deepfake

AI generativa, la Cina mette i paletti: luci e ombre delle nuove regole

La Cina è uno dei primissimi Paesi a livello mondiale a regolamentare le AI generative. Da un lato assicura la protezione degli utenti dell’internet contro i rischi di una diffusione incontrollata di deepfake, dall’altro, però, rinforza ulteriormente il controllo governativo sui contenuti di Internet

Pubblicato il 10 Feb 2023

Marco Martorana

avvocato, studio legale Martorana, Presidente Assodata, DPO Certificato UNI 11697:2017

Roberta Savella

Docente in materia di diritto delle nuove tecnologie e responsabile per la formazione presso Istituto di Formazione Giuridica SRLS Unipersonale

realtà aumentata

Lo scorso 10 gennaio è entrata in vigore la nuova normativa cinese volta a disciplinare la creazione e diffusione di contenuti ottenuti tramite le IA generative, compresi i deepfake. È uno dei primissimi passi a livello mondiale per regolamentare questo tipo di tecnologie, e non è un caso che sia stato mosso in un Paese in cui i contenuti presenti su Internet sono ampiamente controllati da parte degli enti governativi.

Deepfake, un’insidia che minaccia tutti: i rischi e le tutele

La regolamentazione cinese

Vediamo quindi più nel dettaglio cosa dice la nuova normativa adottata in Cina.

Innanzitutto, è utile chiarire che questa si applica non solo ai deepfake in senso stretto, ma a tutti i contenuti creati con IA generativa. Ai sensi dell’art. 23, le tecnologie di “deep synthesis” (che producono contenuti utilizzando meccanismi di deep learning) che sono disciplinate dal regolamento comprendono:

  • Le IA che generano ed editano testi (come l’ormai famoso ChatGPT);
  • Le tecnologie per generare o editare contenuti vocali;
  • Le tecnologie per generare o editare contenuti non discorsivi, come quelle che creano musiche;
  • Le tecnologie che generano o editano caratteristiche biometriche in immagini o video;
  • Le ricostruzioni 3D, simulazioni digitali e altre tecnologie che generano o editano personaggi digitali e scene virtuali.

Gli obiettivi sono controllare la creazione e diffusione di contenuti ottenuti dall’utilizzo di questi nuovi strumenti, assicurare la tutela dei dati trattati nel processo generativo e rendere illegali tutti i contenuti che contengono “informazioni illegali o dannose” o “che si oppongono agli interessi nazionali”.

Per fare questo sono previsti obblighi stringenti per i fornitori di servizi che consentono la creazione di deepfake, un monitoraggio costante da parte della Cyberspace Administration of China (CAC), la possibilità per i cittadini di contestare l’uso dei propri dati personali per l’addestramento di algoritmi usati per l’elaborazione di video o immagini che li rappresentano.

I fornitori devono mettere in atto misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza dei sistemi, pubblicare le regole di gestione delle loro piattaforme, utilizzare sistemi di autenticazione dei loro utenti sulla base di numeri di telefono cellulare, numeri di carta d’identità, codici di credito sociale o servizi pubblici di autenticazione dell’identità. Devono inoltre mettere a disposizione degli utenti dei meccanismi di reclamo semplici da usare e fornire loro riscontri tempestivi per ogni segnalazione.

Un ulteriore elemento di salvaguardia contro le fake news e l’abuso di queste tecnologie è l’uso di contrassegni ben visibili sui contenuti creati tramite IA generative, così da renderli immediatamente riconoscibili. È quello che è stato fatto nella serie televisiva “Deep Fake Neighbour Wars” e una delle soluzioni che gli esperti del settore stanno valutando anche qui in Europa, dove l’esplosione del fenomeno ChatGPT e delle IA generatrici di immagini ha mostrato i pericoli di queste nuove tecnologie per il processo creativo degli artisti. Contrassegnare in modo indelebile un prodotto come frutto di una IA favorisce la trasparenza nel settore ed evita che si crei confusione sulla fonte di quel contenuto digitale.

Infine, un aspetto chiave della regolamentazione cinese è il ruolo della Cyberspace Administration of China (CAC) come ente pubblico supervisore sull’utilizzo delle tecnologie di “deep synthesis”. I fornitori dovranno registrare i propri servizi e sottoporre i propri codici e dati a controlli regolari da parte della CAC. Inoltre, vista la portata piuttosto generica del divieto di deepfake che contengono “informazioni illegali o dannose”, o “che si oppongono agli interessi nazionali”, sembra lecito pensare che le agenzie governative avranno un margine di discrezionalità molto ampio nello stabilire se un contenuto sia o meno illegale. Secondo Sam Gregory, direttore della organizzazione no-profit per i diritti umani Witness (citato da Karen Hao sul Wall Street Journal), la regolamentazione cinese potrebbe rendere inaccettabili moltissimi casi in cui questi strumenti vengono usati a scopo satirico (pensiamo, ad esempio, all’imitazione di un politico). In questo modo il governo cinese è riuscito a estendere il proprio controllo anche a questo nuovo medium.

Conclusioni

La legge cinese ha quindi una duplice natura: da un lato assicura la protezione degli utenti dell’internet contro i rischi di una diffusione incontrollata di deepfake, dall’altro rinforza ulteriormente il controllo governativo sui contenuti di Internet. Se è chiaro che questo secondo obiettivo non sarebbe raggiungibile senza un impianto già molto solido di sorveglianza come quello cinese (sia da un punto di vista normativo che di infrastrutture statali), è anche vero che alcune soluzioni tecniche, come quelle volte a rendere immediatamente riconoscibile un contenuto generato da una IA, potrebbero in futuro essere adottate anche in Occidente e contribuire all’elaborazione di standard di misure di sicurezza per disciplinare questo settore. Abbiamo quindi molto da guadagnare nell’osservare attentamente le ricadute concrete che deriveranno dall’applicazione di questa nuova normativa.

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