Agenzia per l'Italia digitale

Verso l’Anagrafe unica della popolazione, i problemi da risolvere

Finalmente si va verso una piattaforma unica, contro le 100-150 ora in uso, di una sessantina di fornitori diversi. Ma moltissimi comuni rischiano di non essere pronti entro dicembre 2014: poche risorse, difficoltà a migrare da soluzioni molto customizzate, possibili ostacoli dal mercato. Auspicabile un ruolo guida e di supporto economico dalle Regioni

Pubblicato il 30 Mag 2013

Paolo Colli Franzone

presidente, Osservatorio Netics

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A giudicare dall’annuncio fatto dal Direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale il 23 maggio a Milano, dovremmo essere alla svolta finale: entro giugno dovrebbe uscire la gara (bandita dal Ministero dell’Interno in collaborazione con AGID, Consip e Sogei, per la realizzazione della piattaforma per l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) introdotta dal Decreto “Trasforma Italia” di fine 2012.

Bella notizia per il mercato (insieme a quella, dimensionalmente ancora più significativa, dell’imminente uscita delle gare SPC per un valore complessivo di 2,7 miliardi di Euro), ma anche bella notizia per i cittadini, le imprese e le amministrazioni potenziali fruitori dei servizi di e-government. La piena circolarità del dato anagrafico delle persone fisiche è infatti l’elemento cardine intorno al quale ruota un potenziale di servizi erogabili non banale, e – soprattutto – capace di semplificare e velocizzare non poco alcuni processi oggi lenti e farraginosi.

I problemi non mancano, come abbiamo già avuto modo di segnalare qualche tempo fa. Moltissimi Comuni rischiano di non essere pronti a garantire il rispetto dei tempi (l’ANPR, secondo la norma, dovrà essere pienamente funzionante entro il 31 dicembre 2014), soprattutto a causa della ormai cronica mancanza di risorse economiche da destinare a investimenti significativi sull’infrastruttura IT.

Tra “software pacchettizzato” e “software custom”, considerando anche le differenti versioni a parità di fornitore, possiamo stimare (per difetto) tra le 100 e le 150 piattaforme sostanzialmente “differenti” utilizzate dagli 8 mila comuni italiani. Con una sessantina circa di fornitori diversi, secondo una stima di Netics.

Tra l’altro, paradossalmente, il problema rischia di essere più rilevante in una cinquantina di comuni “medio-grandi” che utilizzano applicativi software frutto di customizzazioni esasperate a partire da prodotti originari al limite dell’obsolescenza, oltre che nei piccolissimi comuni (non tantissimi, fortunatamente) dotati di applicativi che (tanto per fare un esempio) non tengono traccia delle situazioni pregresse limitandosi a “fotografare” il cittadino residente “alla data”.

Inoltre, non sono pochi i casi di produttori di software applicativo per la gestione dei servizi demografici che, sentendosi in qualche modo “minacciati” nel loro business (Netics stima un valore annuale dei servizi di manutenzione/assistenza degli applicativi in questo segmento vicino ai 10 milioni di Euro), in qualche modo “non agevolano” il processo di convergenza verso ANPR frammettendo ipotetici interventi di adeguamento il cui costo rischia di essere “non affrontabile” dai Comuni.

Per non parlare della posizione di ANUSCA (l’Associazione degli Ufficiali di Stato Civile ed Anagrafe), la quale evidentemente nutre ancora qualche perplessità rispetto all’inevitabile trasformazione di ruolo dei “tenutari” delle anagrafi comunali.

E’ chiaro che l’ANPR rappresenta un elemento talmente centrale (non a caso rientra tra le “basi dati di rilevanza strategica nazionale”) che non è neppure immaginabile un rallentamento delle operazioni di centralizzazione/unificazione della base dati.

E, quindi, il problema va risolto senza troppi “se” e senza troppi “ma”.

Non è un dettaglio, e dovrà quindi essere “tenuto d’occhio”, il ruolo che i maggiori produttori di software per la gestione dei servizi demografici comunali (i primi 4-5 produttori coprono il 70-75% dei comuni) decideranno di giocare nell’imminente gara “Ministero/Sogei”.

Questo potrebbe essere l’elemento capace di determinare il successo (o l’insuccesso, ma speriamo di no) dell’operazione ANPR. Operazione la quale, peraltro, è in grado (finalmente) di far decollare il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) dopo le “luci e ombre” che ne hanno caratterizzato la prima fase (dal 2005 ad oggi). Anche attraverso un circolo virtuoso di collaborazione tra Stato e Regioni (attraverso le “Community Network” nate ormai praticamente dappertutto sul modello emiliano-romagnolo).

I benefici che le Regioni possono trarre da un sistema di piena circolarità anagrafica sono evidenti, soprattutto se ha ancora un senso parlare di federalismo fiscale. Ma non solo: avere basi dati anagrafiche aggiornate in tempo reale significa efficientare non poco il servizio sanitario, addivenendo in tempi rapidi a un insieme di anagrafi uniche degli assistiti.

Anche per questi motivi, e sempre tenendo conto dei “chiari di luna” anche nei bilanci regionali, sarebbe fortemente sensato immaginare un sistema di coinvestimento che veda le Regioni supportare i Comuni (attraverso “voucher” per l’aggiornamento degli applicativi) in questo momento fondamentale di passaggio propedeutico alla realizzazione delle “condizioni minime” abilitanti l’Agenda Digitale.

Una volta tanto, se possibile, aspettiamo una risposta “di sistema” e non la solita danza di rimpallo e di mantenimento dello status quo.

Se possibile, naturalmente.

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