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Trasformazione digitale, i punti da cui partire e cosa rafforzare

Il percorso di trasformazione digitale in atto ha raggiunto risultati importanti su cui andare in continuità e temi e assetti da rafforzare. Sapendo che il cambiamento indotto non è neutro e che quindi le scelte, come la governance e la centralità delle competenze digitali, non sono per nulla scontate

Pubblicato il 12 Set 2022

Nello Iacono

Esperto processi di innovazione

italia digitale

Le prossime elezioni e il conseguente avvio di una nuova legislatura  spingono per una riflessione sullo stato e sulle esigenze della transizione digitale (che ha un carattere trasformativo spesso non considerato, per cui è più appropriato trattare infatti come “trasformazione digitale”). In particolare, è utile soffermarsi sugli elementi che si possono ritenere consolidati, rispetto ai quali è importante considerare percorsi in continuità, ed elementi  sui quali è invece opportuno considerare interventi significativi di rafforzamento.

L’indicazione principale proviene dai rapporti 2022 per il DESI e l’eGovernment benchmark, e attiene però anche allo stato di attuazione degli interventi previsti dalla strategia Italia digitale 2026 e in gran parte inclusi e sostenuti dal PNRR. Con una valutazione specifica che è utile evidenziare per il tema delle competenze digitali.

Competenze digitali: primi passi avanti dell’Italia, ma la vera svolta è all’orizzonte

La scelta della governance

Questi ultimi anni hanno segnato certamente una svolta nell’approccio nazionale alla trasformazione digitale, grazie anche a scelte di governance che hanno portato prima all’istituzione di un commissario all’attuazione dell’agenda digitale e poi a  una specifica delega ministeriale oltre che alla costituzione di un dipartimento nell’ambito della Presidenza del Consiglio. Questa scelta è alla base non solo dell’accelerazione su progetti rimasti sulla carta per anni (basti pensare al lungo percorso dell’ANPR, oggi finalmente una realtà), ma anche di un approccio oggi organico nell’area della trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione.

Non è un caso che il rapporto DESI 2022 evidenzi come negli ultimi 4 anni, nel periodo 2017-2021, l’Italia sia il Paese che abbia realizzato la maggiore performance sopra le aspettative, con ripercussioni positive anche nel ranking, che adesso la vede al diciottesimo posto, continuando nella risalita della  graduatoria.

Di conseguenza, questo assetto di governance rappresenta una scelta che sarebbe opportuno confermare, in modo da garantire focalizzazione, coordinamento e competenze nel percorso di trasformazione che sta impegnando tutte le amministrazioni pubbliche.

Si tratta, d’altra parte, di un percorso che ha ancora necessità di essere sostenuto non solo con i fondi previsti dal PNRR, integrati anche con quelli della programmazione europea 2021-27, ma soprattutto con la persistenza di un commitment e di un coordinamento operativo che consentano di mantenere i tempi e i risultati definiti e conservare la  logica di innovazione omogenea vitale per garantire un’omogenea qualità di servizi per la  popolazione.

Un momento critico per l’attuazione delle strategie e la spinta del PNRR

Il rafforzamento dei meccanismi di coordinamento diventa essenziale per il perseguimento dei risultati, coniugato con la conferma di una visione complessiva che risponde a scelte di campo sugli interessi da privilegiare e sugli assetti socio-economici da favorire.

In questo senso è interessante quanto puntualizzato recentemente dal ministro Colao, evidenziando gli interventi adottati sull’area della sicurezza digitale, per far sì che l’Italia digitale non sia “un Far West senza regole, in cui i loro dati [dei cittadini] possono essere rubati o sfruttati impunemente, o una tecnocrazia digitale oppressiva, ma neanche una società retrograda e controllata, timorosa innanzi alle tecnologie e applicazioni digitali, indietro nel migliorare vita dei cittadini e sviluppo economico”.  Con una chiara scelta di campo: “A chi può piacere questo? Soprattutto ai giovani che si formeranno da noi e agli imprenditori del digitale che lavoreranno in Italia, anche grazie a una visione di vera sicurezza e sviluppo che spero l’Italia continui a perseguire”.

Nonostante quanto può essere percepito dalle discussioni sulla trasformazione digitale, anche in queste settimane, il cambiamento non è neutro e comporta la scelta di una direzione. Non ha senso parlare di una trasformazione (o di una transizione) digitale da attuare se non si definisce quale percorso si vuole sviluppare. Quanto indirizza i progetti di trasformazione digitale ne determina le esigenze che  saranno privilegiate. Le linee guida consolidate in questi anni rispetto alla “centralità dell’utente”, il modello di amministrazione “guidata dal cittadino” sono esempi di scelte che hanno conseguenze importanti sul valore, ad esempio, che si attribuisce alla partecipazione attiva della popolazione, così tutt’altro che passiva fruitrice.  Allo stesso modo, le indicazioni sui contenuti e i dati aperti, sul riuso, se attuate adeguatamente, favoriscono la costruzione di ecosistemi di innovazione che disegnano cultura e dinamica di territorio.

