il quadro normativo

Accessibilità e digitale, perché il 2019 sarà un anno importante per i disabili

Si va verso l’accessibilità “by default” per qualsiasi prodotto, con benefici anche per il settore privato, nel corso del 2019. Tra approvazione della norma EN 301549 e direttiva Accessibility Act. E dall’Italia arrivano le eccellenze

Pubblicato il 02 Gen 2019

Roberto Scano

Esperto internazionale in materia di accessibilità ICT – Presidente Commissione UNI/TC 531 “eAccessibility”

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Alcune norme appena ultimate e altre in arrivo a livello europeo ci dicono che il 2019 sarà l’anno dell’accessibilità.

L’ultima fatica è la norma EN 301549 v. 2.1.2 (08-2018) che racchiude una serie di vincoli di conformità per hardware, software (comprese app mobili), Web, documenti non Web (documenti office-oriented) e accesso alle postazioni ICT.

La norma EN 301549

La norma è frutto del lavoro del comitato congiunto ETSI/CEN e troverà una sua prima applicazione con la direttiva europea 2102/2016 – recepita effettivamente in Italia con l’aggiornamento della Legge Stanca tramite dlg. 106/2018. Con successivi atti (linee guida emanate da AGID), anche nella PA italiana si avrà un allineamento a tali obblighi per le forniture di prodotti e servizi ICT. Ciò significa, ad esempio, che un software che non è personalizzabile secondo i criteri di accessibilità non potrà essere acquistato da una pubblica amministrazione ovvero – a ragion di logica – non dovrebbe essere nemmeno presente nel mercato elettronico della PA se lo stesso non è dichiarato conforme alla norma EN 301549. In tema di forniture tra l’altro è bene ricordare che le piattaforme per le gare, ai sensi del vigente codice degli appalti, devono essere accessibili, ovvero chiunque deve poter partecipare senza discriminazioni.

Definire procedure per l’acquisto di prodotti accessibili

Di questi temi si è recentemente parlato ad un evento internazionale organizzato da ITU[1] presso la sede delle Nazioni Unite a Vienna, a cui ho avuto il piacere di partecipare come unico italiano ad un panel dedicato alle problematiche degli acquisti di prodotti accessibili. In questo panel si è discusso proprio della necessità di definire procedure per l’acquisto di prodotti accessibili, ovvero come definire delle procedure di acquisto rispettose di tutti i cittadini, in particolare dei dipendenti dell’amministrazione che – in qualsiasi momento – potrebbero avere necessità di configurazioni particolari e che, in assenza di prodotti predisposti per l’accessibilità, potrebbero essere esclusi per l’ingente costo di riadattamento delle postazioni di lavoro dovuto al fatto che in precedenza si era comprato un prodotto qualitativamente inferiore.

A questo tavolo ho portato la necessità pertanto di chiarire (ottenendo un forte consenso della sala) che non dobbiamo più pensare a rendere accessibili i prodotti, quanto invece ad iniziare ad acquistare direttamente prodotti che lo siano. E dobbiamo soprattutto avviare attività di formazione all’uso corretto degli strumenti di lavoro, perché in tutta Europa esiste il problema della produzione di contenuti ed informazioni non accessibili, in cui la fa da re il documento scansionato. L’accessibilità in questo caso è un problema di ignoranza derivante dalla mancata formazione all’uso corretto di strumenti che – oggi – sono spesso già predisposti ad aiutare l’utente a non compiere errori in tema di accessibilità.

Italia in prima linea sull’accessibilità

Le multinazionali sono già pronte. Aziende come Microsoft, ad esempio, oltre a garantire l’accessibilità delle interfacce del sistema operativo e dei software, fornisce anche soluzioni a supporto dello sviluppo di documenti in formato accessibile e conforme alla norma EN 301549. Ciò significa, a titolo di esempio, che producendo un documento Word non solo vi sono le funzionalità per garantire l’accessibilità dei contenuti ma anche funzionalità per verificarla intervenendo in modo mirato alla risoluzione del problema. Similmente, altri produttori di formati documentali (es: PDF) forniscono soluzioni per aiutare ad evitare la creazione di contenuti non accessibili. Ciò comporterà una crescita delle competenze degli autori di documenti digitali, che con il tempo non necessiteranno più di ausili per produrre in modo corretto documenti ed informazioni. Su questo noi italiani siamo “tecnicamente” già pronti. Per primi al mondo abbiamo tradotto la specifica WCAG 2.1 (le nuove regole di accessibilità per i siti Web e app mobili, referenziate dalla norma tecnica EN 301549) e per primi in Europa abbiamo reso disponibile la traduzione in lingua nazionale della norma tecnica europea che – grazie all’interesse espresso da AGID e alla sensibilità di UNI – è attualmente l’unica traduzione disponibile a titolo gratuito di tale norma nel sito di un ente di normazione europeo.

