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Agenzia, un piano per diffondere le competenze digitali

Bisogna superare il grande equivoco dei nativi digitali. Sapere usare strumenti è cosa diversa dall’avere le competenze funzionali necessarie. Così l’Agenzia per l’Italia Digitale ha istituito un tavolo per fare il “piano nazionale della cultura, della formazione e delle competenze digitali”

Pubblicato il 25 Nov 2013

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Penso che ormai sia incontestabile e incontestato che l’incompetenza digitale nel nostro Paese sia un’emergenza non diversa da quella dell’analfabetismo degli anni del Dopoguerra. Con una difficoltà in più, legata al fatto che

· la competenza digitale può essere raggiunta solo sulla base di una competenza funzionale che oggi sta regredendo progressivamente;

· troppo spesso la competenza digitale è stata ed è confusa con la capacità di utilizzo dei dispositivi, e il suo sviluppo viene confuso con l’alfabetizzazione informatica.

L’abbaglio, soprattutto nel secondo caso, ha prodotto la convinzione che il tema dell’incompetenza digitale riguardasse soltanto certe fasce d’età e non invece i cosiddetti “nativi digitali”, come se la capacità di usare uno smartphone , comunicare via facebook, o anche scaricare video e musica potesse comprendere anche, ad esempio, la capacità di navigare in rete con consapevolezza e spirito critico.

Su questo aspetto, l’ultimo recente studio dell’Università Bicocca, ottimamente commentato da Paolo Attivissimo, è particolarmente significativo, lì dove identifica, tra gli studenti dell’indagine, delle carenze notevoli di comprensione del contesto web e del tema delle fonti (un tema “base” dell’information literacy) da parte degli studenti, così come una bassissima percentuale in grado di costruire (siti, contenuti) in rete. Oppure, lì dove si riscontra la presenza della correlazione a U tra uso della rete ed efficacia nell’apprendimento, e il maggior apprendimento si rileva nell’uso moderato della rete e non agli estremi.

Abbaglio che tra l’altro rischia di passare anche nell’identificazione degli strumenti per la costruzione di una competenza digitale, trascurando la competenza funzionale che ne è sostrato integrante e dando all’attrezzatura tecnologica un ruolo maggiore della metodologia e dell’approccio di apprendimento.

Ma se crediamo che uno dei maggiori fattori di importanza delle competenze digitali sia il fatto che esse sono oggi essenziali per l’esercizio pieno della cittadinanza e, nel campo professionale e lavorativo, condizioni di base per la trasformazione economica e sociale necessaria, ecco che il tema è da trattare come “il tema vitale” per la costruzione del futuro del nostro Paese e per realizzare le condizioni per la rinascita economica e sociale.

E la gravità della situazione è ancora di più stata evidenziata dal rapporto OCSE sull’e-government, lì dove emerge che il ritardo percentuale italiano di cittadini che utilizzano i servizi di egovernment è abbastanza uniformemente distribuito tra le fasce d’età. Se è vero, infatti, che il nostro Paese soffre di una popolazione giovanile molto ridotta, e tra l’altro anche non molto competente dal punto di vista digitale, d’altra parte il ritardo nell’uso dei servizi di egov è evidente in tutte le fasce d’età. Sia nella fascia d’età oltre i 64 anni (meno del 10% usano i servizi di egov contro il quasi 30% di Francia e Regno Unito) sia, in modo molto più marcato, in quelle 16-24 (meno del 20% italiani contro il 60% dei francesi) e 25-34 (qui in tutti i principali Paesi europei si rilevano percentuali di utenti di egov più che triple rispetto all’Italia). Quindi l’intervento è urgente e allo stesso complesso anche per le dimensioni molto significative del fenomeno.

