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Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare

Le risorse del PNRR per la transizione digitale consentono ai piccoli Comuni di essere autonomi dal punto di vista culturale e finanziario dalle in-house regionali e dai fornitori. Gli obiettivi e le procedure dei bandi e cosa fare per non sprecare questa occasione

Pubblicato il 19 Lug 2022

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

transizione digitale - PA - Comuni

Grazie ai fondi del PNRR, sono stati messi a disposizione dei Comuni e di altre Amministrazioni Pubbliche ingenti risorse per procedere speditamente alla transizione al digitale (si vedano gli obiettivi UE espressi nel documento “Il decennio digitale europeo”). Solo per la transizione digitale dei Comuni, la cifra è vicina ai 2 miliardi di euro.

Nel recente passato, il governo ha stanziato risorse, attraverso il famoso Fondo Innovazione e la società PagoPA, per l’adozione di SPID/CIE, di PagoPA, dell’appIO. Ma i risultati nell’avanzamento della transizione al digitale dei Comuni sono stati, da un punto di vista qualitativo, assolutamente inessenziali, se non negativi.

Fondo Innovazione, la leva per digitalizzare i Comuni: ecco come

Perché il Fondo Innovazione non ha funzionato

La logica seguita nel definire i criteri e gli obiettivi del Fondo Innovazione si può riassumere così: “diamo risorse ai Comuni, i Comuni (che talvolta hanno delegato le Regioni) trovano dei fornitori, attraverso questo processo aumenta la ‘quantità’ delle identità digitali e il numero dei servizi ‘potenzialmente’ disponibili sui siti istituzionali e sulla app IO”.

Ma l’offerta dei prodotti, spesso vero collo di bottiglia nel processo di transizione al digitale, non è stata di qualità. L’esempio eclatante è rappresentato dall’offerta di servizi -se vogliamo definirli tali- messi a disposizione dai Comuni, soprattutto di medie e di piccole dimensioni, sulla app IO.

Fate una prova: la stragrande maggioranza di questi servizi non funziona. O perché non sono davvero servizi, o perché non è stato realizzato un processo di interoperabilità tra i software gestionali e l’ambiente della appIO. Banalmente, i fornitori non hanno rilasciato le API.

Gli obiettivi dei fondi PNRR ai Comuni per la transizione digitale

Oggi, vengono messi a disposizione 2 miliardi di euro ai Comuni per:

  • implementare la diffusione di identità SPID/CIE (che finalmente viaggiano assieme);
  • implementare pagoPA;
  • implementare l’integrazione dei servizi disponibili attraverso l’appIO (full pagoPA e full appIO);
  • rifare i siti istituzionali e riconcepire i modelli comunicativi;
  • iniziare, sul serio, il processo di passaggio dei Comuni al cloud computing.

Ritengo che il Governo dovrebbe spiegare chiaramente ai Comuni e, soprattutto ai fornitori, che questo importante investimento non seguirà la logica del Fondo Innovazione.

Fondi PNRR ai Comuni per la transizione digitale: cosa fare per non sbagliare

L’investimento avrà successo se i Comuni, soprattutto quelli di medio/piccole dimensioni, avvieranno una seria riflessione su alcuni temi.

  • Il modello comunicativo che favorisce il cittadino nella fruizione di servizi online e nella comunicazione più in generale, va deciso, disegnato, predisposto, dal Comune (seguendo i parametri descritti minuziosamente nel bando). Il modello comunicativo non lo possono decidere i fornitori.
  • L’ampliamento del numero delle identità digitali e dei servizi fruibili con SPID/CIE e i sistemi di pagamento attraverso pagoPA, vanno promossi attivamente nei confronti dei cittadini. Il successo di questo obiettivo (come peraltro previsto nella programmazione comunitaria che sta alla base del PNRR) è l’implementazione dell’utilizzo dei servizi di pagamento. Non ci si deve accontentare di dati quantitativi, bensì qualitativi.
  • Va valutato da subito l’impatto del processo di transizione al digitale sull’organizzazione del lavoro dei Comuni e sul modello di relazioni che si vorranno intrattenere con i cittadini. Peraltro, tutto ciò è previsto -seppure indirettamente- anche dal PIAO, il Piano Integrato Attività e Organizzazione.

Le risorse del PNRR mettono i Comuni, soprattutto quelli di minori dimensioni, nelle condizioni di essere autonomi culturalmente e finanziariamente, dalle in-house regionali (incremento di logiche di mercato) e dai fornitori.

Fondi PNRR ai Comuni per la transizione digitale: i tempi

È in via di conclusione la prima fase dei bandi, che riguarda la domanda di partecipazione e i decreti di “potenziale” finanziamento. Il 22 luglio scade il “Bando cloud”, il 2 settembre gli altri bandi. Il bando sui siti e sui modelli comunicativi ha già esaurito i propri fondi e si annuncia un nuovo rifinanziamento.

La sfida vera però si giocherà più avanti, ovvero nella scelta dei fornitori e nella gestione della realizzazione dell’opera. Di seguito qualche spunto, scusandomi per i tecnicismi “da lavori pubblici”.

