Anche l’elaborazione di una commedia, di una intera sceneggiatura, può essere lasciata, in via sperimentale, alla creatività degli algoritmi.
L’esperimento THEaiTRE
L’hanno fatto Università Carolina di Praga e gli esperti dell’Accademia delle Arti performative di Praga e del teatro Svanda, in occasione del centenario dell’utilizzo del termine “robot” nello spettacolo teatrale (nella specie RUR del 1920).
Hanno ribaltato l’evento, che, appunto, cento anni prima si era verificato con la messa in scena della prima opera scritta dagli uomini per i robot, e invertire i ruoli, adoperando i robot per scrivere un’intera sceneggiatura messa poi in scena da attori professionisti.
THEaiTRE è il nome del progetto condotto con l’obiettivo di rendere omaggio alla ricorrenza: l’opera prodotta dai robot, il cui studio è iniziato già nel 2020, è andata in scena nel febbraio di quest’anno. Dietro di essa, un lungo lavoro di carattere sperimentale, il primo che ha avuto l’ardire di far sviluppare a degli algoritmi un’intera storia, dall’inizio alla fine, suddividendo il lavoro in parti più piccole al fine di rendere più agevole la gestione dei risultati, ma assemblando il tutto in un unico spettacolo. L’opera dell’uomo, nel caso di specie, si è, pertanto, limitata solo a riempire potenziali lacune, e si è sostanziata in un’attività del tutto marginale.
Il risultato prodotto ha fornito certamente spunti di profonda riflessione, sia quanto all’esperimento in sé, che in merito ai contenuti del progetto realizzato e messo in scena.
Il contenuto dell’opera
Tecnicamente è stato adoperato come modello per sviluppare l’opera il Gpt-2 (sviluppato dall’open source OpenAi) che funziona come generatore di testi secondo modalità cd. predittive, ossia formulando ipotesi tra termini che potenzialmente potrebbero essere tra loro combinabili.
Realizzare un’intera opera adoperando un sistema di combinazioni, sia pur predittive, generate secondo algoritmi è stato certamente un progetto ambizioso che ha fatto emergere delle potenziali distorsioni, anche se, nell’intento di creare opere innovative, la stessa distorsione potrebbe essere vista come un risultato plausibile o dare spunto a nuove sperimentazioni.
Al fine di strutturare il testo, l’attività, come detto, è stata ripartita in alcune sottosezioni, più gestibili per generare combinazioni di testi.
Dal percorso attraverso le combinazioni che si sono create, sono emersi temi di particolare rilievo ai fini dell’impostazione della trama, alcuni dei quali strettamente connessi alla sfera creativa/emotiva di solito valorizzata dagli autori.
Ci si riferisce a temi quali la solitudine o l’amore, la comicità o le performance e il sesso. Su quest’ultimo sembra che il racconto abbia generato un personaggio ossessionato dal sesso, pur tuttavia secondo canoni anche in parte desueti. Probabilmente il risultato è stato determinato dalle informazioni immagazzinate, “il che potrebbe non essere sorprendente, data la prevalenza della pornografia su Internet”.
Quanto alla storia, “il dramma ha al centro un protagonista robot, interpretato da Jacob Erftemeijer, che viaggia attraverso scene non sequitur con l’aria di un Frankenstein smaltato dei giorni nostri, indossando le zeppe di un classico zombi. Il suo maestro, Viktor (proprio come nella storia di Mary Shelley), è morto e deve lottare da solo con la razza umana. Incontra donne per lo più sensuali e suggestive che gemono, girano e si gettano ai suoi piedi”.[1]
Da quanto riportato nell’articolo sembra che ci sia davvero poco di romantico nella rappresentazione, c’è un modo grezzo di concepire il contatto con l’altro sesso ed anche il desiderio non è frutto di uno slancio né sentimentale né passionale ma solo un prodotto meccanico del quale viene fuori esclusivamente l’aspetto grottesco, come se si trattasse solo di parti del corpo da possedere.
