Pechino sta accelerando il percorso verso la creazione dell’e-yuan, la valuta digitale della banca centrale, la People’s Bank of China (Pboc), ma le ragioni non sono solo di carattere economico e monetario come potrebbe apparire a prima vista.
La moneta digitale cinese e-yuan, che molto presto potrebbe sostituire il contante, rappresenta infatti il segno tangibile dei piani di Pechino tesi a consolidare e rafforzare ulteriormente l’enorme potere di controllo e sorveglianza dello Stato (dal del sistema finanziario al funzionamento della politica monetaria, fiscale e oltre) con conseguenti implicazioni politiche ed economiche in grado di incidere non solo internamente nel delicato equilibrio tra lo Stato e gli agenti economici del settore privato – Ant (che nei mesi scorsi ha peraltro già subito il blocco della quotazione) e Tencent (che insieme rappresentano il 94% dei pagamenti online del paese) – ma anche negli scenari geopolitici per come li conosciamo oggi.
Certamente non è difficile immaginare come lo stato di sorveglianza del presidente Xi Jinping ne uscirebbe potenziato, e quanto il ruolo dei gruppi fintech operanti nello Stato potrebbe essere ben presto ridefinito e condizionato.
Una cosa intanto è certa: il percorso intrapreso da Xi Jinping che vede protagonista la Banca centrale cinese non sarà facile da gestire, ma le difficoltà non hanno mai fermato le mire del Governo cinese e i piani del suo presidente.
Facciamo il punto.
Il lancio del progetto
I dettagli specifici sulle basi tecnologiche del lancio ufficiale del progetto rimangono ancora abbastanza opachi. Sarà probabilmente distribuito sulla base di un sistema a due livelli:
- tra la banca centrale e le banche commerciali
- tra le banche commerciali e individui o aziende.
I player finanziari privati WeChat e Alipay saranno, quindi, integrati all’interno del sistema di pagamento digitale nazionale al fine consentire alla Banca Centrale – Pboc – di beneficiare della loro copiosa base di utenti e della loro posizione nello spazio dei pagamenti: la maggior parte delle persone in Cina utilizza le piattaforme di Alibaba e Tencent come metodo di pagamento abituale e certo, Pechino, non può permettersi di sottovalutarne il ruolo sociale per raggiungere la scalabilità dei suoi piani monetari.
Peraltro, proprio con il servizio Mybank (la prima banca totalmente online in Cina), sostenuto da Ant, la più importante piattaforma fintech della Cina, legata al colosso dell’ecommerce Alibaba, la Cina ha già testato la collaborazione tra pubblico e privato in ambito yuan digitale.
Si parla addirittura di “tecnologia dual offline”, ovvero di transazioni in e-yuan peer-to-peer e della possibilità di eseguire pagamenti tra due dispositivi con funzionalità offline. Le transazioni verrebbero lavorate anche in caso di segnale internet debole o assente; basta che due cellulari contenenti un wallet digitale siano vicini l’uno all’altro e la funzione di trasferimento viene portata a termine.
Tutto ciò non è privo di significativi risvolti, solo che si pensi a come si potrebbe portare lo stesso livello di fruibilità nelle zone rurali e aggirare i costi associati ai sistemi di pagamento esistenti.
e-yuan, le possibili conseguenze internazionali
Ma sono in particolare le possibili conseguenze internazionali per l’economia e la supremazia che suscitano ben più di una riflessione. E in modo particolare l’innesco, nel contesto della “Guerra calda”, del fenomeno di contrapposizione tra la valuta digitale e-yuan, e il dollaro USA.