Fondi PNRR ai Comuni per la transizione digitale: i processi

Dopo il decreto di attribuzione del “potenziale” finanziamento, il processo disegnato dai bandi, grosso modo, è così sequenziato:

  • individuazione di un RUP (Responsabile unico del procedimento) da parte del Comune, meglio se identificato nel RTD (Responsabile per la transizione al digitale);
  • scelta del fornitore (partner tecnologico);
  • processo di realizzazione dell’attività stabilita dal bando e oggetto del contratto con il fornitore/partner tecnologico. I tempi devono essere rigorosamente rispettati, poiché dettati dal PNRR;
  • a conclusione dell’attività, il RUP e il fornitore/partner tecnologico inviano al Ministero la documentazione richiesta che attesta la realizzazione e la rispondenza ai requisiti del bando dell’opera;
  • il Ministero valida l’attività (a seconda della tipologia del bando, il Ministero si serve dell’AGID o di soggetti esterni);
  • solo a validazione avvenuta, il Comune riceve le risorse sul conto corrente di tesoreria;
  • a questo punto il Comune (quindi ex-post) liquida il fornitore/partner tecnologico. Se l’opera non verrà validata dal Ministero, il Comune non riceverà il finanziamento e il fornitore non verrà pagato.

Il Comune, quindi, soprattutto se di piccole dimensioni, non potrà e non dovrà delegare il successo dell’attività al fornitore/partner tecnologico, riducendosi così ad essere una sorta di intermediario finanziario tra il Ministero e i fornitori.

I requisiti dei contratti con i fornitori

I contratti con i fornitori/partner tecnologici dovranno perciò avere dei requisiti indispensabili:

  • il rigoroso rispetto, nella realizzazione dell’opera, dei requisiti richiesti dal bando;
  • il rigoroso rispetto dei tempi;
  • una equa valutazione del valore dell’opera, ovvero il prezzo di mercato ante pubblicazione dei bandi (il valore del contratto non deve essere matematicamente uguale a quanto erogato dal PNRR);
  • la valutazione in corso d’opera da parte del RUP della qualità dei servizi e delle opere erogate rispettando quanto previsto dal CAD, soprattutto in materia di interoperabilità.

È abbastanza logico e condivisibile che, nella realizzazione dei bandi per l’estensione di SPID/CIE e pagoPA, un Comune sceglierà come partner tecnologico il soggetto che già gli ha fornito le soluzioni in essere. Sono attività che non rivestono una eccessiva complessità e che mettono a disposizione risorse abbastanza limitate.

Attività più complesse riguardano la realizzazione dei nuovi siti, il passaggio al cloud e l’implementazione della app IO.

Il bando 1.4.1 “Esperienza del cittadino nei servizi pubblici” (in pratica il rifacimento dei siti e dei modelli comunicativi) mette a disposizione dei Comuni, anche di piccole dimensioni, somme di assoluta importanza. Ciò ha portato ad un rapido esaurimento dei fondi a disposizione e a una offerta da parte dei fornitori spesso, dal punto di vista del prezzo, in una logica “al rialzo”, fuori mercato.

Mediamente, la qualità attuale dei siti, anche di nuova produzione, e delle aree di offerta di servizi online ai cittadini non risponde ai nuovi requisiti AGID e comunitari così come descritti dal bando. Formalmente, risponde alle linee guida sul design e sull’accessibilità. Nei fatti, i contenuti che possono favorire la fruizione da parte dei cittadini o non ci sono o non soddisfano i requisiti necessari.

Il bando descrive bene, e puntigliosamente, i requisiti che un sito dovrà avere per poter essere finanziato (valutazione ex post da parte del Ministero) chiedendo ai Comuni e ai fornitori un evidente salto di qualità.

I Comuni, conseguentemente, dovrebbero, nella ricerca del fornitore, predisporre procedure comparative sulla qualità, sul rispetto rigoroso del bando, sul prezzo, sui tempi di realizzazione, sull’assistenza ex post, sulla qualità e sull’accessibilità dei contenuti nella fase di porting.

Non potranno quindi essere potenziali fornitori i soggetti che assistono i Comuni nella stesura della domanda di partecipazione ai bandi.

La ricerca del fornitore dovrà avvenire solo dopo l’acquisizione del decreto di finanziamento e il pagamento ai fornitori solo dopo la validazione dell’attività da parte del Ministero.

Considerazioni analoghe valgono per tutti i bandi, con particolare attenzione – anche per l’entità delle cifre – a quello già citato “Esperienza del cittadino nei servizi pubblici” e a quello sul passaggio al cloud.

Conclusioni

Nella prima fase di acquisizione dei finanziamenti -tuttora in corso- il Ministero ha offerto un ottimo supporto ai Comuni. La mission è/era quella di far accedere i Comuni ai bandi e impegnare le risorse.

Il Ministero ora dovrà offrire un ulteriore e maggiormente qualificato supporto anche nella fase successiva di realizzazione, che potrà durare anche per qualche anno, soprattutto ai Comuni di minore dimensione.

Con molta franchezza ritengo che sarebbe un errore clamoroso affidare, nei fatti, il processo di transizione al digitale nei Comuni ai fornitori e ai partner tecnologici.

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