nuovo governo

Una “governance” digitale vo’ cercando…

La trasformazione digitale continua a figurare tra le opere incompiute del Paese nonostante il rincorrersi di buoni propositi, dall’istituzione dell’Agid fino alla nomina di Piacentini. Ora più che mai servono visione politica, progetti e obiettivi concreti e risorse certe. Serve una “governance” chiara

Pubblicato il 09 Lug 2018

Carlo-Mochi-Sismondi

Parola polisemica e anche potenzialmente confusionaria, la “governance”, o meglio la sua assenza o la sua mancata chiarezza, viene evocata in quasi tutti gli articoli che parlano del sostanziale fallimento della digitalizzazione del Paese, che non riesce a spostarsi dalle ultime posizioni in qualsiasi ranking europeo.

Non che non ci si muova, un po’ ci si muove e molte cose sono state fatte, peccato che gli altri si sono mossi di più e più in fretta, lasciandoci a fondo classifica.

Dal Cnipa a Piacentini

Eppure il Governo Monti aveva impostato, con l’istituzione dell’AgID, rinata dalle ceneri di DigitPA, a sua volta generata da CNIPA al tempo di Brunetta per motivi non proprio strategici, una struttura di “line” solida e con compiti precisi. Ma già il successivo Governo, quello Letta, rimpasta la famosa “governance” istituendo una figura di Commissario per l’Attuazione dell’Agenda digitale nella persona, per altro competentissima, di Francesco Caio. Quel che segue è noto, ma lo riprendo semplificandolo di molti passaggi e non parlando dei numerosissimi tavoli e comitati che hanno ulteriormente complicato la faccenda: va via Caio, che approda per un limitato periodo alle Poste, Riccardo Luna diviene Digital Champion istituendo un’associazione “parallela” diffusa sul territorio, Ragosa viene sostituito all’AgID da Alessandra Poggiani e poi da Antonio Samaritani, Matteo Renzi, ispirato da un viaggio americano, chiede a Diego Piacentini, Vicepresident Amazon, di divenire il nostro “Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale” e lo nomina per due anni dandogli poteri vastissimi, che nella realtà sono stati esercitati sempre con grande moderazione, e dotandolo di uno staff di esperti quale mai si era vista nel panorama della PA italiana. Resta purtroppo indefinita in questa complessa e invero un po’ ingarbugliata organizzazione, quale sia la “line” e quale lo “staff”, mentre rimane costante la dipendenza diretta di entrambe le strutture, sia quella commissariale che l’Agenzia, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, attraverso il Ministro delegato che, nello scorso Governo, è stata la Ministra Madia.

Ora siamo ad una svolta. Il Ministro Giulia Bongiorno, che ha preso le necessarie deleghe dal Presidente Conte, non ha riconfermato Samaritani, che era in scadenza di contratto e che paga probabilmente più la necessità di una visibile discontinuità che non mancanze nel suo operato di esecutore. Il prossimo 13 luglio scade il termine per presentare domanda per questo posto di vertice, nel frattempo non ci sono notizie certe sulla fine che farà il team digitale di Piacentini che si appoggia ad una struttura commissariale che scade il 16 settembre prossimo.

Come ritrovare il bandolo della matassa

In questo gomitolo, che è ancora più complesso se inseriamo le importantissime responsabilità che nella digitalizzazione del Paese hanno Consip, Sogei, l’Agenzia per la Coesione territoriale, le società in-house regionali e le stesse regioni, come ritrovare un bandolo?

Io dico la mia sulla base di un’esperienza ormai trentennale. Credo che sia necessario fare ordine e che questo ordine debba essere basato almeno su tre livelli di comando:

  • La politica: che deve indicare i macro obiettivi; le visioni dell’Italia che vogliamo non solo domani, ma tra dieci anni; le priorità negli investimenti. Non è stato scelto di creare un Ministro per la Trasformazione digitale, non so se è stata una buona scelta, ma tant’è. Una figura politica di riferimento c’è, è Giulia Bongiorno, ed è a lei che dobbiamo guardare per questa funzione.
  • La strategia: che vuol dire la declinazione della visione, delle priorità e della mission in progetti concreti; il collegamento con i partner europei; la necessaria concertazione con tutti i soggetti italiani e stranieri, pubblici e privati, che sono coinvolti istituzionalmente nel processo. Nel secondo e terzo Governo Berlusconi (2001-2006) era una funzione svolta da un Dipartimento della PCM, il Dipartimento Innovazione e Tecnologie, che dipendeva direttamente dal Ministro Stanca. Ora potrebbe essere la nuova e definita funzione della struttura commissariale? Credo di sì. Ma solo se si risolve definitivamente la sua natura che oggi è un ornitorinco. Un po’ consulenza, un po’ strategia, un po’ direzione strategica. Un animale strano a cui però non si capisce bene chi deve rispondere. Questo livello deve rispondere direttamente alla politica da cui riceve gli obiettivi di legislatura. A questo livello deve rispondere il livello successivo, quello dell’execution.
  • L’execution: è la funzione principale dell’AgID a cui devono essere dati obiettivi certi, precisi, misurabili nei risultati e nei tempi. Serve quindi un “contratto di servizio” definito e KPI condivise, insieme servono risorse finanziarie, umane e strumentali certe, non mutevoli con le diverse leggi finanziarie in un continuo tira e molla. Ovviamente la struttura dovrà essere commisurata ai compiti. Questo livello, come già esplicitato, non deve, a mio parere, rispondere direttamente alla politica (l’assenza dello sguardo del Presidente ha reso difficilissimo il lavoro di almeno due dei tre direttori passati in AgID), ma alla funzione di Strategia che, a mio motivato parere, sarebbe meglio fosse un Dipartimento autonomo della PCM.

Vi sembra complicato? Se è così è perché forse non avete chiaro come è complicato ora quando non ci sono poteri certi, non si sa chi comanda su temi importanti se non attraverso quelle che sono state informali e illogiche spartizioni, per cui ad esempio il Team si è presa la bega dell’ANPR, mentre l’AgID si è occupata di temi di frontiera quali l’Intelligenza Artificiale.

Vi sembra difficile? Non lo è: bastano pochi DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri per chi non ha familiarità con le sigle) che possono essere approvati in poche settimane.

L’unica cosa importante è far presto nel decidere la strada, perché dalla “governance” (torna la parola magica) che si sceglierà dipenderà anche che tipo di manager ci servirà per dirigere l’AgID.

Se non si deciderà nulla e tutto rimarrà così temo che nessun mago riuscirà a portarci fuori da una confusione che ci impone di correre con una zavorra così pesante sulle spalle, che qualsiasi sforzo ne sarà mortificato.

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