Che fare? Certamente è essenziale che questo tema assuma davvero una valenza strategica nelle politiche del governo e delle istituzioni. Non basta dichiararlo. Bisogna acquisire davvero la consapevolezza che si tratta di un nodo dirimente che non può essere affrontato né in modo isolato dalle altre politiche socio-economiche (sui diritti, sul lavoro, sullo sviluppo economico) né da parte di un solo ministero, ente, regione, ente locale. È un tema di riconfigurazione e trasformazione sociale e quindi non può che essere affrontato con un approccio di rete, valorizzando le energie e le risorse su tutti i livelli di possibile intervento, ma sulla base di una strategia organica, di Paese, che guardi alle specificità italiane con l’ottica europea ed internazionale.

In assenza ancora di una compiuta Agenda Digitale italiana, è allora da valorizzare l’iniziativa dell’Agenzia per l’Italia Digitale che ha costituito un Tavolo di Coordinamento su questo tema, dandosi l’obiettivo della promozione di un “piano nazionale della cultura, della formazione e delle competenze digitali”. Un Tavolo multistakeholder in cui sono presenti esponenti delle istituzioni, dei rappresentanti delle associazioni di imprese e di lavoratori, e in cui manca una rappresentanza delle associazioni di cittadini, probabilmente nella perdurante assenza di una norma sulla partecipazione (sempre più urgente) che ne regoli e ne faciliti la presenza.

Il Tavolo ha iniziato i suoi lavori costituendo più gruppi, indirizzati alle tre aree di intervento che sono state riconosciute e condivise:

· l’area dei cittadini, che hanno bisogno delle competenze digitali di base per poter esercitare i propri diritti e poter partecipare attivamente alla trasformazione sociale (quante volte è stato detto e scritto che non si può parlare di smart city se non ci sono smart citizen e non c’è partecipazione?), “consapevolmente digitali”;

· l’area specifica dei professionisti ICT che diventano sempre più una fascia di popolazione bistrattata e al tempo stesso preziosa se un Paese vuole avere l’ambizione di non regredire verso lo stadio paludoso del consumatore di tecnologie altrui;

· l’area di tutti i lavoratori, per i quali le competenze digitali diventano condizione essenziale per svolgere in modo efficace e creativo le proprie attività, nei diversi settori, dalla pubblica amministrazione alla scuola, dalle imprese alle società di servizi.

La scommessa di base è che quindi questo tema possa essere affrontato secondo un indirizzo strategico comune e declinato nei diversi campi di applicazione, tenendo conto dei diversi tipi di destinatari (per cultura, fascia d’età, occupazione) e garantendo le condizioni normative necessarie. E la scommessa ancora maggiore è che questa iniziativa si possa correlare strettamente con quanto andrà realizzando il Tavolo di Coordinamento Tecnico sulle Comunità Intelligenti, soprattutto quando si occuperà di concretizzare lo Statuto delle comunità intelligenti, dando forma non solo ai requisiti delle comunità intelligenti, ma necessariamente anche alle competenze e alla cultura digitali necessarie perché questi requisiti possano essere soddisfatti. Perché solo in questa stretta correlazione può affermarsi nella pratica il concetto di cittadinanza digitale.

Non solo, ma la sua forza sarà nel metodo di lavoro, che dovrà prevedere un’ampia partecipazione dei cittadini e degli altri stakeholder più rilevanti, una valorizzazione delle esperienze realizzate e in corso, non solo per riutilizzarle, ma anche per metterle in rete, costruendo nella condivisione, nella rete di scambi, un generatore di valore. Allo stesso tempo, dovranno essere create le condizioni perché si definisca una governance che renda non progettuale questo approccio, ma che lo consolidi come meccanismo virtuoso per la gestione dello sviluppo continuo delle competenze digitali e della cultura digitale nel nostro Paese, assicurando nel tempo il coordinamento e la correlazione delle iniziative, anche dal punto di vista delle risorse. Per mettere a sistema il cambiamento, per rendere possibile e accelerare la trasformazione profonda di cui abbiamo bisogno: la rivoluzione della consapevolezza digitale.

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