Purtroppo, è come se non si fosse riusciti a far camminare la storia interna con le scene, con il rischio di avere un semplice susseguirsi di rappresentazioni prive però di trama. Nulla di tutto ciò che è stato prodotto con il presente esperimento ha a che vedere con le rappresentazioni alquanto romantiche cui la penna umana ci aveva abituato: non ci sono i canoni del robot innamorato, che supera i propri freddi confini per vivere esperienze il più vicine possibili al mondo umano.
Nel racconto, in questo racconto, si assiste alla rappresentazione di un robot lanciato su una scena ma sostanzialmente estraneo alla stessa, colpito dagli esseri che incontra solo per evidenziarne aspetti sessuali con un linguaggio fondamentalmente piatto ed inadatto ad esprimere passioni o desideri profondi.
Una riflessione sulle aspettative future
Ma quali possono essere, in concreto, i potenziali sviluppi di questo esperimento?
I risultati, come prevedibile, non sono stati certamente quelli di un prodotto finito, completo, raffinato, quanto, piuttosto, quelli di un prodotto “grezzo” che ha bisogno di essere “indirizzato” verso una scrittura maggiormente affine alla creatività umana.
Probabilmente bisogna tener conto che è solo un primo prodotto, come tale, una potenziale base da cui partire per nuovi sviluppi o progetti creativi.
Certo è che questa esperienza, a parte il dato simbolico, si colloca lungo un percorso che sarà tracciato negli anni futuri. Non è lontana l’idea di generare sceneggiature innovative mediante l’utilizzo di algoritmi.
Ciò su cui, invece, occorre riflettere è l’effettivo apporto che un algoritmo è in grado di dare ad una estensione creativa relativa all’arte. In alcuni contesti, a esempio in ambito musicale, vi sono stati risultati certamente migliori ed infatti, sperimentando l’effetto sui fruitori finali, spesso l’utente non è stato in grado di discernere una reale differenza tra un brano di un autore famoso ed un brano generato adoperando un algoritmo. La musica, in fin dei conti, segue anche logiche codificabili ma anche in questo settore l’autentica creatività della penna umana è qualcosa di ben diverso ed, allo stato, non eguagliabile.
In questo caso, a maggior ragione, probabilmente per la molteplicità di fattori di cui tener conto, c’è ancora tanto, troppo, su cui lavorare.
Il perimetro da governare è certamente più ampio rispetto ad un brano musicale. Qui entrano in gioco aspetti relativi alla scrittura, la sceneggiatura, la storia, l’ambientazione, i sentimenti, per non parlare poi della stessa caratterizzazione dei protagonisti, lo stile, le storie individuali che si fondono nel racconto.
E’, pertanto, inevitabile che tutto ciò necessiti di maggior attenzione, trattandosi di componenti autonome che devono poi essere armonizzate tra loro per dar vita ad un prodotto unico e completo.
Conclusioni
La sfida più affascinante per l’uomo resta questa: fino a che punto siamo in grado di generare e implementare algoritmi che ci superino, ed ovviamente, in questo tipo di sfida, il settore più delicato e complicato da percorrere resta quello emozionale.
Non esistono formule in grado di tradurre le vibrazioni dei sentimenti. Non esistono codici che spieghino come comporre l’amore, l’amicizia, la gioia e come farli emergere da una rappresentazione di eventi. Non esiste un metodo che spieghi quel filo che lega il susseguirsi di una storia e che dà un senso al racconto ed alle varie scene.
Emozioni ed algoritmi restano, alla fine, parti di un binomio davvero difficile da fondere, ma non impossibile, nella misura in cui si accetti l’idea che un’emozione generata mediante l’uso di un algoritmo avrà sempre e comunque connotati ben diversi da quella che può nascere dalla penna sapiente di uno scrittore.
Essa non potrà che essere considerata un tertium genus e potrà essere positivamente valutata nei limiti in cui sia concepita, appunto, come qualcosa di diverso, che viaggia su di un binario differente e che non potrà essere posta al pari della creatività umana.
- https://www.theguardian.com/stage/2021/mar/01/on-the-scene-like-a-sex-obsessed-machine-when-a-robot-writes-a-play-ai ↑