È indubbio che la competizione geopolitica tra le grandi potenze continuerà a giocare un ruolo fondamentale anche nei prossimi decenni, anzi essa è destinata a esacerbarsi sempre di più, soprattutto nel campo tecnologico. La tecnica, difatti, è uno dei motori principali del progresso, perlopiù materiale ed economico, ma essa è temperata dalle correlate risposte sociali e culturali. Per quel che qui interessa, questa competizione è già ora particolarmente acuta nel quinto dominio, quello cibernetico.
Ciò rappresenta un’ulteriore dimensione di complessità in un contesto non sempre decifrabile a prima vista poiché sono all’opera entità non solo guidate da fattori di mercato quanto piuttosto da fattori istituzionali i quali stanno muovendo e manipolando le direzioni delle innovazioni tecnologiche in maniera sottile e, spesse volte, inavvertita.
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Adattamento alle tecnologie: l’accelerazione inferta dal Covid
In termini generali, la crisi pandemica da Covid-19 ha ulteriormente accelerato l’adozione della tecnica. Nel forzato isolamento del lockdown, si è dovuto necessariamente sfruttare l’accesso ai mondi digitali e alle infrastrutture virtuali per continuare a lavorare, fare acquisti, giocare e finanche incontrare in video le persone più care. Le aziende che erano in precedenza restie al lavoro da remoto, pertanto, si sono dovute adattare a un’infrastruttura di lavoro digitale, quasi completamente, dall’oggi al domani. L’esplosione delle applicazioni web per la collaborazione a distanza e per le videochiamate non ha coinvolto solo le imprese e la forza lavoro, ma anche tutti quegli utenti periferici che di solito sono definiti come laggard, vale a dire più lenti ad adottare le nuove tecnologie. In questo caso, le generazioni più anziane e i bambini si sono ritrovati, improvvisamente, a partecipare a videochiamate e a utilizzare i social media, tutti allo stesso tempo, seppur con competenze, capacità e modalità di utilizzo assai diversificate.
L’innovazione e l’adozione della tecnologia richiedono periodi di tempo molto lunghi: il momento in cui qualche artefatto e applicazione viene inventato a quello in cui il suo utilizzo raggiunge una massa critica di utenti si misura in anni se non proprio in decenni. Il punto finale è quello in cui l’utilizzo di tali artefatti e applicazioni diventa così pervasivo da essere accettato culturalmente e socialmente tanto da non essere più considerati come “innovazione”. Solo per esemplificare questo aspetto, Internet ha avuto un’adozione diffusa in circa 20 anni ma il tasso attuale di adozione di alcune tecnologie si è di molto accorciato tanto che gli smartphone e i social media sono divenuti dispositivi indispensabili, per milioni di persone, globalmente intese, nel solo arco temporale di 5 anni dal loro lancio.
La democratizzazione e la volgarizzazione che deriva dalla diffusione della digitalizzazione di massa ha avuto, tra i primi effetti, quelli di coinvolgere aspetti precipui di sicurezza informatica. L’invasione da parte della Federazione Russa dell’Ucraina non ha fatto altro che accentuare questa situazione e mettere ancor più in evidenza che la natura del dominio cyber è a duplice uso: vi è una costante sovrapposizione tra utilizzo militare e civile di tale tecnologia, che oggi come oggi si definirebbe come abilitante, a seguito del paradigma produttivista conosciuto come Industria 4.0.
Tecnologie e disequilibri sociali
Ciò che si sta attualmente sperimentando sono invenzioni che si sovrappongono le une alle altre, assorbendo in esse ambiti che finora le erano state precluse e, contemporaneamente, una diffusione delle innovazioni in ondate esponenzialmente più veloci. E a livello di sistema sociale ciò provoca, inevitabilmente, un disequilibrio, un disadattamento (maladjustment) tra le diverse componenti dello stesso.
Il sociologo statunitense William Fielding Ogburn [1886-1959], a questo riguardo, nel suo influenziale “Social change with respect to culture and original nature”, datato oramai più di un secolo fa (1922), aveva coniato il termine di ritardo culturale (cultural lag). «These changes that we see taking place all about us are in that great cultural accumulation which is man’s social heritage. It has already been shown that these cultural changes were in early times rather infrequent, but that in modern times they have been occurring faster and faster until to-day mankind is almost bewildered in his effort to keep adjusted to these ever-increasing social changes. This rapidity of social change may be due to the increase in inventions which in turn is made possible by the accumulative nature of material culture[1]» (Ogburn 1922:199-200).
