la questione

Una nuova identità digitale per tutti gli italiani nel 2023: i punti chiave

Il Governo sembra intenzionato a chiudere Spid e rendere la Cie (Carta di Identità Elettronica) l’unico strumento per autenticarsi sia online sia offline. Suona decisamente comodo, dal lato del cittadino. Proviamo a capire quali sono i vantaggi e perché l’idea di un unico strumento per l’identità digitale è convincente

Pubblicato il 22 Dic 2022

Gianni Potti

Presidente Fondazione Comunica e founder DIGITALmeet

CIE

Qualche giorno fa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica Alessio Butti ha improvvisamente dichiarato l’intenzione del Governo di “spegnere gradualmente Spid che raccoglie una serie di identità digitali e facilitare l’azione delle nostre imprese e dei cittadini con la Pubblica amministrazione. D’accordo tutti dobbiamo cominciare a spegnere lo Spid e avere la carta d’identità elettronica come unica identità digitale”

Ma esattamente cosa vuole fare Alessio Butti? La sintesi della sua opinione è che sembra intenzionato a chiudere Spid e rendere la Cie (Carta di Identità Elettronica) l’unico strumento per autenticarsi sia online sia offline. Suona decisamente comodo, dal lato del cittadino, se non ci fosse lo scoglio (superabile tecnicamente) del dispositivo aggiuntivo per l’accesso al pc.

Perché chiudere Spid sarebbe grave perdita per gli italiani

Ma facciamo un passo indietro.

Perché la Cie è (o sarà?) meglio di Spid

A oggi, sappiamo che 33 milioni di donne e uomini in possesso di un documento italiano hanno un’identità digitale chiamata Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale), con la quale possono accedere ai servizi online delle pubbliche amministrazioni  e dei privati aderenti per effettuare pagamenti, iscrizioni o accedere a bonus.

Un esempio concreto: per accedere al sito di Inps o dell’Agenzia delle Entrate, si può usare sia Spid sia la Cie, con la seconda – tra l’altro – che può dare maggiore sicurezza. Ma c’è un ma…da pc fisso chi usa Cie deve avere un dispositivo in più (un lettore di smart card) con un software dedicato. Insomma, nulla di semplice, ma una sorta di “ufficio complicazioni affari semplici”.

Questo finora, perché in soccorso della Cie sul piano dell’usabilità è arrivato il Decreto dell’ 8 settembre 2022 (Modalità di impiego della carta d’identità elettronica) nel quale la CIE, o meglio, CIEId, diventa un’identità digitale del tutto sovrapponibile a SPID. Accedere con questa identità digitale non richiederà più necessariamente l’uso della CIE, ma avremo, come con SPID, delle credenziali ed un sistema di autenticazione a due fattori. In altri termini CIEId supporterà i livelli 1 e 2, oltre al livello 3 che già oggi supporta.

Ecco che con questo decreto, già vigente, passato quasi sottotraccia, si toglie a CIEId uno dei fattori che più di altri ne hanno frenato la diffusione, ovvero la necessità di utilizzare lo strumento fisico, la CIE, non sempre cosa agevole per un cittadino (serve un telefono recente con NFC, i lettori per PC sono assai costosi e richiedono comunque driver, ecc).

Potenzialmente, quindi, CIEId è concorrenziale rispetto a SPID, con più di qualche vantaggio non indifferente:

  • è gratis
  • ha, gratis, un livello 3 che SPID offre solo a pagamento
  • ha un certificato per poter apporre una FEA, che potrebbe, se ben usato dalle PA, risolvere il problema della firma dei documenti, almeno nei rapporti cittadino/PA
  • maggiore semplicità: non si deve scegliere fra elenchi sempre più lunghi di IdP, ognuno poi operante con modalità diverse
  • potenzialmente potrebbe diventare eWallet

La convergenza tra i due strumenti secondo il Governo

Giusto per la cronaca, l’idea di far convergere i due strumenti, fornendo le credenziali Spid a chi fa la carta di identità elettronica, e far gestire tutto a livello centrale era fra l’altro già stata messa sul tavolo dal governo Conte II e dalla ministra per l’Innovazione Paola Pisano. In quel caso non si parlava di spegnimento di Spid, ma di convergenza fra i due strumenti, utile anche ad avere in un unico pacchetto il livello di sicurezza richiesto da Bruxelles per l’identità digitale europea che dovrebbe vedere la luce nel 2025.

