Il cammino delle PA verso una vera digitalizzazione – dove per ‘vera’ si intende utile, semplice, risolutiva delle istanze di cittadini e amministrazioni – sembra aver, finalmente, cambiato passo. Era ora, si dirà: siamo nell’anno domini 2017 e ancora non si era riusciti a imboccare la strada giusta.
Il condizionale, ahinoi, è ancora un obbligo. Ma, dopo continui ‘cambi di verso’ che non hanno fatto altro che far girare il Paese su se stesso per tornare sempre al punto di partenza, c’è finalmente qualcosa che fa pensare che ci possa davvero essere un cambiamento rispetto al passato. Una ‘congiunzione astrale’ che combinando l’imminente pubblicazione del piano triennale Agid, indicato come lo strumento per mezzo del quale potrà essere finalmente attuata l’Agenda digitale, con l’avvio dei lavori del Team Digitale di Diego Piacentini, potrebbe innescare quel circolo vizioso che servirà a scardinare le sacche di resistenza del sistema Paese e ad avviare la tanto agognata trasformazione digitale.
A Diego Piacentini, lo abbiamo capito, piace ‘unire i puntini’, coordinare i diversi stakeholder pubblici, fare da collante, creare comunità sulla base di una vision e di una mission ben precisi, ed è un bene in un’Italia troppo spesso caratterizzata da compartimenti stagni che rifiutano di parlarsi per non dover, magari, arrivare a dover cedere un pezzettino del proprio status.
Per dirne due, ha subito avviato il confronto con un gruppo di Comuni per iniziare “un’attività di coordinamento esecutivo su alcuni progetti che sono tra i componenti fondamentali del sistema operativo del Paese” e preso contatto con Regioni e Province Autonome, che hanno già elaborato delle Agende Digitali con le quali, inevitabilmente, bisogna fare i conti. Fare squadra, insomma, invece che fare muro.
Trasparenza, semplificazione, apertura e analisi dei dati per città e servizi più intelligenti, accessibilità, sicurezza, privacy, valorizzazione del meglio che già è stato fatto: questi alcuni degli ingredienti messi sul tavolo per svecchiare la macchina pubblica, realizzando – davvero – servizi quali l’Anagrafe Unica o lo SPID a fare da solide fondamenta a un ‘casa digitale’ che tutti sogniamo ormai da troppo tempo.
Ma parallelamente a questi obbiettivi si deve lavorare senza perdere altro tempo anche su altri fronti finora troppo trascurati: le parole chiavi del nuovo corso verso l’Italia Digitale dovrebbero essere ‘comunicare’, far comprendere, istruire, educare, coinvolgere, soprattutto in un’epoca fin troppo improntata sullo storytelling, l’arte di raccontare per attrarre l’attenzione del pubblico: una narrazione troppo spesso fine a sé stessa, non seguita da azioni concrete.
Sì perché quello che è mancato finora, anche quando le iniziative erano interessanti sulla carta, è stato proprio il coinvolgimento dei cittadini, delle aziende che dovrebbero essere invece i primi attori oltre che fruitori dei nuovi servizi digitali: troppa autoreferenzialità e troppo poca attenzione alle persone.
Non lo si riesce a fare, non almeno in maniera coerente e capillare, con i servizi online dei diversi enti pubblici (siano essi ospedali, ministeri, biblioteche): mentre si parla di ‘semplificazione’, poco o nulla si è fatto per anticipare le problematiche più ovvie, mancando quindi – una volta che i servizi sono arrivati al grande pubblico – l’obbiettivo primario della digitalizzazione: quello di facilitare la vita di chi, privato cittadino o azienda, con le lungaggini amministrative (o troppo spesso con la sciatteria dei singoli amministratori/funzionari) deve combattere ogni qual volta ha bisogno di interfacciarsi con una pubblica amministrazione.
E non lo si è fatto nemmeno con SPID, che doveva essere la chiave universale per accedere ai servizi online della PA. Tanto che si rischia addirittura che la macchinosità del processo per ottenere l’identità digitale rischi di trasformare in un clamoroso flop il Bonus Cultura destinato ai diciottenni, che pure di tecnologia dovrebbero masticarne un po’ di più dei loro dagli ‘anziani’ docenti. Per questo SPID deve essere cambiato: il sistema è ancora giovane e modificarlo non deve essere un tabù, purchè si coinvolgano gli utenti in questo processo.
Per non parlare di quegli strumenti – Big data e Open Data – che invece potrebbero essere una leva essenziale per ampliare le opportunità di business delle imprese italiane, PMI in primis. Molte di queste non hanno consapevolezza del valore delle informazioni che posseggono o che potrebbero avere: anche se si parla tantissimo di questi argomenti nei convegni e tra gli addetti ai lavori, non si riesce a formare e informare le aziende affinché si trasformino in strumenti atti ad accrescere la competitività. Eppure, gli strumenti ci sono, sono frutto anche dell’ingegno italiano e sono già in grado di creare importanti opportunità per le pubbliche amministrazioni e i privati.
E passi avanti sono stati tentati anche sul piano legislativo, per accrescere la trasparenza della casa pubblica e dare ai cittadini strumenti importanti di conoscenza. Eppure, guardando con attenzione si capisce che, ancora una volta, gli enti pubblici sono settati su una cultura autoreferenziale improntata sulla riservatezza su ‘il dato è mio e lo gestisco io’, e – nonostante lo spirito del FOIA sia improntato anche sul processo partecipativo – viene da chiedersi quante PA stiano “coinvolgendo (o abbiano coinvolto) i loro dipendenti e gli stakeholders nella definizione degli obiettivi di trasparenza”.
E, sempre restando sul tema del FOIA viene da sorridere (se non ci fosse da piangere) guardando oltremanica: per le pubbliche amministrazioni britanniche rispondere alle istanze presentate dai cittadini è una missione da compiere col massimo dello sforzo e della diligenza. Il cittadino è come il cliente: ha sempre ragione e va accontentato.
Riusciranno,insomma, i nostri eroi del Team Digitale, a ricomporre il puzzle dei mille italici campanili in una visione strategica che porti il Paese nell’era della maturità digitale?
Il cammino è partito e se Piacentini riuscirà a fare in modo che la sua affermazione “l’innovazione non è un punto di arrivo ma un percorso continuo e non ci si può mai permettere il lusso di sentirsi arrivati: domani si deve sempre far meglio di oggi”, diventi il leitmotiv di tutte le persone che in ogni ufficio di ogni singolo ente pubblico costituiscono gli ingranaggi della macchina pubblica e che hanno il potere di cambiare davvero verso al Paese allora sì che saremo sulla buona strada e nella direzione giusta.