Entro giugno il Viminale dovrà adottare il decreto attuativo sulla sperimentazione del voto elettronico. L’auspicio è che la sperimentazione possa avere luogo già durante le prossime amministrative nell’interesse di quegli elettori storicamente ostacolati dal votare.
In programma anche la sperimentazione del voto digitale anche per i Comites. La digitalizzazione dovrà coinvolgere non solo il momento del voto, ma anche tutto il procedimento elettorale anche in chiave dematerializzazione.
Voto elettronico, confusione e pregiudizi
Sul voto elettronico e sulla sua sperimentazione nel nostro Paese circola spesso molta confusione, accompagnata da non pochi pregiudizi, ma il processo e i diritti in ballo sono così importanti da richiedere chiarimenti e sviluppi.
Una sperimentazione del voto digitale si impone perché diverse categorie di elettori, come gli italiani all’estero o i cosiddetti fuorisede, sono storicamente ostacolate dal poter concretamente esercitare un diritto costituzionalmente garantito. Gli elettori fuorisede a ogni elezione protestano giustamente per norme anacronistiche che li costringono a tornare nel luogo di residenza per votare. Il voto all’estero ha poi ampiamente dimostrato criticità che le stesse amministrazioni coinvolte intendono superare.
Il diritto di voto dei cittadini in mobilità in una società che ormai si sposta a prescindere dalla propria residenza è la grande questione del nostro tempo. Il Viminale fino a oggi ha inteso affrontarla con agevolazioni di viaggio parziali, e dal 2004 a oggi più di 60 milioni di euro sono stati spesi in questa direzione. Uno spreco perché non investito in innovazione.
Dal confronto con il Viminale in queste legislature è emerso che il voto postale non è la soluzione. Prime soluzioni sono state trovate per i referendum e le europee, ma non sulle politiche.
Due maggioranze distinte hanno votato a favore della sperimentazione. Con la legge di bilancio del governo Conte bis abbiamo stanziato 1 milione di euro, con il dl milleproroghe votato dalla maggioranza attuale abbiamo fissato il termine per l’adozione del decreto attuativo entro giugno.
Ci aspettiamo che il Viminale rispetterà i tempi di una decisione presa dal Parlamento e che la sperimentazione possa sfruttare a livello logistico e organizzativo la finestra delle prossime amministrative nell’interesse di quegli elettori storicamente ostacolati nell’esercizio del loro diritto di voto.
La sperimentazione sarà necessariamente una simulazione del voto per le politiche, per le europee e per i referendum. Lasciamo al tavolo tecnico l’individuazione delle soluzioni più adeguate e soprattutto in linea con l’articolo 48 della Costituzione che prescrive le caratteristiche del voto, “personale ed eguale, libero e segreto”.
Il voto con blockchain è personalmente auspicabile, ma è una delle tante ipotesi al vaglio e ci rimettiamo al lavoro dei tecnici. Alla fine di questo lavoro saranno loro a parlare e dunque lasciamo per ora ogni speculazione alle fantasie di qualche detrattore che, pensando di avere la verità in tasca, mi attacca legando l’iniziativa al nome di Casaleggio senza conoscere il mio seppur noto pensiero su Rousseau.
La sperimentazione alle elezioni del Comites
Una sperimentazione del voto digitale riguarderà prossimamente le elezioni del Comitato per gli Italiani all’Estero.
Il voto all’estero merita procedure più dignitose. Le elezioni europee dimostrano che non è fattibile organizzare questo tipo di voto tramite seggi elettorali.
Alle europee infatti il voto non avviene in maniera postale, ma attraverso seggi istituiti presso i Paesi dell’Unione. Alle ultime europee sono state 44 le sedi diplomatico-consolari con 479 sezioni istituite. Di queste 56 sono state istituite presso le sedi diplomatico-consolari, 53 presso gli Istituti di cultura, 362 presso altre strutture con caratteristiche idonee e opportunamente individuate dalle Sedi consolari.
L’affluenza è stata pari al 7,64%, un dato di gran lunga inferiore alle altre consultazioni, su cui bisogna riflettere.
Reingegnerizzare il processo elettorale in chiave digitale
Più in generale, tutto il procedimento elettorale, non solo il momento del voto, dovrebbe essere reingegnerizzato in chiave digitale. Diverse criticità si sono registrate anche sul fronte della raccolta firme per la presentazione delle candidature in diverse elezioni e la tecnologia può semplificare diversi processi.
Penso al deposito dei contrassegni, alla presentazione delle liste per le candidature, alla raccolta delle firme. Su questo tema era intervenuta anche l’ultima legge elettorale (165/2017) che all’articolo 3, comma 7, aveva previsto la sperimentazione della raccolta firme in via digitale, ma il relativo decreto attuativo in capo al Viminale non è stato mai adottato.
La transizione digitale potrebbe riguardare alcune procedure che si svolgono nei seggi, come l’ammissione e identificazione dell’elettore al seggio attraverso Spid o Cie, mentre anche in chiave dematerializzazione sarebbe importante il passaggio a registri e verbali di seggio elettronici in luogo di quelli cartacei.
Conclusioni
La tecnologia è uno strumento che può aprire nuovi canali per la partecipazione e semplificare le procedure. Grazie al digitale possiamo rafforzare in sostanza la democrazia.
Il voto elettronico è già realtà per le elezioni nelle università e negli ordini professionali. In questi giorni si sono concluse le prime elezioni online della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici e l’ultimo decreto-legge ha riconosciuto l’importanza del voto elettronico consentendo il rinvio delle elezioni di alcuni ordini professionali proprio per permettere di organizzare il voto online.
Ora tocca anche ai cittadini. Sperimentare ogni soluzione è l’unica strada. L’alternativa è lasciare tutto così com’è, con norme anacronistiche e anomalie procedurali che destano scandalo e proteste anche perché calpestano diritti.