Scrive ora il ministro Butti: “Abbiamo un’idea definita: non vogliamo eliminare l’identità digitale, ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato (proprio come quella che gli italiani portano nel loro portafogli dal 1931). Stiamo lavorando, sulla base di questa idea, sondando le necessità di tutti gli stakeholder coinvolti. I primi esiti dei nostri colloqui sono incoraggianti e li puntualizzeremo nei prossimi mesi con estrema trasparenza. Perché vogliamo fare questo? Per semplificare la vita in digitale dei nostri cittadini, per aumentare la sicurezza (perché più credenziali e strumenti di accesso significano più rischi), per rendere più accessibili i servizi digitali e, infine, per risparmiare (perché SPID ha un costo per lo Stato). La Carta d’Identità Elettronica è un’identità digitale equivalente e sotto diversi profili migliore rispetto allo SPID etc etc…”

I nodi da sciogliere

Questo il pensiero principale di Butti. Le domande poi sono tantissime… Per esempio, i 33 milioni di utenti Spid già attivi spariranno?  O più probabilmente confluiranno nel progetto Cie, gestito da ministero dell’Interno e dai Comuni? Ma qui ci lavoreranno i tecnici. Per ora siamo alla dichiarazione politica, e devo ammettere che ha  senso.

Aggiungo ai buoni propositi del Sottosegretario.

  1. Cerchiamo di non trasferire nel digitale le complessità della burocrazia. Per esempio, Spid richiede un cambio della password periodico, molto ravvicinato. Questo – lo so per esperienza – allontana molte persone dall’utilizzo: il digitale dovrebbe contribuire a semplificare la vita, non a complicarcela…! Va trovato – a mio avviso – il giusto equilibrio tra sburocratizzare determinati passaggi più o meno inutili e il rispetto di privacy, sicurezza informatica etc;
  2. Altra segnalazione da non sottovalutare: al momento (e da anni), in troppe città italiane, i tempi di attesa per ottenere la (ri)emissione della carta d’identità si misurano in mesi, tipicamente 5-6, anche se stanno faticosamente abbreviandosi. Stessa cosa per il passaporto, perché la gente, non riuscendo a fare la CIE, ha puntato su quello. Cosa succede se perdo o mi rubano il portafoglio, per cinque/sei mesi resto senza identità digitale?
  3. Dei 33 milioni di Spid quanti la usano davvero e con continuità e quanti si sono registrati e la lasciano dormire perché appunto spaventati da burocrazia e lentezza per avere determinati accessi…?

Chiudere Spid? Ma la CIE non può ancora sostituirlo, ecco perché

Conclusioni

Provando a fare sintesi io dico che si deve arrivare a un unico strumento di identità digitale e quindi l’intuizione del sottosegretario Butti mi convince, ora debbono lavorarci i tecnici e accelerare i percorsi, perché siamo oggettivamente lenti nelle scelte.

Tra l’altro mi viene da dire che implementare l’Identità Digitale è anche un confronto tra una visione più “statalista” (CIE) e più da “libero mercato” (SPID). Comunque la pensiamo è anche giusto evidenziare che si stanno bruciando risorse economiche, mantenere in periodo di “magra” due sistemi costa alle tasche del cittadino e crea pure confusione fra gli utenti. Quindi prima si decide meglio è… Ripeto un unico strumento mi convince e spero convinca anche il Governo.

Ultimo pensiero, prudente, del Sottosegretario di Stato all’Innovazione tecnologica Alessio Butti, ripreso dalle agenzie di stampa: “Non c’è nessuna intenzione di disperdere l’esperienza e il patrimonio innovativo del Sistema Pubblico dell’Identità Digitale (Spid), ma la volontà di migliorarlo e farlo evolvere per creare un modello italiano di identità digitale”.

Mi sembra l’approccio giusto al tema da affrontare rapido, ma senza forzature, senza guelfi e ghibellini, ma badando al risultato.

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