In linea con le proprie ambizioni internazionali, non è un caso, che la Cina abbia già raggiunto un accordo con Swift – il sistema globale europeo con sede in Belgio, per la messaggistica finanziaria e i pagamenti transfrontalieri – per sviluppare in joint venture uno standard di interoperabilità che faciliterà l’eventuale diffusione globale del renminbi digitale a livello globale. La nuova entità, denominata Finance Gateway Information Services Co, è stata fondata a Pechino il 16 gennaio scorso (con un capitale sociale di 12 milioni di dollari) e pare avrà competenza in materia di integrazione dei sistemi informativi, elaborazione dei dati e consulenza tecnologica.
e-Yuan, la governance dell’infosfera alla base del progetto
Tornando al versante nazionale, lo yuan digitale rientra nel tipico
“design top-down della Cina”: avrà infatti lo status di moneta di stato e sarà gestita dal governo centrale, non sarà oggetto di speculazione e, contrariamente alle cosiddette “stablecoin” come Libra di Facebook (ora “Diem”), non sarà supportato da un paniere di valute.
Anche l’anonimato del denaro sarà un vago ricordo, lasciando ampio spazio al tracciamento finanziario peraltro favorito dallo scenario epidemiologico oltre che dalle esigenze derivanti dalla lotta al riciclaggio di denaro, al finanziamento del terrorismo, all’evasione fiscale e alla corruzione.
Sarà, dunque, la versione elettronica del contante fisico nazionale, “renminbi” (人民币, rénmínbì) – RMB , letteralmente la “valuta del popolo”, di cui yuan (元, yuán) è l’unità di base.
Avrà, come il contante, corso legale: nessun operatore commerciale potrà rifiutarsi di accettarlo e dovrà conformarsi al relativo processo di pagamento.
I piani prevedono di estenderlo anche alle due regioni amministrative speciali Hong Kong, Macao, oltre che a Taiwan, dove si utilizzano rispettivamente il dollaro di Hong Kong (港元), la pataca di Macao (澳门元) e il nuovo dollaro taiwanese (新台币).
A livello globale emerge, intanto, come l’accelerazione della valuta digitale cinese giunga in momento in cui il dominio del dollaro statunitense si rivela in pieno declino o quantomeno anacronistico (stante che ad essere messo in discussione è proprio il ruolo guida nell’economia e nel commercio globale rivestito dagli Stati Uniti).
Sullo sfondo, ovviamente, tanto la Guerra Fredda che prosegue a fasi alterne, ed a tratti acute, con la Russia, quanto le sfide ed i pericoli rappresentati dalla nuova fase della Guerra Calda tra Cina e America.
In molti ritengono che le operazioni finanziarie digitali in atto nel “Regno di mezzo” rappresentino il disegno di una strategia globale sostenuta da “armi tecnologiche” decisive nella competizione per la supremazia mondiale e perfettamente coerenti con i piani di controllo del Presidente Xi Jinping: ovviamente il riferimento è specificatamente diretto tanto alla “blockchain statale”(il Consiglio di Stato aveva incluso la tecnologia blockchain come priorità di sviluppo nel 13 ° piano quinquennale 2016-2020), il cui progetto denominato Blockchain-based service network – Bsn, è stato lanciato nel corso del 2020 ed è oggi presidiato da una pluralità di enti raggruppati in un consorzio e guidati dallo State Information Center of China- SIC (ne fanno parte China Mobile, il provider di pagamenti China Union Pay e Beijing Red Date Technology, tutti impegnati nelle implementazioni in finanza digitale, IoT, smart city e smart services, gestione della catena di distribuzione e trading digitale di asset), quanto al progetto legato allo yuan digitale – Dcep (digital currency electronic payment).
Le linee guida dei progetti di Pechino sono invero piuttosto evidenti:
- sfruttare il potenziale di tali tecnologie per accrescere la capacità di controllo e sorveglianza del governo
- analizzare e profilare i criteri d’acquisto dei cittadini, orientare e mappare i desideri e i bisogni dei consumatori
- sottrarre al dollaro il ruolo di moneta di riferimento per gli scambi internazionali e del commercio transfrontaliero,
- sventare i piani della Silicon Valley di prendere la pole position favorendo la nuova era del dollaro statunitense
- favorire la penetrazione cinese nel mondo ed in particolare in Africa e nel resto dell’Asia. Non a caso Kim Jong-han, un ricercatore senior presso il Korea Institute of Finance, in un’intervista del Maeil Economic Daily dichiara: “I paesi che hanno ricevuto aiuti umanitari dalla Cina relativi al Covid-19 saranno probabilmente più propensi a utilizzare lo yuan digitale.”
