I consigli

Digitale nelle PA locali? Si può fare: semplici passi per attuare i progetti del PNRR

“Copiare per fare meglio”: dovrebbe essere questo lo slogan per le PA locali alle prese con l’esecuzione dei progetti inclusi nel PNRR. Esistono numerose esperienze virtuose di enti che hanno già fatto dei percorsi di digitalizzazione o cambiamento da cui attingere. Ecco alcuni esempi

Pubblicato il 04 Giu 2021

Andrea Tironi

Project Manager - Digital Transformation

italia digitale

Spieghiamo in alcuni semplici passaggi e approcci che le PA locale può utilizzare per mettere a terra il PNRR, cambiando alcuni aspetti culturali che sono propri da tempo di questo contesto e che nel tempo sono diventati quasi naturali.

Una PA che “risolve problemi” grazie al PNRR? Ecco le tecnologie per cambiare davvero

Copiare è un bene

In un interessante talk, Carlo Mochi Sismondi (minuto 35:00) sottolinea che servono tre cose (che riproponiamo con parole nostre) per il cambiamento della PA in questa epoca storica:

  • indicazioni chiare a livello centrale
  • buone pratiche e (aggiungo) nessuna paura nel copiarle
  • assistenza e accompagnamento alle pa locali

In particolare, vorremmo focalizzarci su quanto sia cruciale non aver paura di guardare ad altre PA e copiare buone pratiche.

Copiare ci è stato insegnato come un’azione negativa: chi copiava a scuola non veniva premiato. Del resto nel mondo fluido di oggi, è forse più importante saper individuare le buone pratiche da copiare, che crearne di nuove (che poi nuove magari nemmeno sono). In fondo il cambiamento è talmente veloce che è più importante non perdere dei treni che costruirne di nuovi.

Le pubbliche amministrazioni italiane sono state abituate nel tempo a lavorare per silos e pensare che quello che si fa nella propria amministrazione sia la cosa migliore e sia innovativa. Capita spesso di vedere annunci sui giornali locali di amministratori che pubblicizzano una cosa che per il mondo PA nel complesso è vecchia di qualche mese o anno come una cosa che “siamo i primi a fare”, anche in buona fede. Ecco oggi probabilmente sarebbe molto più intelligente pubblicizzare il “siamo i primi a copiare facendo meglio”.

Del resto, alcuni dei prodotti più noti a livello mondiale (smartphone, tablet, computer) spesso non sono stati inventati dall’azienda che li ha resi disponibili al grande pubblico, ma da altri. L’azienda che li ha resi disponibili a tutti ha avuto il merito di “copiarli e farli meglio.” Questa è la chiave di lettura per la PA dei giorni nostri.

Esistono nella PA territoriale (comuni-province-regioni) numerose esperienze virtuose di enti che hanno già fatto dei percorsi di digitalizzazione o cambiamento. Faccio alcuni esempi:

Il prossimo kit utile potrebbe essere ad esempio un kit per la formazione dei dipendenti della PA, o un kit per il cambiamento in ottica digitale dei processi. Certo è che “copiare” deve essere un punto focale nel “new normal” per evitare di perdere tempo facendo errori che hanno fatto altri e cercare di raccogliere più soldi possibili del PNRR generando reale trasformazione.

Copiare ha anche degli altri vantaggi:

  • permette di semplificare i percorsi abbassando il numero di opzioni
  • riduce gli errori di esecuzione
  • standardizza: usare kit di altri aiuta a implementare gli stessi percorsi e processi
  • industrializza: copiare permette a 100 amministrazioni di fare lo stesso percorso, cosa che prima ognuno faceva a modo suo come fosse un artigiano

Copiare inoltre toglie quella necessità che ha la PA di essere “la prima a fare una determinata cosa” per poi poterla raccontare a un convegno, come se il convegno fosse il fine dell’operato. È e sarà più importante raccontare il valore generato nel copiare un determinato percorso, che non raccontare di aver fatto un percorso nuovo che alla prova dei fatti ha valore molto basso.

Da storyteller a doers

La PA locale, come la PA centrale è immersa nella politica che ha portato gli appartenenti a essere storyteller più che doers.

Il percorso infatti è:

  • storytelling: il 100% dei progetti vengono raccontati, spesso dalla politica, come cose già fatte
  • progettazione: il 10% dei progetti passa alla fase di progettazione
  • function point: il 1% dei progetti viene completato, non generando valore ma per dire “fatto”
  • valore generato: lo 0.1% dei progetti genera effettivamente valore

Ovviamente le percentuali possono essere discusse, ma il meccanismo presentato serve a spiegare come ci sia tanta narrazione nella PA a partire dalla politica, e poca generazione di valore in proporzione, spesso a causa della gerarchizzazione, burocratizzazione, eccessiva legislazione, mancanza di personale e competenze nella PA.

Considerato poi che a noi italiani piace parlare e “colorare” i racconti, possiamo solo pensare a quanto storytelling ci sia nella PA.

In questo periodo storico va cambiato il trend: dobbiamo passare dal raccontare prima di fare, al raccontare dopo il fare se questo genera valore. Questo perché quando raccontiamo dobbiamo aver già verificato il valore generato e non solo raccontare un sogno o una storia. Dobbiamo raccontare il come, il quando e i principi di causa effetto che ci hanno portato a generare valore (come dice Ray Dalio nei suoi principles).

Questo permette di ridurre di molto il tempo perso. Quando raccontiamo valore generato, esperienze reali e già realizzate, permettiamo agli altri di capirle, non perdere tempo nel tentativo di creare delle cose diverse e copiarle. Se raccontiamo solo storie, da lì parte un albero di implementazioni infinito che fa perdere tempo a tutta la pa.

Da amministrativi a project manager

La PA per come è stata costruita è costituita maggiormente da amministrativi, e poco da esperti di tecnologia e project manager. Ognuno di noi deve fare lo sforzo di ragionare in modo da vedere NON solo le attività quotidiane come un amministrativo/legale (in termini di sola compliance o regole) ma passare a un project manager (ovvero vedere quanto si fa in ottica di progetto e risultato generato).

Quando ci si siede a un tavolo con la PA, spesso il meccanismo mentale è il seguente: trovare leggi od ostacoli per cui una cosa non si può fare.

Invece il meccanismo deve diventare: trovare leggi o ostacoli e soluzioni sul come superarle (all’interno del legale) per cui il progetto che vogliamo realizzare riesca comunque ad avere successo e generare valore.

È la differenza tra lavorare per problemi e lavorare per soluzioni.

Non si parte dalla tecnologia

Citando un interessante talk del SOM, con ospite Max Panaro: “non si parte dalla tecnologia, si deve partire dal business (valore) … la tecnologia è talmente mutevole, quando siamo a metà di un progetto la tecnologia cambia … quindi la tecnologia è irrilevante …ciò che conta è il progetto che si ha davanti …”

Quindi il consiglio per i dipendenti pubblici è: non focalizzatevi sulla tecnologia, ma sul progetto che dovete realizzare. La tecnologia è un componente, come lo è la parte legale, la parte amministrativa, la parte di project management. Ma è una parte non il tutto ed è mutevole. Ormai il digitale è ovunque, quindi pensiamolo come una parte del tutto e non come l’obiettivo finale.

Non facciamoci quindi spaventare dalla tecnologia come fosse l’ostacolo, perché domani l’ostacolo potrebbe non esserci più, ma il progetto ci sarà ancora.

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