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AI generative nei musei: verso un’esperienza culturale inclusiva e accessibile



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Le IA generative stanno rivoluzionando i musei, migliorando accessibilità e interazione. Dalla creazione di guide virtuali personalizzate alla catalogazione automatizzata, queste tecnologie offrono esperienze immersive e inclusività. Esploriamo in che modo possono rivoluzionare la curatela, la gestione delle collezioni e l’educazione culturale, rendendo i musei più accoglienti per tutti

Pubblicato il 18 set 2024

Fabio Fornasari

Architetto museologo, direttore artistico Museo Tolomeo, ricercatore associato IRPPS-CNR, Membro ICOM



digitale

Quali ruoli possono assumere in un museo le intelligenze artificiali generative? (il plurale è d’obbligo: siamo ormai immersi in una popolazione di intelligenze diversamente “evolute”). Rispondere a questa domanda non è semplice, ma ci proveremo.

Una premessa dovuta anche se, assertivamente: la prima impronta che vorrei lasciare come intelligenza umana sarebbe starmene lontano dal parlare delle AI.

Preferisco usarle e osservarle per poterle utilizzare con competenza e con corrette finalità.

Ho scritto “è una popolazione” e ne scrivo al plurale; non ne esiste una soltanto ma, in quanto prodotto del pensiero umano, sono state pensate per scopi specifici: dall’aiutare chi deve leggere un’etichetta e ha bisogno di assistenza a chi opera nel settore della sicurezza.

La popolazione delle AI già in uso

Possiamo quindi parlare di una popolazione di AI già in uso che viene classificata su tre livelli in relazione al potenziale: Narrow AI, la più docile, per contraddistinguerla dalle più potenti e sotto osservazione Artificial General Intelligence e Artificial Super Intelligence.

Le narrow AI

Quella della prima serie intuitiva (narrowAI) la conosciamo da tempo e ci aiuta in scopi molto specifici. Ne fanno parte Siri, Alexa; prodotti utili di compagnie del digitali che ci affiancano nel nostro quotidiano e certo ci ascoltano per conoscere al meglio le nostre abitudini, il nostro modo di parlare, i nostri desideri musicali.

Le AI generative

Ma ora stiamo osservando e usando sistemi generativi. Tra questi il più noto è sicuramente ChatGPT. Non appartiene più al livello Narrow: si definisce intelligenza artificiale (AI) generativa e apprendimento automatico.

È un progetto sviluppato da OpenAI. Utilizza reti neurali avanzate per generare testi coerenti e informativi in risposta a una vasta gamma di domande e input: i “prompt”. Può anche creare contenuti originali, rispondere a domande, fornire spiegazioni e molto altro, basandosi su una vasta quantità di dati di addestramento.

L‘importanza dei prompt nell’AI generativa

Ogni domanda che viene posto a una AI generativa diventa occasione di addestramento per essa.

Per mostrare a cosa potrebbero servire, avrei potuto chiedere a una delle AI generative di scrivere per me il testo dell’articolo. Sarebbero mancate le tracce più emozionali, le prese di posizione, le impronte e le barriere che mi definiscono e mi rendono il non-prodotto che sono in quanto umano con una mia storia e quindi caratterizzato da cose buone e cattive. Siamo sicuri?

Forse è solo una questione di prompt, di cosa e come chiediamo alle AI generative per generare una risposta o un contenuto. Può essere una domanda, una frase, una descrizione o qualsiasi altro tipo di testo che guida l’AI nel produrre una risposta appropriata. In altre parole, il prompt serve come punto di partenza o contesto per la generazione di contenuti da parte delle AI.

Ora non entriamo nel test di Touring o delle domande di Rick Deckard di Blade Runner ma dopo avere introdotto il tema cerchiamo di rispondere alla domanda iniziale.

Accessibilità e inclusività

Personalmente non mi occupo direttamente di tecnologie ma studio azioni volte all’accessibilità dei luoghi della cultura e dei suoi contenuti.

