furbetti”.
In fondo molti di questi dati sono già integrati nei sistemi di controllo dell’evasione fiscale, ad esempio, attraverso di essi è possibile individuare chi lavora e chi no, chi ha reddito o risparmi ecc. Aggiungendo a questi dati altre informazioni si può già pensare di costruire un “motore” automatico di servizi al cittadino.
In futuro sarà necessario ripensare le architetture applicative della PA, fare investimenti sul backoffice ribaltando il paradigma usato sino ad ora. Fare meno portali e più servizi applicativi. Immaginare la PA come una “google” in grado di offrire servizi profilati e personalizzati sui cittadini. Tutto seguendo le buone regole della Privacy conservando i dati in modo sicuro, evitando che le informazioni possano essere ricomposte in modo nocivo agli utenti. Se lo possono fare google, facebook e apple lo può fare ancora di più la PA con il vantaggio che se conosce più informazioni su di me può servirmi meglio.