Era mercoledì. Il primo giorno del weekend solido. L’aveva sempre preferito a quello liquido. Un gabbiano perlustrava le vetrate del duecentoventiduesimo piano. Ne salutava il rosa riflesso dell’alba. Xin Sontzu se ne svegliò. Ringraziò il gabbiano. Interloquì col letto. Dibattè con la colazione. Chiamò la doccia. Istruì lo stepper. Si confrontò con l’armadio. Interrogò lo schermo. Nessuna reazione. Niente di niente. Non era mai successo. Né ai suoi genitori. Ai nonni, ai bisnonni. Mai raccontarono fosse accaduto. Un vuoto montante. Uno stupore rivoltante. Un silenzio arrogante. Un terrore prorompente. Xin Sontzu non poteva ancora sapere che tutte le memorie connettive della galassia erano state staccate, solo tre ore prima, col Grande Ictus Mnemonico. Anche quelle personali connesse. Quelle oggettuali connesse. Quelle collettive connesse. L’ascensore funzionava. Lo scese nel seminterrato. Lo portò alle biciclette. Nell’infinto androne la sua non c’era. Non ricordava un accordo di scambio. Non poteva verificarlo. Le memorie collegate erano inattive. “… non è stato uno scambio, quindi mi hanno rubato la bicicletta… tecnicamente è un furto, o almeno penso sia così… roba di un secolo fa… in realtà non sono dispiaciuto, non amavo la mia bicicletta, era troppo indipendente, non mi ha mai veramente ubbidito… cerchiamone un’altra… il mio non sarà un furto… il mio sarà uno scambio…”
Erano ormai lontani dal bus rosso a due piani. Sede di copertura della loro Memory Squad. La numero 11. “È un incubo!” arrotava la comandante Akila Khaspros “un vero incubo!” sfogliava roteante una lista infinita sulla superficie librante a mezzaria. All’altezza del volto. Mentre pedalava. Preceduta da Xina Shaiira, analista del terreno e dell’ambiente. Seguita dal resto della squadra . “Abbiamo perso le memorie… forse non tutte… non si sa ancora… non quelle delle nostre biciclette…” Xina Shaiira ipotizzò: “ Forse perché lo stacco delle memorie è arrivato mentre pedalavamo…” “Interessante teoria…” ironizzò la comandante Khaspros, “intanto sono arrivate centinaia di migliaia di denunce per furto di biciclette… roba di un secolo fa…”
Xin Sontzu scrutava le centinaia di biciclette che riposavano nel seminterrato. Questa era agitata. Quella era assonnata. Questa era intirizzita. Quella era ansimante. Questa era silenziosa. Quella era aggressiva. Questa era guardinga. Quella era distratta. Questa era impaurita. Quella era sospettosa. Questa era calma. Attenta. Simpatica. Xin Sontsu si fermò. La toccò. Sentì una lieve scossa. Si capirono al volo. Le saltò in sella. E volò via. Verso una lunga corsa. Senza una loro meta.
“Comandante Akila, forse ho individuato una bicicletta rubata…” Xina Shaiira intravedeva sullo schermo volatile dei disturbi. Pedalava forsennata. “È a venti minuti di distacco-pedale da noi… almeno mi pare…” “Allora pedalare agenti! Pedalare!” sbraccolò la comandante Khaspros.
Xin Sontzu apriva la bocca. I polmoni si allagavano d’aria. L’aria gli inondava il corpo. Galleggiava fulmineo per sentieri in discesa perenne. Libertà senza freni. Freni senza morsi. Morsi senza attrito. Senza sangue. Migliaia di biciclette senza sangue. Correvano. Da ogni parte del Pianeta. Verso una lunga corsa. Correvano. In sella dei propri amori a pedali. Senza una loro meta. La libertà è senza meta. Quando la trova, muore.
“Comandante!” La squadra polverava i cespugli di elicriso stretti al ciglio dei sentieri stretti. “Comandante! I disturbi sullo schermo sono migliaia! Centinaia di migliaia!.. di biciclette rubate…” Xina Shaiira incollata sullo schermo volatile dai mille scrosci. Fradiciata dal sudore. “Non so come faremo ad affrontarli tutti… “
Milioni svomitavano dai seminterrati dei grattacieli. Scrolicavano dai villini antichi. Scompartavano dai treni sospesi. Scollinavano dai borghi rinati. Scollavano dalle cascine isolate. Sgrullavano le campagne. Inerpicavano i pendii. Sormontavano le cime. Libravano nelle discese. Mangiavano le valli. Intravedevano le dune. Svolavano la sabbia fino all’interminabile spiaggia. Nella libertà della fuga dalla libertà. Raggiungevano Xin Sontzu. Ora immobile. I piedi e le ruote nelle piccole onde del tramonto. Mille milioni di biciclette nell’infinita piana davanti al mare. Nere di nubi dense ad est. Dorate dal lato ovest.
Xina Shaiira si chinò all’orecchio di Xin Sontzu: “Non potete essere tutti ladri… Non è possibile!” Xin Sontzu si girò allo stuolo e dilaniò l’aria: “Lo siamo! Agente! Ma è roba di un secolo fa!”
(43-continua la serie. Ogni episodio è “chiuso”)