Lavoro a una museologia che studia la relazione tra opera d’arte collocata nello spazio museale e il pubblico, per creare per tutti unesperienza cognitiva, sensoriale e infine estetica. Il riconoscimento della bellezza è il risultato di un processo.

L’esperienza aumentate dalla tecnologia AI non restituisce luce a chi non vede e il suono a chi non sente; non risolve neppure altri svantaggi legati allo spettro autistico o ad altre forme di disabilità, deficit o svantaggio. Possono aiutare però a creare attenzione, sviluppare modi differenti di conoscere il contenuto delle opere d’arte o ai materiali scientifici o di altra natura esposti.

Ma la cosa più importante da segnalare è che spesso l’impiego di questi sistemi sviluppa un coinvolgimento e una maggiore attenzione che genera anche relazione all’interno dei musei. Dipende dalla tipologia di uso.

Esperienze condivise

Non esiste solo il caschetto che isola la persona ma anche altre forme di condivisione del contenuto generativo che creano esperienze condivise immersive sia di natura acustica che visiva.

Questo si affianca all’idea che l’autonomia non è mai un processo che esclude gli altri ma è un processo relazionale: essere autonomi in mezzo agli altri è l’obiettivo. Le AI generative non solo offrono soluzioni tecnologiche auto-apprendenti ma diventano argomento unificante tra le persone che condividono gli spazi in cui queste trovano il loro spazio e generano esperienza per tutti.

Le AI come elemento di mediazione nei musei

Quindi le AI intuitive e generative possono svolgere un ruolo cruciale come elemento di mediazione nei musei, migliorando la comunicazione tra il museo e i suoi pubblici, rendendo le informazioni più accessibili e coinvolgenti. Le prime forme più intuitive le stiamo già usando da tempo. App come Seeing AI e Be My Eyes sono due app che hanno lo scopo di creare opportunità di autonomia delle persone con disabilità visiva. Personalmente, nonostante non ne abbia bisogno per deficit visivi, le uso nei musei per memorizzare le tavole di testo introduttive molto lunghe con una sola presa di visione da parte della telecamera per sentire in cuffia la lettura del testo. Molte altre funzioni interne permettono di fare molte altre cose. Analoghe app sono in uso per la sordità e permettono di trascrivere in testo il parlato delle persone, delle trasmissioni radiofoniche o di altro tipo. Penso alle app per le sottotitolazioni dei film presenti anche nelle sale cinematografiche capaci di sincronizzarsi con la proiezione. Penso a Movie Reading.

Applicazioni pratiche delle ai generative nei musei

Ma passiamo alle AI generative e proviamo a suggerire usi positivi, creativi.

Queste possono avere diverse funzioni e applicazioni nei musei, migliorando l’esperienza di tutti i visitatori, facilitando la gestione delle collezioni e promuovendo l’educazione culturale. Elenchiamo alcune possibilità.

Progetti di realtà virtuale e aumentata: AI for Muse

Innanzitutto richiamo un progetto torinese che ha sviluppato una progetto di Realtà virtuale basato su AI: AI for Muse. È un progetto che mira a costruire una esperienza virtualizzata di un museo che raccoglie le collezioni dei diversi musei. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Università di Torino e Politecnico, con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito della prima edizione del bando “Intelligenza Artificiale, uomo e società”. La sperimentazione parte da Torino e coinvolge otto realtà museali: Reggia di Venaria Reale, Museo Egizio, Palazzo Madama, GAM- Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea e MAO – Museo d’Arte Orientale, Museo Nazionale del Cinema, Museo Nazionale dell’Automobile e Pinacoteca Agnelli. Insieme a loro, partner del progetto sono Associazione Abbonamento Musei, Osservatorio Culturale del Piemonte e Big Data Analysis Lab del Comune di Torino.

Esperienze interattive e personalizzate

Le AI generative possono però essere usate per creare esperienze all’interno dei percorsi di visita, nelle sale, in presenza e quindi sviluppare contenuti Interattivi all’interno delle sale del museo. Ad esempio azioni per la mediazione audiovisuali anche a supporto di visite che contiene la tattilità per tutti e tutte e contemporaneamente personalizzati. Possono creare guide virtuali personalizzate che rispondono in tempo reale alle domande e ai comportamenti dei visitatori, fornendo informazioni dettagliate e contestuali sulle opere esposte.

