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Vianello: “Ecco le urgenze per la nuova Agid”

Pur tra mille problemi e difficoltà, una strada per la trasformazione digitale è stata tracciata. Ora Agid deve procedere per realizzare i dossier aperti e il Governo non deve farsi cogliere dalla tentazione di bloccare tutto e ripartire daccapo. Ecco quello che c’è da fare

Pubblicato il 06 Set 2018

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

italia

Il processo di innovazione organizzativa e digitale della Pubblica Amministrazione è una priorità assoluta per il Paese e necessita di attenzioni e di risorse assolutamente non residuali. Che sia in atto una evidente discontinuità politico-amministrativa nelle azioni dell’attuale Governo rispetto ai precedenti è cosa innegabile. Il timore è che qualsiasi azione fatta dalle compagini precedenti venga abbandonata senza che sia sostituita da provvedimenti di segno diverso.

PA digitale, quello che è stato fatto

La gestione Madia del Ministero della Funzione Pubblica ha segnato una indubitabile produzione legislativa.

Piaccia o no, la riforma del Cad e la introduzione del Foia sono due pilastri legislativi di indubitabile valore.

Mentre il Governo legiferava, ad Agid veniva attribuito –anche dalla legge- il compito di regolamentare l’applicazione del Cad.

Il Piano Triennale per l’informatica nelle PA ne ha sancito i tempi e le modalità applicative.

Pur tra mille problemi e difficoltà, una strada è stata tracciata.

Allora, o il nuovo Governo cambia le vigenti disposizioni legislative, o l’Agid ha il dovere di procedere.

Sicuramente Teresa Alvaro ha tutte le competenze per dirigere l’Agid. E non lo dico per piaggeria.

Ciò che andrà assolutamente evitato è “la palude”, ovvero la non volontà di procedere per realizzare i diversi dossier (provvedimenti amministrativi) aperti. Tutto ciò senza dichiararlo esplicitamente.

Sarà molto difficile rimandare o prorogare (la legge non prevede date), si potrà procrastinare, diffondere la cultura del “tanto non succede nulla”.

Quello che c’è da fare

  • Una impostazione operativa eccessivamente centralistica ha trasformato agli occhi dei pubblici dipendenti l’innovazione digitale in un nemico. All’opposto i normali cittadini hanno accolto il cambiamento con indifferenza. Sicuramente andranno sempre di più sperimentate “diverse vie all’innovazione digitale”. Un piccolo Comune non è una azienda di servizi pubblici locali. Ciò che andrà rapidamente definito è il quadro degli incentivi e dei disincentivi destinato a penalizzare chi non innova. Per fare questo c’è bisogno di un forte intervento normativo da parte del Ministero. Chi pensa che tutto si riduca alle “impronte digitali” ha preso un granchio colossale.
  • C’è bisogno di diffondere in modo sistematico una “pedagogia dell’innovazione”. La “pedadogia dell’innovazione” va rivolta ai dipendenti e ai cittadini. Ai dipendenti va destinato un piano straordinario di formazione. Intendiamoci bene: La formazione non è finalizzata genericamente all’uso di software e hardware. La formazione va destinata prevalentemente ad ideare e a realizzare modelli organizzativi orizzontali “citizen oriented”. Alla realizzazione di questi modelli andranno accompagnati i modelli valutativi e retributivi. Il piano straordinario di assunzioni annunciato dal Ministro Bongiorno dovrebbe anche favorire questo processo. La “pedagogia dell’innovazione” andrà parallelamente rivolta ai cittadini portatori dei diritti all’accesso, all’utilizzo di SPID, a fruire di servizi digitali come peraltro stabilito dalla legge. La guerra contro l’ignoranza, profusa a piene mani nelle piattaforme social, passa attraverso una “sana” (nei contenuti) alfabetizzazione digitale.
  • Vanno allora accelerate tutte le iniziative volte ad estendere le piattaforme nazionali abilitanti. Mi riferisco a SPID, PagoPA, ANPR, domicilio digitale del cittadino. Queste piattaforme sono ad esempio la base per facilitare l’accesso ai cittadini, per favorire i rapporti con le imprese. Queste piattaforme sono la base per superare progressivamente modelli verticali autorefenziali.
  • Potrei continuare nell’elencare tra le cose da fare rapidamente la modifica dei modelli comunicativi (a partire dai siti), le disposizioni sulla fascicolazione digitale e la conservazione, la razionalizzazione dei centri elaborazione dati. L’importante è che Teresa Alvaro eviti di ricominciare da capo. Ciò che è importante è che venga rivisto, se del caso, il Piano Triennale e, con il realismo del caso, si proceda.
  • Resta un tema irrisolto: che fare del Team per la trasformazione digitale. Il Team, con la sua esuberanza un po’ centralistica, ha dato una scossa positiva al panorama della PA italiana. Tuttavia, ha peccato di centralismo e spesso di presunzione. Non so cosa ne pensi il nuovo governo.

Se posso avanzare una proposta al Ministro Bongiorno è che non venga più realizzata una sorta di commissariamento dell’Agid.

Penso che oggi il quadro legislativo e le competenze accumulate consentano a Teresa Alvaro di lavorare con serenità e tranquillità.

Buon lavoro Direttore Alvaro.

Alvaro a capo di Agid, i dossier e le sfide più urgenti

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