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TikTok per la PA, alcuni casi italiani: gli approcci e i dubbi



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L’uso crescente di TikTok rende necessario chiedersi e e come una pubblica amministrazione dovrebbe approcciarsi a TikTok. Tra prime esperienze, opportunità e rischi è come possibile individuare alcuni utili suggerimenti e quale approccio seguire

Pubblicato il 10 mag 2023

Tony Siino

Comunicazione digitale dell’Istat – Istituto Nazionale Di Statistica



tiktok

Una Pubblica Amministrazione dovrebbe cedere alla “tentazione” di TikTok? E, se sì, quale approccio dovrebbe tenere?

TikTok, perché non è un fenomeno da teenager

La curva di adozione di TikTok non accenna a scemare. Gli ultimi dati relativi ai 154 paesi in cui è disponibile riferiscono di oltre 1 miliardo di utenti attivi mensili, dato di poco inferiore a Instagram, la metà di quelli di YouTube e un terzo di quelli di Facebook, ma più del triplo degli utilizzatori di Twitter.

Il tempo medio giornaliero trascorso su TikTok è a dir poco impressionante: circa un’ora e mezza, con una forte propensione alla risposta alle call to action dei video. Derubricarlo a un fenomeno per teenager sarebbe un errore marchiano, se non altro perché la fascia di utilizzatori tra i 20 e i 29 sta già raggiungendo quella tra i 10 e i 19 anni.

Un altro errore imperdonabile è quello di approcciarsi a TikTok come se fosse l’ennesimo canale dove riproporre gli stessi contenuti già presenti nelle Stories e Reel dei social di Meta, che proprio a TikTok sono ispirati. TikTok ha una “grammatica” dei contenuti propria, diretta a un utilizzatore che ha spesso soglie di attenzione della durata di pochissimi secondi. Ciò ha creato veri e propri stilemi peculiari del mezzo (cambi di inquadrature entro i tre secondi, parlato veloce, taglio delle pause del parlato con app come CapCut, sottotitolazione con app come Captions, ironia tagliente e al limite del cinismo in molti contenuti, tecniche di ripresa e specifici acronimi come POV, e così via).

L’approccio di una pubblica amministrazione

Fatte queste premesse è lecito chiedersi se e come una pubblica amministrazione dovrebbe approcciarsi a TikTok, anche alla luce di problematiche dal sapore geopolitico che hanno portato la Commissione UE e il Consiglio d’Europa a chiedere ai dipendenti di disinstallare l’applicazione dai propri smartphone, sulla scorta di preoccupazioni sulla privacy, la sicurezza e la gestione dei dati.

Anche in Italia il Governo sta valutando il problema, come confermato dal ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo a una esplicita domanda, salvo poi chiarire che al momento nessun blocco verrà applicato. Qualora l’adozione da parte degli utenti dovesse continuare la domanda sul se porta a una risposta obbligata: TikTok va integrato nei piani di comunicazione della Pubblica Amministrazione per raggiungere utenti cittadini non raggiungibili su altre piattaforme social, che al momento mostrano una disponibilità alla permanenza sulla app e all’engagement impressionante se rapportata ai concorrenti.

Quando, è il vero nodo. Attendere il chiarimento di alcuni dubbi sulla piattaforma e sulla sua indipendenza potrebbe rivelarsi una saggia scelta: l’amministratore delegato di Shou Zi Chew è stato audito al Congresso americano e alcune entità utilizzatrici si preparano anche a scenari eventuali come bandire TikTok in alcuni store o settori (alcune università americane come Auburn in Alabama lo hanno già fatto). In favore dell’attendismo nel breve periodo gioca anche l’ampia fetta di minorenni utilizzatori finora, ma sarebbe inadeguato considerare uno scenario a cinque anni senza una scelta sull’utilizzo di TikTok, essendo i soggetti utilizzatori certi dei servizi della PA a medio e lungo termine.

Il tempo che sembra rimanere a disposizione può certamente giocare a favore dello scioglimento del nodo che sembra essere quello più grande in relazione a TikTok, cioè come utilizzarlo.

