norme e diritti

AI Act e riconoscimento facciale: i rischi di delegare la questione agli Stati membri



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L’Italia, come gli altri Stati Membri, ha un ruolo cruciale nell’attuazione dell’Ai Act, specialmente nella definizione dell’uso dei sistemi biometrici e nella scelta dell’autorità competente per l’autorizzazione. Vediamo perché rimettere tale scelta agli Stati Membri apre a una serie potenziale di utilizzi massivi di sistemi lesivi dei diritti fondamentali

Pubblicato il 26 apr 2024

Federica Paolucci

Fellow DPO innovation



facial recognition riconoscimento facciale

Dopo mesi di negoziazione, con un’incredibile maggioranza raggiunta nel voto del 13 marzo 2024 (523 voti favorevoli), il Parlamento europeo ha completato l’ultimo passaggio formale che traghetterà il regolamento “AI Act” verso la sua concreta applicazione.

La norma in questione promette di regolare gli utilizzi di IA dividendoli per grado di rischio: a partire da quelli considerati inaccettabili per una società democratica, sino a quelli blandi. Pertanto, gli obblighi entreranno in vigore gradatamente, a seconda dell’area di rischio.

A sei mesi dalla pubblicazione del regolamento, saranno già applicabili le norme relative agli usi proibiti di IA. Vista l’imminente entrata in vigore di queste disposizioni, e il necessario ruolo dell’Italia, come del resto degli Stati Membri, nel renderle effettive, ci soffermiamo di seguito sull’uso dei sistemi di riconoscimento biometrico e sui rischi di delegare agli Stati membri la scelta dell’autorità competente ad autorizzarne l’utilizzo.

L’IA e le sfide per l’umanità

L’Intelligenza Artificiale (IA o AI) è una sfida per l’umanità, specie per assottigliare il contatto sempre più onnipresente tra umanità e tecnologia.

Come ha spiegato Padre Benanti, Presidente della Commissione italiana sull’Intelligenza Artificiale, l’uomo ha sempre tentato di riflettere la propria visione del mondo nelle innovazioni tecnologiche. Con l’IA, tuttavia, questa attività viene messa alla prova dalla forza creativa di questi strumenti che, sebbene privi di una loro intelligenza, influenzano le nuove definizioni di antropocentrismo e sapere creativo tipico degli esseri umani, come nota anche la scrittrice Chiara Valerio.

Usi proibiti di IA: lo scenario europeo

Il Regolamento europeo sull’IA identifica come usi a rischio proibito i seguenti: (i) sistema di IA che impiegano tecniche subliminali al di là della coscienza di una persona o tecniche deliberatamente manipolative o ingannevoli; (ii) sistemi di social e credit scoring, vale a dire strumenti già applicati in diverse parti del globo, ad esempio in Cina, per valutare o classificare persone fisiche per concedere loro l’accesso a servizi sociali, quali ad esempio bonus statali o misure di welfare;(iii) sistemi che sono in grado di valutare o classificare le persone in base ai loro comportamenti, ad esempio fare prognosi rispetto alla commissione di un reato; (iv) sistemi biometrici a utilizzo real time e in spazi aperti al pubblico, per scopi di polizia, come l’utilizzo del riconoscimento facciale.

Sistemi biometrici e regolamentazione dell’IA

Un’analisi puntuale meritano gli snodi relativi alla regolazione di usi specifici di IA promossi dal regolamento. In particolare, notevoli complessità tecnico-interpretative si profilano con riguardo all’uso di sistemi di riconoscimento biometrico di cui agli artt. 5, 6 e 27 del regolamento.

Difatti, quest’ultimo distingue tra usi ‘real time’ e usi ‘post’, vale a dire, tra sistemi di acquisizione di dati biometrici in cui il confronto tra volti avviene in modalità istantanea e diretta, e sistemi, invece, in cui i dati biometrici sono già stati acquisiti, e il confronto o l’identificazione avvengono in un secondo momento.

Tale distinzione era già stata criticata dal Garante Europeo per la Protezione dei Dati Personali, perché trattasi di differenziazione prettamente tecnica, che non alleggerisce il peso sofferto dai diritti fondamentali dei singoli, laddove pratiche di sorveglianza dovessero essere applicate. Come ha dimostrato una recente sanzione del Garante per la Protezione dei Dati Personali italiano, occorre prestare adeguata attenzione al livello di intrusività nella sfera privata delle persone fisiche, specie quando le autorità pubbliche fanno usi di questi sistemi e anche quando l’utilizzo del riconoscimento facciale è “meramente propedeutic[o] allo sviluppo di nuove tecnologie, come, […] nel caso dell’addestramento di algoritmi di intelligenza artificiale” (Provvedimento n. 5 dell’11 gennaio 2024).

