Governance

Abbiamo davvero bisogno di un ministro per l’Agenda?

L’importante è che la nuova eventuale figura politica non ci faccia ripartire da zero. Proprio ora che abbiamo un’Agenzia operante e che il lavoro di Caio volge a termine

Pubblicato il 17 Feb 2014

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Nelle ore in cui si sta formando il nuovo Governo molti si chiedono se sia necessario, utile, opportuno o addirittura indispensabile istituire un dicastero (o almeno un Sottosegretario della Presidenza del Consiglio) dedicato a Internet e alle Politiche Digitali – da non confondere per favore con l’innovazione – per dare finalmente attuazione all’Agenda Digitale del Paese e per rendere disponibile quell’ecosistema digitale che è una condizione irrinunciabile per la crescita e per la competitività di una nazione del rango dell’Italia.

Tralasciando la suggestione della Corea del Sud, dove addirittura si narra ci sia una targa su cui c’è scritto “Ministero per la Creazione del Futuro e della Scienza”, il dibattito si sta focalizzando sempre di più nel capire se serve rafforzare ancora di più il governo della materia per sancirne definitivamente l’ingresso tra quelle considerate strategiche per la Nazione, in analogia ad esempio con quanto avviene per i mezzi e le infrastrutture di trasporto – auto, treni, navi (…), strade, ferrovie, porti (…) – dove – a mia memoria – è sempre esistito un Ministero ad hoc.

Internet non è più per fortuna, infatti, un tema esoterico da salotto di iniziati ma uno strumento frutto dell’ingegno umano – una di quelle cose che ci separa dal Medioevo – che se usato in maniera intelligente migliora la nostra vita, rende più produttivo, competitivo e ricco un territorio e migliora – aumentandola – la partecipazione dei cittadini alla vita di una comunità e che, insieme ai contenuti e alle infrastrutture digitali, abilita – come ho detto prima – quell’ecosistema digitale che la parte del Mondo più progredito ha da tempo adottato anche per dare pieno dispiegamento alla potenzialità della sfida imprenditoriale.

Ieri, oggi e domani.

Gli ultimi due anni – ieri – sono hanno visto l’impegno di molti per scrivere l’Agenda Digitale Italiana – ovvero un vero programma di digitalizzazione del Paese e non di mera informatizzazione della pubblica amministrazione – e per individuare nella costituenda AgID il presidio unico per la sua attuazione.

Tutti, a partire dai Presidenti Mario Monti e Enrico Letta, hanno preso consapevolezza che il gap che ci separa dai paesi più sviluppati – anche in materia di disponibilità di competenze digitali manageriali e imprenditoriali, come ci ricorda sempre con forza Agostino Ragosa – deve essere colmato tempestivamente per evitare di scivolare ancora più in basso nei ranking internazionali.

Oggi finalmente l’AgID – per quanto molto faticosamente e con buona pace anche della Corte dei Conti – è una realtà con un Direttore Generale che può finalmente operare a pieno titolo, anche grazie all’approvazione dello Statuto, e con un Comitato di Indirizzo che rappresenta la Presidenza del Consiglio e gli altri ministeri interessati, le regioni e gli enti locali.

Mentre l’utile lavoro di Francesco Caio e dei suoi collaboratori volge al termine il presidio politico è garantito dalla Cabina di Regia, che vede la presenza di persone dalla indubbia competenza e reputazione.

Non vorrei che domani con la creazione di un Ministero ad hoc si ricominciasse tutto da capo, che ancora una volta Penelope, Achille e la sua maledetta Tartaruga diventassero i protagonisti della commedia dell’assurdo che è l’attuazione dell’Agenda Digitale Italiana.

Se ci sarà un Ministro, o un Sottosegretario, sarà sicuramente accolto con un adeguato e sincero benvenuto da parte degli addetti ai lavori, purché in possesso di quattro requisiti: competenza, specializzazione, reputazione e un adeguato portafoglio.

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