Il vantaggio della norma tecnica europea EN 301549

Anche gli altri paesi europei stanno prendendo la medesima strada, che non si ferma all’Europa. Allo sviluppo della norma tecnica europea EN 301549, infatti, hanno partecipato rappresentanze di altri paesi e vi è forte interesse da parte di altri mercati (tra gli ultimi casi, Australia e molti paesi del sud America), di allinearsi ai dettami di questa norma. Il vantaggio di tale norma è che in molti casi di basa su ulteriori norme tecniche internazionali (standard ISO) che già da anni forniscono informazioni su come devono essere progettati prodotti hardware (tastiere, schermi, ecc.), sistemi operativi (per consentire l’adattabilità e l’interfacciamento con le tecnologie assistive), software e documenti.

Direttiva audioavisivi

L’Europa va oltre, spinge sul tema. Recentemente è stata emanata una direttiva sugli audiovisivi (1808/2018) che prevede l’obbligo per i broadcaster di incrementare l’accessibilità dei contenuti dei media. Anche in questo caso nel settore Web, i colossi internazionali sono avanti in quanto ben prima degli obblighi normativi hanno recepito le istanze dell’utenza. Pensiamo a YouTube che fornisce i sottotitoli in tempo reale automatizzati – un passo da gigante rispetto al Web di inizio millennio in cui era necessario “sbobinare” il contenuto e sincronizzare il testo (ovvero definire il tempo di inizio e di fine di visualizzazione di ogni singola frase). Similmente sistemi di comunicazione vocale quali Google Hangout e Skype oggi forniscono soluzioni di sottotitolazione, rendendo quindi più semplice la comunicazione alle persone sorde con beneficio però anche a chi non può utilizzare l’audio (esempio: in luogo pubblico e in assenza di cuffie).

Perché l’accessibilità non deve essere quel “qualcosa” che è lasciato ai produttori di buona volontà ma deve entrare nella produzione di massa di prodotti e servizi, in quanto un prodotto accessibile, come si diceva in apertura dell’articolo, non toglie nulla a chi non ha disabilità ma toglie la discriminazione verso chi ne ha.

Accessibility Act

Nel 2019 ci aspetta una rivoluzione sul tema dell’accessibilità. Prenderà finalmente forma la versione definitiva dell’Accessibility ACT, una direttiva europea (ora in forma di proposta) che stabilisce un concetto di base: qualsiasi servizio o prodotto fornito e/o distribuito nell’Unione Europea deve essere accessibile, andando quindi oltre il concetto di obbligo per la PA.

Cosa significa? Significa ad esempio che il bancomat dovrà essere “parlante” (ovvero consentire con adeguata privacy di poter fornire informazione audio sull’importo transato anche a persone che non vedono), i servizi pubblici dovranno garantire che le informazioni logistiche (es: prossima fermata) siano accessibili sia in forma visiva che con audio, che i segnali di emergenza siano indipendenti dai canali sensoriali (ovvero visibili e udibili, con adeguati contrasti, ecc.) e molto altro. E tra il “molto altro” figurerà anche l’e-commerce e gli e-book, ovvero garantire il diritto di poter acquistare prodotti e servizi on line a tutti. È pure in discussione la possibilità di negare l’uso del marchio CE ai prodotti che non abbiano tali conformità.

Il tema dell’accessibilità in Italia: un bilancio

Qualcuno disse una decina di anni fa: ho creato il Web per renderlo accessibile a tutti, indipendentemente dalla disabilità. Quest’uomo, Tim Berners-Lee, ripete costantemente questo mantra. Un Web con barriere non rispecchia il concetto di Web.

In Italia di questo tema se ne parla dal 1999, dalle prime circolari AIPA in cui compariva la parola magica “accessibilità”, nell’ottica di consentire a qualsiasi cittadino di utilizzare informazioni e servizi della PA. Nel corso degli anni è cresciuto l’interesse verso questo tema sia da parte di normatori e legislatori con il fine – rispettivamente – di definire delle regole universali e di renderle obbligatorie nei diversi paesi.

In Italia abbiamo la ben nota legge Stanca (Legge n. 4/2004), che per prima in Europa ha dato il “la” al tema dell’accessibilità ICT, andando oltre il Web. Perché il problema dell’accessibilità non si limita solo al Web, ma impatta in tutta la filiera ICT: dal personal computer, al sistema operativo, ai software installati nei computer e nelle periferiche mobili. Avere prodotti sviluppati per essere direttamente accessibili porta un beneficio a tutti gli utenti, senza togliere performance e usabilità agli utenti che non necessitano di caratteristiche particolari. Prendiamo ad esempio un’applicazione software installata in un computer. Un utente potrà utilizzarla normalmente mentre altri utenti potrebbero avere necessità di ingrandire i caratteri, aumentare il contrasto tra testo e sfondo, ottenere un supporto audio potendo interagire con l’applicazione tramite un lettore di schermo.

Tutto questo non è fantascienza, è possibile grazie a delle “regole di sviluppo” che – se applicate – consentono di non discriminare nessun utente.

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