Nella cornice regolatoria delineata dall’AI Act, è consentito l’utilizzo di sistemi di real time biometric identification da parte delle autorità di contrasto in spazi accessibili al pubblico, ossia di quei sistemi di riconoscimento facciale utilizzati senza una latenza tra il momento di acquisizione del dato e il riconoscimento della persona individuata. Al contempo, il regolamento prevede una serie di eccezioni notevoli e chiaramente definite, elencate all’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), soggette a una serie di salvaguardie, tra cui misure di monitoraggio e supervisione nonché obblighi di segnalazione a livello di UE.

Il ruolo degli Stati Membri nella regolamentazione dell’IA

Nonostante il regolamento abbia un’applicazione diretta, alcuni aspetti sono rimessi alla definizione degli Stati Membri. In particolare, è fatto mandato a questi ultimi di individuare le modalità di utilizzo dei sistemi biometrici, rispetto alla procedura di autorizzazione da seguire. È vero che il regolamento individua dei margini entro il quale l’utilizzo di questi sistemi deve essere effettuato, ma contiene anche diverse zone grigie.

La scelta dell’autorità competente ad autorizzare l’utilizzo del riconoscimento biometrico

Ad esempio, è rimessa agli Stati Membri la scelta dell’autorità competente ad autorizzare l’utilizzo del riconoscimento biometrico, che quindi potrà essere un’autorità giudiziaria o un’autorità amministrativa indipendente, come stabilito all’articolo 5, paragrafo 2. Rimettere tale scelta agli Stati Membri apre a una serie potenziale di utilizzi massivi di riconoscimento facciale, la cui autorizzazione, pertanto, potrebbe venire anche al di fuori del controllo di merito e di legittimità da parte dell’autorità giudiziaria.

Ci sono diverse ragioni per cui gli Stati membri dovrebbero orientarsi verso un’autorità giudiziaria. La principale è quella di garantire l’indipendenza giudiziaria e la trasparenza di una decisione che ha un forte impatto sui diritti dell’individuo, come è stato chiarito dalla Corte di giustizia europea nella causa Corbiau, C-24/92 (par. 15).

Indipendenza giudiziaria vs autorità amministrativa

In questa decisione, la Corte ha attribuito una notevole importanza all’idea di indipendenza nel definire se un organismo costituisce una corte o un tribunale. Questa enfasi non sorprende, dato che il principio fondamentale dello Stato di diritto si basa sulla controllabilità delle decisioni prese dalle autorità pubbliche attraverso tribunali indipendenti. Pertanto, il criterio dell’indipendenza è ampiamente considerato come il fattore più cruciale che distingue i tribunali nazionali dalle autorità amministrative. Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) nel caso Glukhin v. Russia (ricorso n. 11519/20), ha sottolineato che la procedura per autorizzare l’uso del riconoscimento facciale negli spazi pubblici era carente.

Tale carenza era da attribuirsi alla mancanza di garanzie adeguate, poiché “è necessario un alto livello di giustificazione per poterle considerare necessarie in una società democratica, […]” (par. 86). In sostanza, si può ritenere che la garanzia dell’indipendenza giudiziaria soddisfi il criterio del più alto livello di giustificazione.

Pertanto, fatto salvo il principio dell’indipendenza procedurale, è essenziale che gli Stati membri stabiliscano che l’autorità giudiziaria sarà l’unica responsabile di tale autorizzazione, al fine di non compromettere i diritti e garantire l’equità procedurale.

Il ruolo dell’Italia

È qui che il ruolo dell’Italia diviene cruciale. Far dipendere l’utilizzo di un sistema così potenzialmente invasivo – come il riconoscimento facciale – dall’autorizzazione di un’autorità indipendente, anziché di un’autorità giudiziaria, è dannoso per il controllo di legittimità che verrebbe garantito dalla seconda.

Il potere giudiziario è, difatti, sottoposto a una serie di garanzie di indipendenza ed effettività dell’esercizio dei diritti tale da rappresentare il più alto grado di tutela per gli individui: un criterio che, come si diceva, è stato invocato anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per l’impiego di strumenti a riconoscimento biometrico (Glukhin c. Russia, cit.). Sarà, quindi, importante dedicare un’adeguata attenzione da parte della politica nazionale a quelle clausole aperte del regolamento che lasciano agli Stati Membri un margine di manovra, nell’ottica di riflettere, anche nell’uso di IA, una visione del mondo rispettosa dei diritti.

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