In questo senso, non sono scelte tecniche, e per questa stessa ragione, non sono neutre. Sono, però, elementi essenziali di una strategia di innovazione che sta dando i suoi risultati e che deve continuare a essere adeguatamente sostenuta, come anche da riflessione di diversi esperti, sui diversi fronti dell’Internet veloce, 5G, Cloud, fascicolo sanitario elettronico, cybersecurity, nuovi servizi e piattaforme.

Il tema delle competenze digitali: spinta della strategia, integrazione e coordinamento

Il tema delle competenze digitali è centrale per il futuro (e il presente). La situazione italiana, come mostrato dai principali indicatori internazionali, evidenzia un  generale ritardo nell’area delle competenze digitali. Il rapporto DESI 2022 mostra che la percentuale degli italiani con competenze digitali inferiori a quelle di base è ancora maggioritaria (54%). L’Italia sconta il ritardo con cui è stata considerata la rilevanza attribuita per lungo tempo al tema, insieme alla mancanza di sinergie tra le diverse iniziative nel campo. La Strategia Nazionale per le competenze digitali, il lancio della Coalizione Nazionale e la prima versione del piano operativo, attuati nell’ambito del programma Repubblica Digitale, risalgono, infatti, solo al 2020. Come viene evidenziato nel rapporto DESI 2022, però, l’Italia  sta riducendo il divario rispetto agli altri Paesi UE.  Per migliorare la performance attraverso gli indicatori chiave, l’Italia deve affrontare la diffusa mancanza di consapevolezza digitale, avendo ben chiaro che questo risultato è strettamente correlato con il potenziamento complessivo del sistema educativo e con la riduzione delle disuguaglianze sociali, di genere e territoriali. In questo senso, il digital divide, come sottolinea il rapporto BES 2021 dell’Istat, “tende ad aumentare le disuguaglianze socio-culturali ed economiche e ad aggravarle ulteriormente”. Le differenze nella conoscenza digitale, inoltre, sono significativamente pronunciate tra le Regioni.

Il piano operativo della Strategia (attualmente in corso di aggiornamento) si propone di chiudere entro il 2025 il gap attuale con Paesi simili come Germania, Francia, Spagna. L’obiettivo è rendere il digitale una opportunità reale di crescita sociale ed economica per tutte e tutti, abbattendo l’analfabetismo digitale e sviluppando un percorso necessario di cambiamento culturale in tutti i settori della società.

Il progresso registrato nel 2021, che ci aspettiamo sarà riscontrato anche per il 2022, è dovuto al primo impatto dell’azione di spinta e coordinamento legata a questo Piano operativo e ai progetti della Coalizione Nazionale, naturalmente in integrazione con gli effetti delle misure legate al periodo pandemico, con un utilizzo forzatamente maggiore della rete e dei servizi digitali pubblici e privati. Molte azioni di sistema devono, però, ancora dispiegarsi, e poiché siamo in un ambito di cambiamento culturale, sarà possibile osservare i primi risultati significativi in termini di indicatori di impatto soltanto a partire dal 2023.

La consapevolezza che guida il Piano è che, in linea con quanto indicato dal rapporto DESI 2022, questo è un ambito strategico di sviluppo sociale ed economico: “Le competenze digitali sono importanti perché sono alla base del modo in cui interagiamo e di come viene condotto il lavoro moderno. Per molte professioni moderne, le competenze digitali sono semplicemente competenze essenziali per la vita. Le competenze digitali richieste sul posto di lavoro sono più avanzate e le aziende e le istituzioni – pubbliche e private – si aspettano che la maggior parte dei propri dipendenti le disponga. Con l’aumento della dipendenza da Internet e dalla tecnologia digitale, la forza lavoro deve stare al passo con l’evoluzione della domanda di competenze. Senza una salda padronanza delle competenze digitali, non c’è modo di promuovere l’innovazione e rimanere competitivi. Lo stesso vale per il settore pubblico che avrà bisogno di competenze digitali nel contesto professionale o personale quotidiano”.

Diventa così necessario affermare compiutamente questa centralità delle competenze, base essenziale per il modello di sviluppo che si vuole realizzare e di ambizione nazionale che si vuole coltivare. In questo senso sarebbe utile nei prossimi mesi rafforzare e sostenere l’approccio multistakeholder adottato, che nel Comitato Guida di Repubblica Digitale coinvolge tutti i principali attori istituzionali, e non, e nella Coalizione nazionale oltre 250 organizzazioni pubbliche, private e del terzo settore. Un approccio che per realizzarsi compiutamente e quindi ottenere il massimo valore dalla scelta dell’organicità e dell’integrazione, richiede disponibilità e capacità di collaborazione dei diversi soggetti nella coprogettazione della strategia e degli specifici piani di intervento oltre che nell’individuazione delle sinergie operative nel percorso di implementazione.

Sapendo che la sfida è cruciale e la rapidità di attuazione è fondamentale, per cui occorre partire dagli asset consolidati, come la strategia nazionale e il piano operativo che la attua.

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