Accessibilità non è solo rimuovere gli ostacoli allo svolgimento del compito assegnato, ma promuovere la reale autonomia della persona attraverso la valorizzazione delle sue risorse.
Non esiste una ricetta valida per tutti i casi: ci sentiamo tuttavia di avanzare dieci punti di riferimento per chi volesse iniziare a ipotizzare un ambiente IT per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Nulla di strutturato: solo alcune idee derivate da un’esperienza pluriennale (nel nostro caso più di 25 anni) di attività sul campo.
Accessibilità siti PA: tutto sulle nuove modalità per definire e pubblicare gli obiettivi
Accessibilità digitale: sostenere la motivazione al lavoro
Come è noto e rilevato da numerosi studi, lo stipendio, la possibilità di avere un reddito ed un’autonomia finanziaria non è l’unico fattore stimolante che sostiene la motivazione al lavoro.
Col lavoratore svantaggiato occorre mettere in rilievo tutte le motivazioni collaterali: il prestigio sociale, il senso di appartenenza ad una comunità, l’autostima per i risultati raggiunti. In generale, è bene spiegare che le aspettative personali possono trovare una risposta positiva nell’attività lavorativa.
Spesso siamo in presenza di persone con percorsi scolastici frammentati, con ridotto entourage amicale, scarsa conoscenza degli eventi sociali, chiusura all’interno dei propri ambiti mentali e/o fisici, situazioni familiari non propositive verso il lavoro, magari perché oberate da altri problemi o per scarsa cultura.
Per tutti questi motivi occorre evidenziare le motivazioni che spingono l’impegno lavorativo, senza dare per scontato che siano già presenti nel lavoratore.
Accessibilità digitale: personalizzare la postazione di lavoro
È probabile che il lavoratore sia inserito in una postazione di una rete: in questo caso è importante creare un account personale, magari che richiami il nome dell’interessato, spiegando che questo è il suo ed è importante per il suo lavoro.
Anche la scrivania dovrebbe essere possibilmente sempre la stessa, per creare un rapporto identificativo tra la persona la sua collocazione e le sue mansioni. Nel caso in cui, per ragioni organizzative, si renda necessario cambiare scrivania, è opportuno motivare con dovizia di particolari il cambiamento.
Accessibilità digitale: usare le tecnologie in modo mirato
La prima cosa da fare è quella di verificare se il lavoratore svantaggiato usi già degli ausili informatici o di altro tipo nella sua vita quotidiana.
Nel caso in cui effettivamente la persona utilizzi ausili per conto suo e siano fondamentali per l’accesso allo strumento informatico, saranno adottati e resi utili al processo produttivo.
Una volta individuate le risorse di supporto al processo lavorativo, si inviterà il lavoratore a mantenere tali impostazioni per verificare, in un lasso di tempo ragionevole, la loro effettiva utilità, evitando continui cambiamenti che portano via tempo e confondono le idee sul loro uso migliore.
Accessibilità digitale: scegliere i task più adatti
Ci sono scelte evidenti: non possiamo mettere un cieco a fare grafica, così come un sordo non potrà trascrivere un file audio.
Ma ci sono anche situazioni meno evidenti: una persona che ha il terrore di sbagliare e di assumersi responsabilità non potrà trascrivere del testo scritto a mano, così come uno straniero che non conosce bene l’italiano è più opportuno che faccia inserimento dati di numeri.
Chi non ha confidenza o piacere nell’uso del computer, potrà sempre essere utilizzato nella preparazione dei documenti di carta. Chi non ha una manualità sufficientemente fine non toglierà i punti dai fascicoli, ma riordinerà i documenti secondo un ordine indicato.
Accessibilità digitale: semplificare i processi
Generalmente, la semplificazione dei processi produttivi avviene nelle lavorazioni ripetitive e di lunga durata, ma se il lavoratore è svantaggiato occorre in tutti i casi approntare processi semplificati.
Non si potrà dare in mano all’operatore svantaggiato fogli di carta per fare l’inserimento dati, ma, anche se la scansione non è richiesta dal cliente, il documento cartaceo andrà comunque digitalizzato e posto, con un apposito software, sul monitor a fianco al form che accoglierà i dati. Le soluzioni a scelta limitata (spunte e opzioni a tendina) saranno le più produttive e gradite all’operatore medesimo.
Organizzare il lavoro per step precisi e ripetitivi, rappresenta un’altra chiave di volta: si otterranno prestazioni più costanti e nel contempo si drenerà l’ansia che spesso è presente in questi operatori.
Accessibilità digitale: spiegare in dettaglio i vari passaggi
Si ricordi di non dare nulla per scontato e di spiegare fin nei minimi particolari le varie tappe procedurali, curando altresì l’illustrazione delle motivazioni, per cui si deve fare in un certo modo e non in un altro.
Queste spiegazioni probabilmente devono essere ripetute nel tempo, magari non in momenti strutturati, come riunioni, briefing o altro, ma preferibilmente durante le lavorazioni, quando si palesa l’errore o si devia dal percorso stabilito.
Accessibilità digitale: cosa è cambiato negli ultimi decenni
Il computer ha ucciso la creatività? Parlatene a un paraplegico, che prima degli anni 90 non poteva iscriversi ad una facoltà scientifica perché non poteva fare calcoli complessi, disegnare e nemmeno scrivere senza dettare a qualcuno.
