Il turismo costituisce oggi il 10% del PIL nazionale, con poco più di 9 miliardi legati alle transazioni digitali. Non è un caso che nel Modello Strategico per l’ICT delle PA l’ecosistema digitale del turismo sia stato uno dei primi ecosistemi chiaramente identificato e che un capitolo specifico sia stato previsto nel documento “Strategia per la Crescita Digitale”, documento di accompagnamento italiano dell’Accordo di Partenariato con l’Unione Europea per i fondi 2014-2020.
Certamente si tratta di un’area di importanza chiave per l’economia del Paese, ma con altrettanta chiarezza vediamo come i progressi tardino a manifestarsi, nonostante sia una delle poche aree dove sul fronte del digitale esiste un piano strategico complessivo, definito con un processo partecipato in cui sono stati coinvolti i principali stakeholder e curato dal Laboratorio per il Turismo Digitale (TDLab), una iniziativa del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che aveva lo scopo di definire e favorire l’attuazione della strategia digitale per il turismo. Un piano che porta la data di ottobre 2014 e la cui attuazione è ben lontana dalle (ottimistiche) previsioni iniziali. Un piano, però, che consente di tracciare il quadro strategico d’insieme in cui collocare le azioni necessarie e che identificava tre aree di intervento (interoperabilità e big data, sviluppo digitale, promozione e commercializzazione) in cui si collocavano interventi
- sull’interoperabilità, sull’integrazione dei dati (anche dal punto di vista dell’esigenza e del valore dell’apertura dei dati) e sui processi digitali nel settore turistico;
- sulla digitalizzazione dell’industria turistica, sulle competenze digitali degli operatori, sulla costruzione di un ecosistema della cultura digitale;
- per lo sviluppo di una capacità di management strategico, sulla promozione e commercializzazione del prodotto turismo “Italia”, sulla costruzione di un ecosistema digitale turistico in grado di valorizzare il brand italiano.
A che punto siamo?
In generale, lo sviluppo di quest’area ha certamente risentito delle condizioni generali e che possiamo così riassumere:
- le competenze digitali dei cittadini, ma anche nelle PA e nelle imprese, non si sono sviluppate come era auspicabile. L’Italia continua ad essere su questo fronte tra gli ultimi Paesi in Europa, e questo chiaramente rende critica, in generale, la domanda di nuovi servizi digitali interni, ma anche l’offerta adeguata da parte degli operatori pubblici e privati;
- l’architettura digitale strategica nazionale è in corso di definizione. Ci sono alcuni punti fermi (uno di questi è il Sistema Pubblico di Identità Digitale-Spid, l’altro è E015, sviluppato in ambito Expo, un ambiente digitale di cooperazione aperto, competitivo, non discriminatorio e concorrenziale per lo sviluppo di applicazioni software integrate) ma molto è ancora in evoluzione. La stessa strategia sugli open data è meno chiara di quanto non apparisse nel 2014, mentre il Piano presumeva che già nel 2015 ci fosse un quadro abbastanza definito e con qualche evoluzione;
- il piano per la banda ultralarga solo adesso inizia a vedere i bandi più significativi relativi alla programmazione 2014-2020, e la diffusione del wifi negli spazi pubblici non ha ancora registrato un incremento e un miglioramento significativi, anche se sono state introdotte delle nuove previsioni normative;
- l’eredità del TDLab non è stata ancora raccolta. Nel Piano si ipotizzava che potesse essere raccolta da AgID, cosa forse non possibile né sostenibile, ma in ogni caso rimane il tema della necessità di un coordinamento organico della fase di attuazione, così come organica era stata la progettazione strategica. Insomma, si ha la percezione della carenza di una regia.
Nelle prossime settimane apriremo il dibattito con alcuni esperti, ma possiamo già delineare un primo profilo di valutazione.
Iniziamo dalle attività che sono state visibilmente avviate:
- sono stati previsti tax credit per incentivare la digitalizzazione degli operatori turistici;
- il modello di interoperabilità E015 si è affermato durante l’Expo2015 ed è diventato di fatto modello di riferimento nell’intera architettura strategica;
- con l’avvio di Spid si sono create le condizioni per l’accesso unico ai servizi digitali anche per i turisti (ma, anche qui, le difficoltà di avvio dello Spid ha conseguenze anche su questa opportunità);
- sono stati sviluppati più progetti open data, anche in formato linked. L’ultimo è CulturaItalia, dove sul sito dati.culturaitalia.it sono resi accessibili i dati di diverse istituzioni tra cui Accademia S. Cecilia, Polo Museale Fiorentino, Regione Marche e Anagrafe delle Biblioteche Italiane;
- è stato rivisto il design del sito relativo ai musei, secondo le nuove linee guida AgID.
Di contro, non possiamo che registrare ancora la presenza di una lentezza nell’utilizzo del digitale per i servizi turistici, di cui è evidenza emblematica il basso numero (29%) di strutture ricettive che gestiscono prenotazioni dirette via web (dati dall’ultima ricerca sul 2015 dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano), sostanzialmente invariato negli ultimi due anni. E questo nonostante il settore del turismo sia quello che ha visto la maggiore diffusione di disintermediazione e utilizzo del digitale.
Se a questa situazione aggiungiamo, dal punto di vista della promozione turistica, il mancato avvio di una razionalizzazione sul fronte dei siti web nazionali Italia.it, VeryBello.it, Italia.travel (che contiene ancora link errati alle regioni) e l’ampia diversificazione di servizi tra i siti turistici regionali (tra cui alcuni ancora non consentono di accedere alla fase finale di prenotazione e non sono multilingua), la valutazione che se ne trae è che dal piano strategico non sia stato derivato ancora un piano operativo organico.
E che, utilizzando anche l’esperienza di Expo2015, è quanto mai necessario e urgente completare e avviare.