Alcune esperienze italiane

Soggetti pubblici come la Galleria degli Uffizi (@uffizigalleries) si sono calati senza esitazioni nell’arena, adottando appieno la grammatica di TikTok. Hanno quasi 158 mila follower. Tra Venere di Botticelli e protagonisti dei dipinti che danzano in motion graphic, coinvolgimento dei creator per la realizzazione di contenuti e dirette, utilizzo di filtri come quelli che fanno assumere ai visitatori il volto di un pagliaccio, “corsivo”, gif animate e meme sono più volte finiti nei “Per te” (la sezione “trending” in evidenza del social network). Chi ha una visione della comunicazione pubblica tradizionalistica storce indubbiamente il naso, anche rimanendo legato a un tone of voice coordinato tra i diversi strumenti di comunicazione. Ma TikTok è “diverso”, almeno finora, e i dati relativi alle visite nelle fasce più basse della popolazione del museo sembrano dare ragione alla strategia attuata dagli Uffizi.

Tra le altre esperienze di rilievo:

  • il Comune di Trieste (@comuneditrieste), early adopter e primo comune in Italia a essere sbarcato su TikTok non sembra avere sfondato invece con il suo stile molto più tradizionale, ed è rimasto a poco più di 400 follower odierni;
  • un’esperienza dell’Agenzia Nazionale per i Giovani (@agenziagiovani) è iniziata e si è interrotta nel 2021;
  • buona invece la presenza del Ministero della Cultura (@mictok), unico presente con 60 mila follower e un approccio comunicativo integrato al mezzo.

In generale le regioni non sono quasi mai presenti.

Come sciogliere quindi i nodi? Ecco alcuni suggerimenti:

  • darsi una timeline chiara, con un orizzonte di adozione potenziale dello strumento;
  • individuare quali sono tra i propri filoni comunicativi e prodotti quelli più adatti a transitare sulla piattaforma, con re-editing, adattamenti o versioni apposite;
  • individuare dipendenti che abbiano caratteristiche adeguate a portare la voce dell’Ente sul social, con un linguaggio smart e una modalità di espressione veloci;
  • valutare la possibilità di affidarsi a testimonial esterni, ambassador degli ambiti geografici o tematici di cui si occupa l’ente, già riconosciuti dalla community e che possano facilitare il traghettamento verso il pubblico che si vuole raggiungere sulla piattaforma;
  • TikTok, come gli altri social media, ha degli strumenti business e uno specifico programma per gli Ads che va studiato ed eventualmente preso in considerazione per la pianificazione pubblicitaria delle campagne dell’amministrazione.

Riflessione finale

Una riflessione finale va riservata all’approccio che si ritiene corretto di fronte alle novità di Internet. Bisogna cercare di capire che cosa sia destinato a durare nel tempo e a diventare potenzialmente strategico e che cosa possa essere considerato quello che nei paesi anglofoni viene definito una fad, cioè un fremito collettivo in cui un gruppo di persone segue con entusiasmo un impulso per un breve periodo.

In alcuni casi i consulenti sulle tecnologie perseguono un approccio interessato verso temi che nel passato sono stati di volta in volta le isole su Second Life, i video virali, le app e nella contemporaneità i QR code, i big data, il Metaverso, l’intelligenza artificiale eccetera. Soltanto alcune di queste tecnologie e novità si riveleranno durature nel tempo. Soltanto alcune modalità di utilizzo di questi strumenti si riveleranno utili e gradite agli utilizzatori. Soltanto alcune di queste meravigliose opportunità che la tecnologia offre si riveleranno strategiche per la nostra pubblica amministrazione o organizzazione.

Il compito di chi guida la digital transformation, in generale o specificamente in relazione alle modalità comunicative, è quello di interpretare il cambiamento in atto e contaminare positivamente la propria struttura, senza lasciarsi travolgere dalle mode e con stella polare fissa il miglioramento del servizio e delle informazioni offerte, finalizzati agli obiettivi che si perseguono come Ente.

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