Sarà il 2014 l’anno buono per affermare un vero programma di innovazione nella Pubblica Amministrazione? “Che cosa” fare è ormai molto chiaro. A più di dieci anni dal primo Bando Stanca sappiamo che l’introduzione dell’eGovernment nella PA italiana richiede, in primo luogo, non solo tecnologia quanto soprattutto un serio ridisegno dei processi organizzativi delle istituzioni. Digitalizzare non significa infatti trasformare azioni fisiche in un clic del mouse quanto piuttosto riprogettare attività e meccanismi di coordinamento organizzativo per tenere conto delle potenzialità del ICTs. Ma in questi anni abbiamo fatto esattamente il contrario; un esempio: dalla raccomandata alla posta elettronica certificata per poi richiedere, in molti casi, al personale dell’ente di stampare quanto veicolato dal mittente con l’inevitabile risultato di aumentare i tempi di evasione di una pratica. È fondamentale affermare, in secondo luogo, una logica di organizzazione delle informazioni e dei servizi incentrata sull’utente; cittadini e imprese infatti molto spesso cercano online informazioni inerenti gli adempimenti di loro interesse.
Le culture politiche hanno investito per anni, ed ancora ora, energie e parole attorno ad un’idea di Stato e del suo rapporto con i cittadini cui corrisponde nella realtà e nella vita quotidiana l’esatto contrario. L’amministrazione è di fatto nemica dei cittadini e all’efficienza o alla semplificazione delle realtà nazionali concorrenti continua ad opporre il peso di una vecchia cultura giuridica delle procedure, completamente indifferente ai risultati. Ad oggi, assistiamo ancora all’affermazione di una prospettiva auto-referenziale: si presenta l’ente con i suoi assessorati e/o dipartimenti rendendo così la vita difficile all’utente, che si trova così in difficoltà non essendo tenuto a sapere a chi è in capo la responsabilità del singolo procedimento.
Serve una nuova governance dell’innovazione sia a livello nazionale che per quanto attiene il singolo ente. Un cambio di passo e di responsabilità. A livello macro, dobbiamo infatti osservare che per fortuna esistono ormai buone pratiche, sparse sul territorio della Penisola, ma spesso sconosciute ai più e/o non comprese: nonostante il portale del riuso (varato ormai 7 anni fa!) occorre infatti fare molto di più per promuovere e spiegare obiettivi e modalità di implementazione delle best practice; insomma, sarebbe opportuno non tanto e solo un portale quanto una vera e propria comunità che abbia in carico la diffusione di quanto di buono è già stato fatto. E a questo riguardo, sarebbe davvero fondamentale evitare quegli inutili fardelli burocratici che affliggono moltissimi progetti di finanziamento volti a supportare l’introduzione dell’innovazione negli enti pubblici.
A livello di singola realtà, è invece decisivo capire che la strada dell’eGovernment passa attraverso una gestione cross-ente; in un Paese fatto di piccolissimi Comuni, è davvero impensabile che il singolo Comune si faccia carico autonomamente della introduzione e gestione di processi digitali (con tutto quello che questo comporta); una gestione associata è davvero l’unica strada percorribile con risultati importanti sia sul fronte dell’efficacia che dell’efficienza: l’esperienza di alcune realtà lo dimostra chiaramente; ad esempio, quella della Provincia di Brescia dove vengono gestite sotto un’unica cabina di regia più di 150 realtà comunali.
Tutto questo perché non avviene? C’entra anche qui, in primis, la politica.
I nostri rappresentanti eletti hanno purtroppo un unico interesse: fare cose visibili, di breve periodo, per cercare di massimizzare la probabilità di rielezione. Tutto il contrario di una risposta che chiama in causa una visione quantomeno di medio periodo e soprattutto un paziente e (spesso) poco visibile lavorio di carattere organizzativo (interno).
Ma bisogna anche considerare che purtroppo abbiamo il personale sbagliato: assunto e formato per una gestione burocratica e giuridica della “cosa pubblica”, non è in grado materialmente di farsi promotore di un disegno di semplificazione. Molto spesso non possiede competenze gestionali adeguate.
Il guaio poi ed infine è che ancora non si è compreso come l’eGovernment sia un percorso obbligato lungo la via dell’auspicata crescita economica dell’Italia; grazie ad esso, infatti, si può ridurre la spesa pubblica (grazie ai risparmi conseguenti) e aumentare la competitività del sistema Paese dando vita ad un nuovo sistema di interazione tra PA e mondo dell’utenza (un aspetto che ci vede dietro numerosi paesi africani nei ranking internazionali più importanti).
Tutte queste considerazioni (ne ho omesse, per brevità, altre) non inducono certo all’ottimismo per il 2014; che mi piacerebbe davvero fosse anche l’anno di un “eGovernment sostenibile”. Finora ogni tentativo di aggredire una macchina oggettivamente nemica di cittadini ed imprese si è risolto in una foto opportunity tra manager e politici, anche consapevoli, ma troppo distratti verso un impegno che richiede severità, responsabilità ed un rovesciamento liberale di un mondo chiuso e incompetente rispetto alle sfide del futuro. E’ questa una grande questione morale del Paese: quella di una amministrazione che stenta a riconoscere il merito che deriva dai risultati e promuove le forme di una cultura “mandarina” , mentre il Paese scivola nella crisi. Occorre quindi tanta determinazione per affermare un serio rinnovamento della PA italiana; una determinazione che dovrebbe inevitabilmente portare a cambiare parte del personale, a modificare il sistema degli incentivi, a eliminare – quando necessario – uffici portatori di burocrazia e a rottamare una buona parte della classe politica. Proprio qui misureremo anche il nuovo che si annuncia all’orizzonte della politica: nella capacità di dare un volto liberale ed efficiente alla sfera pubblica – il volto di chi è al servizio del cittadino sovrano, si badi bene – si definirà il profilo politico, tra gli altri, di Matteo Renzi. E la credibilità di un nuovo ceto dirigente del Paese.