l'analisi dei dati polimi

AI per le imprese: tutti i motivi del ritardo italiano

Scarsa informazione e cultura, mancanza di visione sulle opportunità per il business, poca sinergia tra ricerca e mondo industriale, timori per l’occupazione: sono questi i fattori che più influiscono sul gap del nostro Paese in fatto di intelligenza artificiale e industria. Ecco la lezione che viene dal rapporto Polimi

Pubblicato il 28 Feb 2019

Nicola Gatti

direttore dell'Osservatorio Artificial Intelligence del Polimi e membro dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA)

Piero Poccianti

past president AIxIA

intelligenza-artificiale2

La maggior parte delle aziende italiane ha una visione ancora poco chiara di cosa sia in realtà l’Intelligenza artificiale e di quali potrebbero essere le reali opportunità dell’utilizzo di sistemi AI per il futuro dell’organizzazione.

E’ questa la lezione più importante che risalta dallo studio sullo stato di avanzamento dell’Intelligenza artificiale nel mercato italiano, secondo il recente rapporto dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano.

Dallo studio emerge chiaramente il ritardo dell’Italia rispetto all’Europa in termini di penetrazione dell’intelligenza artificiale nel mondo industriale. I motivi sono diversi. Proviamo a esaminarli, partendo dallo stato del mercato.

Il mercato AI nel 2018

Analizzando 721 imprese e 469 casi di utilizzo di AI, il mercato 2018 è stato stimato in 85 milioni di euro di investimenti complessivi (hardware, software, servizi, ecc.) a cui si devono sommare 60 milioni dovuti agli smart home speaker e 145 milioni in robot intelligenti.

Esaminando la situazione più nel dettaglio, è emerso invece che su 151 Aziende italiane medio grandi il 31% ha un progetto nella fase pilota, solo l’8% ha un sistema in fase di implementazione e il 12% in produzione. Uno scenario che mostra quanto sia ancora bassa la penetrazione dell’AI nel tessuto industriale italiano anche se il 68% delle aziende che hanno implementato un sistema di Intelligenza Artificiale dichiara un livello alto di soddisfazione e nessun progetto fallito.

È evidente, come abbiamo accennato, che alla maggior parte delle aziende manchi una visione chiara di cosa sia in realtà l’intelligenza artificiale, anche se il 48% delle organizzazioni ritiene di avere un livello di conoscenza adeguato dell’Intelligenza Artificiale. Ciò significa che manca una reale consapevolezza dello standard aziendale interno: la conoscenza in materia è scarsa ma ci si persuade del contrario.

Nel 45% delle aziende è stata rilevata l’esistenza di una infrastruttura di acquisizione e gestione dei dati, ma in generale si osserva che la qualità e la quantità degli stessi sono spesso carenti e insufficienti a implementare sistemi di Intelligenza Artificiale importanti per l’azienda stessa.

A fronte di questa prima panoramica, l’aspetto principale che emerge dallo studio è la mancanza di una visione esplicita sulle reali opportunità che l’Intelligenza Artificiale può offrire nel futuro al mondo industriale. Si osserva infatti che le aziende si muovono verso questo mondo più per curiosità ed emulazione di altre aziende che per concrete necessità o possibilità.

I motivi del gap italiano

Si arriva così alla situazione attuale che vede la penetrazione in Italia ancora molto bassa rispetto alla media europea. Un dato di fatto legato a diverse motivazioni.

  • La prima è che le grandi aziende italiane e le PMI sono ancora scettiche riguardo l’adozione di AI nei propri processi perché, appunto, non hanno ancora ben compreso cosa sia questa innovativa tecnologia. Una realtà che si lega inevitabilmente non solo alla scarsa informazione ma anche alla mancanza di cultura, due fattori che portano ad escludere le opportunità che può offrire.
  • La seconda è che le aziende richiedono soluzioni on-shelf, ovvero pronte all’uso senza comprendere che l’applicazione e l’implementazione di una tecnologia richiede tempo per avere dei risultati concreti e per essere, per l’appunto, pronta all’utilizzo.
  • Infine, è lampante il mancato rapporto tra Ricerca scientifica e mondo industriale che influisce fortemente sul ritardo evolutivo del nostro Paese. È assente la collaborazione necessaria affinché si possano sviluppare tecnologie realmente utili al mondo del lavoro. Si dovrebbe venire a creare una sinergia tale che da un lato le aziende presentano ai ricercatori dei casi concreti, problemi da risolvere grazie all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e dall’altro i ricercatori offrono soluzioni concrete attraverso lo studio e lo sviluppo della tecnologia in questione.

Negli altri Paesi, la collaborazione tra mondo industriale e universo accademico ha portato alla realizzazione di molti progetti funzionanti e, allo stesso tempo, allo studio di nuovi risultati di ricerca scientifica. I due mondi si sono quindi dimostrati collaborativi. In Italia questa azione combinata non è presente per ragioni storiche: l’industria è sempre stata piuttosto distante dal mondo della ricerca che a sua vota, nella maggioranza dei casi, si è allontanato dai problemi concreti.

Il problema di identificare quali sono le opportunità che l’Intelligenza Artificiale potrà dare alle aziende e come farle comprendere alle aziende è, come sottolineato anche nel convegno dell’Osservatorio Artificial Intelligence, di grande importanza per il futuro.

L’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro

Un altro aspetto trattato dall’Osservatorio Artificial Intelligence riguarda l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul mondo del lavoro. Fra tutti gli studi emersi in questi anni relativi all’influenza sull’occupazione dell’Intelligenza Artificiale, il Politecnico ha giudicato la ricerca di McKinsey quella più significativa ed equilibrata. Lo studio citato afferma che solo pochi lavori hanno probabilità significative di sparire del tutto sostituiti da una macchina o un’applicazione di Intelligenza Artificiale. Ogni mestiere ha invece percentuali diverse di lavoro che può essere automatizzato.

Prendendo in considerazione le tipologie di lavoro svolte in Italia, lo studio di McKinsey sulla possibilità di automazione per tali tipologie, l’invecchiamento della popolazione e le nascite, gli analisti dell’Osservatorio hanno evidenziato che la domanda di servizi e prodotti crescerà così come la domanda di occupazione (+3,3 milioni di posti di lavoro equivalenti), mentre il numero degli occupati decrescerà nonostante il saldo migratorio positivo a causa dei pensionamenti e delle uscite dal mercato del lavoro (-1,4 milioni di posti di lavoro equivalenti). Avremo quindi bisogno di nuova automazione (e quindi di Intelligenza Artificiale) e di riduzione del tasso di disoccupazione per colmare il gap creatosi. Ed ecco allora che l’Intelligenza Artificiale non sarà più un’opportunità o una minaccia, ma una necessità, in assenza della quale non sarà più possibile mantenere o migliorare gli standard di vita attuali.

Ciò nonostante è evidente che qualcosa nel modello del lavoro dovrà cambiare sia perché i lavori nuovi richiederanno skill sempre più elevate, sia perché il numero degli occupati non sarà sufficiente a mantenere il personale in quiescenza.

Verso l’AI Forum

Un cambiamento necessario di cui l’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale vuole essere protagonista come dimostra anche l’organizzazione dell’AI Forum, il primo evento dedicato alle soluzioni AI per le imprese in Italia pensato e realizzato dall’Associazione stessa. In programma venerdì 12 aprile presso Palazzo Mezzanotte a Milano, la convention nasce proprio con l’obiettivo di creare in Italia un tessuto connettivo volto a trasferire la ricerca di base e applicativa nell’ambito dell’AI alle imprese per supportare lo sviluppo e la crescita del Sistema Paese.

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