Lo potrebbe fare condividendo le scelte su monitor collocati in sala all’interno di un percorso Wayfinding personalizzato e condiviso senza dire a chi è rivolto ma sapendo che chi ne avrà bisogno lo potrà riconoscere come un messaggio costruito per sé.

Lo potrebbe fare riconoscendo i comportamenti del pubblico, i tempi di attenzione e di disattenzione. Senza associare a questo comportamento un nome e un cognome e senza “ricordare” l’immagine ma solo il comportamento.

Riconoscimento e interazione

Riconoscere la persona mentre attraversa il museo e fornirgli i contenuti per come ne ha bisogno è possibile. Il museo senza che nessuno ne faccia richiesta potrebbe così rispondere in Lingua italiana dei Segni, con sottotitolazione, con audiodescrizione, nella versione “Parlato facile”. La condivisione nella sala, senza indicazione a chi è rivolta, può attirare l’attenzione di tutti per comprendere il concetto di coabitazione della diversità.

Oppure possiamo pensare a esperienze di Realtà Aumentata (AR) e Virtuale (VR): utilizzando AI generative, i musei possono creare esperienze AR/VR che permettono ai visitatori di esplorare ricostruzioni storiche o interpretazioni artistiche delle opere. Una volta ancora lo si potrebbe fare senza usare la tecnologia dei caschetti che divide e separa, aliena da quella che è la dimensione museo, che invece condivide e tiene insieme i pubblici.

Gamification ed educazione

Ciascuna persona del pubblico con la propria posizione e con il proprio comportamento potrebbe interagire con l’evento; questo ha ancora una volta lo scopo di condividere i contenuti del museo per le differenti autonomie di chi è in sala e con forme di coinvolgimento: chiedere alla stanza generativa museale ad esempio di essere trasportati all’interno di una situazione speciale.

Quanto detto potrebbe fare pensare alla gamification.

Un ambito di questo tipo può generare contenuti educativi su misura per diversi gruppi di visitatori, come studenti di varie età, offrendo spiegazioni dettagliate e contestualizzate.

Qualcuno potrebbe obiettare che di tutto questo ne sentiamo parlare ne sentiamo parlare da tempo. La differenza è che ora è tutto più possibile grazie alla disponibilità delle AI che possono funzionare sui nostri computer e non più solo nei grandi centri di calcolo.

Curatela e gestione delle collezioni

Per la curatela e gestione delle Collezioni si può pensare al contributo che queste AI possono dare intorno allautomazione della catalogazione: l’AI può aiutare nella catalogazione delle opere, riconoscendo e descrivendo automaticamente le caratteristiche principali di nuovi oggetti. Non potrà sostituirsi ma potrà sempre più aiutare a scrivere descrizioni in diversi linguaggi e stili ad esempio. Trovare delle similitudini o parentele con oggetti analoghi in altri databse.

Per il marketing, sul fronte della relazione con i pubblici può fornire dati analitici: analisi avanzata dei dati di visita per capire meglio il comportamento dei visitatori e ottimizzare l’organizzazione delle mostre.

Sul fronte della conservazione e del restauro può lavorare sulla simulazione di restauri: può generare simulazioni di come apparivano opere danneggiate, aiutando i restauratori a pianificare interventi accurati.

Monitoraggio e conservazione

Sul monitoraggio e previsione del deterioramento offre analisi predittiva per identificare potenziali rischi di deterioramento e suggerire misure preventive.

Le AI possono quindi essere molto utili. Come per tutto ciò che stiamo utilizzando non dobbiamo dimenticare che sono strumenti che possediamo e che dipende sempre anche dalle politiche non solo culturali come poterle utilizzare al fine di generare forme di coinvolgimento, di condivisione e occasione di autonomia per tutti i pubblici anche più svantaggiati che accedono ai musei.

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