Quando si parla di siti, app e tecnologie si fa sempre riferimento alla grande capacità che questi strumenti hanno nel semplificare ed automatizzare attività lavorative, servizi e prodotti. Ma gli standard che tali soluzioni propongono sono alla portata di tutti? Non sempre, infatti a volte dimentichiamo l’importanza di riconoscere le diversità individuali. E proprio in questo contesto che risulta necessario parlare di accessibilità informatica, per garantire a tutti, inclusi coloro che necessitano di specifiche attenzioni, l’accesso al mondo digitale.
Accessibilità, dalla Legge Stanca allo European Accessibility Act
Per tutelare le persone fragili o con disabilità, già nel 2004 era stata emanata la Legge Stanca, la quale mirava a garantire l’uguaglianza di accesso a tutti i servizi online, promuovendo l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo digitale e assicurando che nessuno rimanga escluso.
A dieci anni dalla normativa è stato infine emanato l’European Accessibility Act, che fa seguito a un impegno assunto dall’UE e da tutti gli Stati membri al momento della ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone fragili e con disabilità.
Si prevede che tale provvedimento semplificherà la vita a circa 87 milioni di persone con disabilità, anche temporanea, e alle persone anziane. Le linee guida in esso contenute faciliteranno l’accesso di queste persone ai trasporti pubblici, ai servizi bancari, ai computer, alle TV, agli e-book, ai negozi online, siti, ecc.
L’European Accessibility Act prevede inoltre l’adeguamento da parte di tutti quei soggetti che erogano un servizio o prodotto. Una prima tappa è quella del 28 giugno 2025, in cui le imprese con oltre 500 milioni di fatturato dovranno corrispondere a tali standard per dare pari opportunità di accesso a tutti i cittadini europei, anche i più fragili. A seguire tutte le altre realtà imprenditoriali dovranno adeguarsi alla normativa europea entro il 2030.
I passi necessari per rendere accessibili i propri contenuti digitali
Ѐ innanzitutto necessario eseguire un audit per valutare l’as-is, ovvero lo stato delle cose a livello di tecnologia e di software. A seguire serve poi definire una roadmap di remediation per eventuali mancanze o necessità di integrazione, e procedere all’adeguamento dei propri touchpoint digitali in accordo con i criteri definiti dalle WCAG, le linee guida che hanno orientato il settore sino ad oggi.
Più in generale un’azienda ha il dovere di introdurre uno standard d’intervento sull’accessibilità nei propri processi di quality assurance, oltre a formare i propri dipendenti per comprendere, utilizzare e sviluppare secondo tali linee guida tutti gli strumenti informatici proprietari. Infatti, gli step utili per allinearsi ai requisiti dell’European Accessibility Act devono necessariamente essere supervisionati solo da personale qualificato per poter rendere ogni elemento accessibile e funzionale al proprio scopo
Va inoltre sottolineato come l’European Accessibility Act indica i requisiti funzionali che il prodotto e il servizio devono avere per poter essere definiti accessibili, ma non impone restrizioni tecniche dettagliate. Le aziende, dunque, hanno la libertà di implementare e personalizzare il proprio sito, app o altro purché questo sia accessibile anche per persone con disabilità. Si tratta di una grande libertà che permette di diversificare, di crescere e di innovarsi portando con sé l’importante concetto di inclusività digitale.
Come si stanno muovendo le aziende
Ad oggi molte realtà si stanno affidando a tool o soluzioni di AI per superare un gap che tendenzialmente si incontra quando si parla di adeguamento di strumenti già esistenti, soprattutto quando si tratta di siti web – è infatti molto più semplice creare nuovi prodotti già corrispondenti alle linee di accessibilità piuttosto che modificarne uno.
L’Artificial Intelligence – seppur genericamente migliorativa – molto spesso non garantisce interventi in tema di accessibilità coerenti con le esigenze degli utenti, e genera una minore resa qualitativa finale del prodotto. Quando si parla di accessibilità, il contesto e il messaggio sono fondamentali.
Un esempio sono i testi alternativi che descrivono le immagini ai non vedenti: un essere umano è in grado di capire perché quell’immagine è stata inserita, e quindi scrivere un testo alternativo coerente, mentre l’AI non ha questa sensibilità. Ad esempio, un’immagine di due mani potrebbe avere un significato di “business relationship” e non solo “due mani che si stringono”, o addirittura essere unicamente decorativa ed in questo caso potrebbe essere evitata dagli screen reader.
Questo dimostra come, attualmente, l’AI non sia ancora sufficientemente avanzata per gestire completamente le modifiche necessarie a rendere un sito, un’app o un programma realmente accessibili.
La formazione è l’altro tema da affrontare: ad oggi, infatti, le aziende faticano a trovare figure con competenze in inclusive design e in progettazione e sviluppo per le tecnologie assistive sia nei neoassunti, sia nei professionisti che spesso hanno una formazione non aggiornata alle ultime normative che regolamentano il mercato. Questo crea un gap importante che non permette l’evoluzione e l’innovazione dei sistemi in linea con il concetto di inclusività digitale. Non è possibile “andare avanti” senza considerare tutte le esigenze degli utenti che sono i destinatari finali di un servizio o un prodotto digitale. Questo comporta non solo una mancanza di senso etico, ma anche di potenzialità del proprio business.
Conclusioni
In ultima analisi, non basta solo adeguarsi alle leggi europee, ma è importante creare soluzioni che tengano conto di aspetti umani come la disabilità. Bisogna puntare sugli ingegneri e sui designer di domani, poiché la sensibilità e lo sguardo critico sono elementi che l’AI non può sostituire.