Per altri, per lo più in Cina, invece, le motivazioni alla base dello yuan digitale sarebbero molto più semplici e di natura finanziaria e monetaria: “lo yuan digitale, distribuito ai consumatori tramite le banche, consentirà alle autorità di regolamentare un mercato del debito sotto pressione in modo più efficace”, afferma l’economista di DBS Group Holdings Ltd. Nathan Chow a Bloomberg alludendo alle asimmetrie finanziarie generate, all’inizio degli anni 2010, dalle app di pagamento mobile a discapito del sistema bancario nazionale.
Fonte immagine: Bloomberg
La nuova versione dei “pacchetti rossi” cinesi di Capodanno: eHongbao
In lavorazione dal 2014, il progetto yuan digitale o, per evidenziare l’austerità del nome, il Digital Currency Electronic Payment – Dcep – (collegato a quello della blockchain di stato), è attualmente in fase di sperimentazione pilota in quattro città: Shenzhen (dove in ottobre, 1,9 milioni di persone si sono offerte volontarie e una lotteria elettronica ha distribuito 200 yuan a 50.000 di loro), Suzhou (dove a dicembre scorso sono stati distribuiti 20 milioni di yuan digitali, equivalenti a 3,1 milioni di dollari attraverso una lotteria), Chengdu, e la città satellite di Pechino, Xiong’an (che tocca caffetterie, fast food, rivenditori, teatri e librerie).
Sono state coinvolte anche specifiche entità commerciali, come Didi Chuxing, il servizio taxi e altri giganti della tecnologia come Meituan e Didi Chuxing Technology destinati a servizi come la consegna di cibo e il car sharing.
I funzionari cinesi hanno, inoltre, reso note le previste politiche di implementazione (che saranno attuate dalla Banca nazionale cinese) riguardanti i siti olimpici invernali di Pechino 2022 (tra cui Hebei e Heilongjiang) e altre regioni come Shanghai (il Tong Ren Hospital affiliato alla Shanghai Jiao Tong University School of Medicine ha già lanciato il canale di pagamento tramite la valuta digitale all’inizio di gennaio per consentire ai circa 2000 membri del personale medico dell’ospedale di pagare i pasti tramite una carta bancaria che immagazzina il renminbi digitale), delta del fiume Yangtze, la Provincia di Guangdong, Tianjin, Hong Kong e Macao, fino alla Cina centrale e occidentale.
Da ultimo, la recente distribuzione dei “pacchetti rossi” – hongbao – tradizionalmente usati in Cina per fare regali in occasione dell’avvio il 12 febbraio del nuovo anno lunare, l’Anno del Bue. Ovvero, più correttamente, e-hongbao in valuta digitale per un valore pari a svariate decine di milioni di renminbi “di Capodanno”, recapitati tramite smartphone e distribuiti direttamente agli e-wallet degli utenti dalle banche statali attraverso determinati canali di pagamento.
La specifica procedura di attivazione e riscossione del pacchetto rosso viene dettagliata direttamente dall’Ufficio amministrativo e supervisione finanziaria locale di Chengdu che, addirittura, grazie all’infrastruttura Tianfu Citizen Cloud, riesce a minimizzare i rischi di esclusione derivanti dell’eventuale “divario digitale” che colpisce le fasce della popolazione più anziana.
Oltre a Chengdu, anche Pechino con l’avvio del piano “Digital Wangfujing Ice and Snow Shopping Festival” (50.000 buste rosse digitali del valore di 200 yuan) e Suzhou hanno distribuito un totale di circa 200.000 pacchetti rossi, del valore di 200 renminbi ciascuno sotto forma di lotteria pubblica.
