il caso

Su Fortnite per adescare i minori: il punto sui reati e i nuovi pericoli

Il periodo di lockdown determinato dal covid ha amplificato le emergenze nel contesto della criminalità online, soprattutto verso i minorenni. Per questo, la Commissione Ue ha proposto una sospensione ad alcune normative della Direttiva ePrivacy per favorire la segnalazione di fenomeni di pedopornografia o abusi sui minori

Pubblicato il 03 Dic 2020

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

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Un recentissimo caso di cronaca ha visto protagonista un ragazzo di diciassette anni, solito adescare ragazzini attraverso il celebre videogioco Fortnite; dopo la prima conoscenza, portava la conversazione su altri social per ottenere foto e video sessualmente espliciti di bambini, offrendo ricariche telefoniche o con minacce.

L’aumento esponenziale di queste vicende nel periodo del lockdown ha portato La Commissione europea a proporre una deroga temporanea ad alcune disposizioni della Direttiva 2002/58/CE (la Direttiva ePrivacy, appunto) per facilitare il tracciamento dei cybercriminali.

Il caso di adescamento su Fortnite

La vicenda di cronaca è relativamente recente: nel periodo del lockdown un ragazzo diciassettenne, approfittando della massiccia presenza online di ragazzini, ha colto l’occasione per conoscerne alcuni giocando a Fortnite.

Una volta preso il contatto, li convinceva a spostare la conversazione su Instagram o WhatsApp per poi farsi inviare foto o video sessualmente espliciti con le buone (promettendo cioè ricariche telefoniche) o con le cattive (cioè minacciando).

L’indagine è partita quando una madre ha controllato il telefono del figlio di dieci anni ed ha trovato le chat in cui si facevano le richieste.

Individuato, il diciassettenne è stato indagato e gli sono stati sequestrati tutti i devices.

I reati e le conseguenze

La vicenda è molto grave, così come i reati astrattamente contestabili (per come si possono ricostruire dalle notizie della stampa).

In primo luogo, viene in rilievo il reato previsto dall’articolo 600 ter del Codice penale, ossia la pornografia minorile.

Il reato è sanzionato in maniera molto pesante (reclusione da sei a dodici anni e multa da 24.000 a 240.000 euro) e punisce chiunque realizzi esibizioni o spettacoli pornografici con minorenni o commercializzi il relativo materiale.

Questa ipotesi di reato si integra nei casi in cui i minori conosciuti online abbiano mandato spontaneamente foto o video, magari invogliati da qualche utilità, come ad esempio una ricarica telefonica.

Nel caso in cui il materiale sia stato inviato in seguito a minacce (come pare sia avvenuto), vi sarà anche il reato di estorsione, previsto dall’artico 629 del Codice penale. Anche questa fattispecie è punta molto severamente (con la reclusione da cinque a dieci anni e la multa da 1.000 a 4.000 euro).

Va detto che una recente sentenza della Cassazione ha riconosciuto il reto di violenza sessuale (articolo 609 bis del Codice penale) in un’ipotesi in cui la vittima era stata minacciata per ottenere immagini sessualmente esplicite.

Va infine ricordato che, nelle ipotesi in cui il contatto non porti direttamente ad ottenere materiale pornografico da minori, sarà configurabile il delitto di adescamento di minorenne, punito dall’articolo 609 undecies del Codice penale con la reclusione da uno a tre anni.

Per adescamento deve intendersi qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce.

Le sanzioni, trattandosi di un minorenne, per quanto quasi maggiore di età, difficilmente saranno quelle draconiane previste dalle norme descritte.

È infatti verosimile – e auspicabile, trattandosi di un minore – che vengano messi in atto presidi seri per cercare di recuperare il diciassettenne protagonista della vicenda.

Nel procedimento a carico di minorenni, infatti, è raro che la sentenza preveda la reclusione, proprio perché si tende a cercare un recupero del minore attraverso strumenti – quali l’affidamento ai servizi sociali – finalizzati ad un reinserimento pieno della persona.

La proposta della Commissione europea

Questo caso di cronaca fa capire con chiarezza quali siano le emergenze nel contesto della criminalità online, soprattutto verso i minorenni. Il periodo di lockdown determinato dall’emergenza coronavirus, infatti, ha determinato un sensibile aumento di casi simili a quello raccontato.

Per queste ragioni la Commissione europea ha ritenuto opportuno proporre una sospensione ad alcune normative previste dalla ePrivacy Directive, ossia la n. 2002/58/CE.

In particolare, per favorire pratiche di prevenzione tra privato e pubblico finalizzate alla segnalazione di fenomeni di pedopornografia o abusi sui minori in genere, la Commissione ha proposto la sospensione, dal 31.12.2020 al 31.12.2025 del paragrafo 1 dell’articolo 5 e dell’articolo 6 della Direttiva stessa.

La sospensione avverrebbe con l’inserimento regolamentare di norme temporanee che fissino con chiarezza e precisione gli ambiti di sospensione e che consentano individuazione e rimozione di materiale pedopornografico e la segnalazione di abusi sessuali su minorenni online in generale.

Va detto che la sospensione sarebbe necessaria per consentire ai provider di utilizzare le tecnologie, che già hanno implementato, per ridurre il diffondersi di reati online sui minorenni.

Conclusioni

Se, da un lato, l’iniziativa della Commissione appare idonea a tutelare i minori online, dall’altro non si può negare che, a fronte di una maggior prevenzione per alcuni reati, inevitabilmente si assiste ad una compressione di diritti.

In ogni situazione in cui il legislatore (nazionale o europeo) deve decidere tra maggiori libertà e maggiori rischi o attenuazione dei rischi a fronte di minori libertà si deve effettuare un contemperamento di interessi, sapendo che, inevitabilmente, a qualcosa di deve “rinunciare”.

In ogni caso, la generazione dei bambini nati dopo il 2010 è particolarmente vulnerabile a rischi legati alla criminalità online perché, da nativi digitali, possono sottovalutare i rischi se non adeguatamente indirizzati – e controllati -da famiglia e scuola.

I genitori, a loro volta, devono essere consapevoli dei rischi cui vanno incontro i propri figli semplicemente aprendo un dispositivo, e devono anche essere in grado di spiegare che, anche nel 2020, su internet, “non si devono mai accettare caramelle dagli sconosciuti”.

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