Di fronte a un sistema informatizzato, ci poniamo il problema della accessibilità, ma a che cosa? Non certo ad un mostro indomabile, ma ad una grande opportunità, che ha cambiato la vita e il lavoro di molti disabili.
I primi computer non potevano parlare: per diversi anni, l’utilizzatore si è trovato di fronte ad uno schermo nero, se non addirittura di un orribile verde, con il testo che scorreva dal basso verso l’alto, quando andava bene. In altri casi, il testo debordava a destra e a sinistra, per cui bisognava rincorrerlo con i tasti di spostamento.
Ma ecco venire in soccorso dei non vedenti, che fino a quel momento avevano avuto accesso soltanto alla scrittura braille su carta, i primi software di lettura testo e la barra braille sul bordo inferiore della tastiera, che comunicava ai polpastrelli i caratteri che comparivano sullo schermo.
Già, la tastiera, così piccola e sfuggente per chi ha distonie agli arti superiori o non riesce ad aprire bene le dita. Ed ecco comparire le tastiere espanse, con la possibilità di attivare i tasti con il pugno e fare la combinazione di più tasti grazie a software dedicati. Software che spesso si inceppavano e portavano al riavvio del sistema, ma che in qualche modo consentivano il pieno uso del computer con una mano sola.
L’introduzione della grafica come interfaccia tra l’uomo e la macchina ha sbloccato in maniera definitiva il campo d’azione dell’informatica: per i non vedenti si è venuta a creare una nuova barriera che ha impedito un pieno utilizzo dei personal.
I software dedicati alla voce per la lettura dei testi arrancano nel mare di pixel alla ricerca di un testo da leggere e naufragano sul web quando si tratta di passare da un frame all’altro.
Il mouse è assolutamente proibitivo per i non vedenti, ma lo è anche per i paraplegici con difficoltà nell’uso degli arti superiori. C’è una differenza nell’utilizzo e non è piccola.
Mentre per il cieco, la grafica è un inutile impaccio e da una parte o l’altra dello schermo è una opportunità improponibile, tant’è che si è optato per l’uso del tasto tab per raggiungere testo e link vari, diverso è per chi vede ma non può usare il mouse perché schizza da una parte all’altra e quando si clicca bisogna tenerlo fermo.
In questi casi, si sono adottate diverse strategie per puntare sullo schermo. Tra le soluzioni hardware, il trackball, una pallina dentro a un supporto: muovendola si sposta il puntatore del mouse, fermandola il puntatore si blocca e diventa più agevole cliccare.
Il joystick è una soluzione simile ma evita la precarietà del far girare la pallina e consente di essere afferrato solidamente.
L’altra soluzione trovata è di tipo software e trasforma il tastierino numerico in un mouse virtuale, con quale è possibile spostare la famosa freccetta e cliccare, all’occorrenza trascinare, sia il pulsante sinistro che quello destro. Un sistema lento ma efficace, di grande aiuto soprattutto nei movimenti fini, consigliabile anche per i normodotati che fanno grafica o giocano con i videogame.
Accessibilità digitale: evidenziare gli obiettivi raggiunti
Se la celebrazione degli obiettivi raggiunti si addice ai lavoratori giapponesi o orientali in genere, a maggior ragione deve valere per le persone svantaggiate.
Ciò può essere fatto in situazioni strutturate (feste, celebrazioni), ma soprattutto nella quotidianità, per rafforzare giorno per giorno l’autostima e l’amor proprio.
Utilizzare gli errori per spingere al miglioramento
L’errore, il ritardo sul lavoro, le perdite di tempo, la mancanza di autocontrollo vanno sempre segnalati all’interessato, ma con l’accortezza costante di evidenziare i possibili rimedi, l’invito ad auto-migliorarsi, cercando di capire insieme all’interessato da dove nasce il problema e come risolverlo.
La mortificazione del lavoratore non è un obiettivo aziendale, tanto meno se si tratta di un lavoratore svantaggiato.
Coinvolgere il contesto familiare sull’andamento del lavoro
Può succedere che certe abitudini o atteggiamenti familiari rappresentino un ostacolo per una serena vita lavorativa.
Si provvederà in questi casi a segnalare il problema alla famiglia e utilizzando le leve a disposizione (reddito garantito dal lavoro, prestigio per il congiunto e tutti gli altri vantaggi offerti dallo status di lavoratore) per avviare un processo capace di rimuovere l’impedimento in questione.
Allo stesso modo, si provvederà a segnalare il successo ottenuto per rafforzare la stima del contesto familiare ed amicale verso il congiunto svantaggiato, per poter gestire gli eventuali momenti di crisi riferiti alla persona o più in generale di carattere oggettivo.
Creare occasioni di aggregazione aziendale
Le occasioni di aggregazione aziendale sono importanti per tutti, ma in particolare per i lavoratori svantaggiati, che più di altri trovano nel senso di appartenenza un motivo identitario importante e difficilmente sostituibile.
Conclusioni
Le dieci regole sono basate su esperienza e buon senso, ma possiamo garantire che l’insieme di queste misure può veramente aiutare l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Ci accorgiamo solo ora che i suggerimenti proposti possono, e dovrebbero, valere per tutti gli ambienti lavorativi, ma tant’è ciò che viene studiato per i disabili, finisce poi per essere esteso a tutta la popolazione.