La governance delle transazioni internazionali
A ogni modo è innegabile che la portata di un progetto del genere manifesti ben più di una preoccupazione in chiave globale, a cominciare dall’ipotesi che tanto possa aver ispirato Pechino anche sul fronte delle potenzialità insite nella governance delle transazioni internazionali come condizione di accesso al mercato cinese e con Stati come l’Iran e la Corea del Nord. A tal riguardo, si rivela particolarmente interessante il report , autorevole, dell’Australian Strategic Policy Institute intitolato The flipside of China’s central bank digital currency[1], che riporta un’analisi politica piuttosto dettagliata indicativa degli sforzi e delle ambizioni alla base della valuta digitale della Cina, con una sguardo al contesto politico, economico e finanziario nel quale gli stessi si collocano.
Conclusioni
Il quadro descritto evidenzia, dunque, diverse ambizioni e implicazioni, molte delle quali di portata globale: dalla gestione centralizzata della politica monetaria e fiscale, alla nuova veste internazionale del sistema finanziario cinese, fino ad oggi troppo chiuso e celato per destare l’attenzione degli investitori e operatori esteri.
Dal chiaro intento governativo teso a favorire e abilitare un maggiore controllo e una ferrea sorveglianza da parte delle autorità cinesi sulle transazioni commerciali individuali attraverso un controverso “anonimato controllato”, alla lotta contro il riciclaggio di denaro, la corruzione e il finanziamento del terrorismo in patria.
Dalle tensioni internazionali della “Guerra calda” animate dalla rivalità di potere tra USA e Cina per il dominio economico globale – tale da rendere superata qualunque concezione di supremazia dello stesso dollaro statunitense a guida degli scambi internazionali – alla serrata gestione della sinergia con l’ecositema legato ai player locali Tencent e Alibaba. Questi ultimi ritenuti partner strategici per più di un motivo: a cominciare dall’enorme base utenti di cui dispongono e dalla corrisponde fiducia collegata a tanto, nonché per le forti abitudini degli utenti quanto a familiarità e user experience con le relative applicazioni, Alipay e WeChat Pay, e pertinenti servizi digitali.
Il tutto amplificato dalle istanze di sicurezza legate all’emergenza epidemiologica, mai come ora in grado di favorire consapevolezza e accettazione delle valute digitali legali.
Nel 2021 Statista stima che i pagamenti digitali in Cina avranno un’incidenza in costante crescita, con un valore totale delle transazioni del 9,81% annuo. E il corrispondente incremento degli utenti coinvolge tanto le metropoli quanto la Cina rurale.
Anche McKinsey conferma il ruolo di motore trainante della Cina nel commercio digitale.
In Occidente, nel frattempo, le criptovalute proseguono nel loro trend libertario “bottom-up”, alternativo alle banche centrali e, tanto in Europa quanto negli USA, anche la spinta verso l’implementazione dell’euro digitale (la Banca centrale europea ha reso noti a gennaio i primi risultati della sua consultazione pubblica sull’euro digitale, iniziata a ottobre) e del dollaro digitale, riprende vigore.
Dunque, un teatro geopolitico e tecnologico che sarà sempre più centrale e nel cui sfondo si stagliano chiaramente anche i tratti preoccupanti della crisi riconducibile ai rapporti interni all’Alleanza Atlantica dove, anche a seguito dell’ascesa di movimenti populisti e sovranisti in
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- Per una discussione dettagliata di queste preoccupazioni, vedere: Samantha Hoffman, John Garnaut, Kayla Izenman, Matthew Johnson, Alexandra Pascoe, Fergus Ryan ed Elise Thomas, “The Flipside of China’s central bank digital currency”, 12 ottobre 2020, ASPI ,https://www.aspi.org.au/report/flipside-chinas-central-bank-digital-currency;Yaya J. Fanusie ed Emily Jin, “China’s Digital Currency: Adding Financial Data to Digital Authoritarianism”, 26 gennaio 2021, CNAS, https://www.cnas.org/publications/reports/chinas-digital-currency. ↑