Al centro del ragionamento di Ogburn vi è una tipica questione che si ritrova agli albori della nascita stessa della sociologia, intesa come scienza sociale, vale a dire l’adattamento sociale; questa materia negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale avrebbe trovato un suo precipitato teorico nel positivismo. In generale, per Ogburn, l’adattamento può essere di due tipi. Uno riguarda l’adattamento dell’uomo alla cultura o, come sarebbe preferibile, l’adattamento della cultura all’uomo. L’altro problema è la questione degli adattamenti, causati come risultato di questi rapidi cambiamenti sociali, tra le diverse parti della cultura. La tesi del libro del 1922 è che le diverse parti della cultura moderna non cambiano tutte insieme, allo stesso ritmo, e che un rapido mutamento in una parte richiede una ristrutturazione attraverso altri cambiamenti nelle altre parti del sistema, le quali sono correlate le une alle altre. A solo titolo esemplificativo, il sottosistema dell’industria e il sottosistema dell’istruzione sono correlati, per cui un cambiamento nel primo richiede degli aggiustamenti nel secondo, attraverso cambiamenti nel sottosistema educativo e formativo.
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Il problema si presenta, dunque, quando un cambiamento avviene prima in una parte del sottosistema e causa cambiamenti in una parte dipendente da essa. Quasi sempre vi è un ritardo nei cambiamenti nella parte dipendente del sottosistema della cultura. La durata di questo ritardo varia a seconda della natura del “materiale culturale”, ma può durare per un considerevole numero di anni, durante i quali si può parlare di un disequilibrio strutturale. Di conseguenza, è di primaria importanza ridurre il più velocemente possibile il periodo di disequilibrio, al fine di realizzare gli opportuni adattamenti culturali e sociali.
IA e sicurezza informatica richiedono una profonda ristrutturazione culturale
Ciò che si può vedere, con maggiore chiarezza, nella fase attuale, è che sono soprattutto due tecnologie quelle che richiedono una profonda “ristrutturazione” culturale, a livello di sistema sociale, perché hanno avuto un impatto così dirompente sulla vita quotidiana di milioni di persone: l’intelligenza artificiale, declinata oramai in molteplici utilizzi, e la sicurezza informatica.
In questo senso, un caso paradigmatico è proprio quello del quinto dominio cyber il quale può essere connotato come una tipica tecnologia a duplice uso, vale a dire concepita e sviluppata a fini politico-militari e riversata, successivamente, in altri ambiti societari. Ebbene, per sua intrinseca natura, il dominio cyber è inerentemente instabile e soggetto a un forte processo di mutamento tecnologico il quale comporta un altrettanto ritardo (cultural lag) e disequilibrio culturale e sociale (maladjustment). Non esiste, infine, uno stato tecnologico conosciuto di approdo finale in quanto si è immersi, oggigiorno, in una competizione geopolitica globale, ad elevata velocità e senza fine, sia a livello di conoscenze scientifiche sia di capacità tecniche. E ogni nuova tecnica informa e migliora quella successiva. Nel dominio cyber gli infiniti livelli di astrazione scientifica, e susseguenti strati di applicazione tecnica, da cui ogni strato deriva il successivo, creano un’intera serie di opportunità di sviluppo e, contemporaneamente, uno stato di possibile vulnerabilità, la quale può essere sfruttata dagli avversari malevoli. Da qui l’ineludibile necessità di un ricorrente tentativo di riduzione del periodo di disequilibrio culturale il quale è possibile mediante una costante educazione e formazione continua alla consapevolezza cyber. A tutti livelli del corpo sociale.
Note
- Questi cambiamenti che vediamo avvenire intorno a noi sono in quella grande accumulazione culturale che è l’eredità sociale dell’uomo. È già stato dimostrato che questi cambiamenti culturali erano nei primi tempi piuttosto rari, ma che nei tempi moderni si sono verificati sempre più velocemente fino a quando l’umanità di oggi è quasi disorientata nel suo sforzo di adattarsi a questi cambiamenti sociali sempre crescenti. Questa rapidità del cambiamento sociale può essere dovuta all’aumento delle invenzioni che a sua volta è reso possibile dalla natura cumulativa della cultura materiale ↑