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AI-ready data, così supportano la competitività delle imprese



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Nutrendo gli algoritmi in maniera efficace, gli AI-ready data consentono di predisporre e consolidare processi aziendali efficienti, migliorando la gestione delle attività e flussi di lavoro: vediamo come 

Pubblicato il 16 gen 2025



intelligenza artificiale, claude ai, computer use (1)

Disporre di AI-ready data, ovvero informazioni predisposte e certificate per l’apprendimento di algoritmi di intelligenza artificiale, costituisce un asset di valore per l’impatto positivo che può apportare nei processi aziendali e, di conseguenza, sulla competitività delle imprese. I dati collezionati, verificati e strutturati riducono la possibilità di “allucinazioni” tipiche di algoritmi di Artificial Intelligence. Questo è il motivo per cui si parla di AI-ready data. L’adozione mirata di algoritmi di AI nei processi aziendali permette di ottimizzare l’efficienza operativa e rendere più efficienti determinati flussi di lavoro.

AI-ready data, perché sono vantaggiosi per le aziende

Con AI-ready data ci si riferisce all’insieme di informazioni (dati grezzi, dati strutturati e non) appositamente circoscritte, verificate, e raffinate (eliminando dati errati, doppioni o incongruenza), per migliorare la qualità, l’efficacia e l’accuratezza degli output prodotti da algoritmi di AI.

Disporre di informazioni attendibili, coerenti e complete è il requisito fondamentale di ogni progetto di automazione di processo che preveda l’utilizzo di moduli di intelligenza artificiale.

Come spiega Alessandro Giancane, co-founder e Ceo di Vesenda, i vantaggi per le imprese che predispongono AI-ready data “derivano dalla capacità di sfruttare e massimizzare i propri asset informativi, ovvero le informazioni raccolte e gestite in azienda, come ad esempio le informazioni legate ai propri contatti, clienti, contratti, ordini, commesse, ma anche i dati di produzione e manutenzione, il comportamento degli acquisti o dei servizi offerti sulla base del mercato e del segmento di clientela”. L’introduzione dell’AI all’interno dei processi di un’azienda richiede “che le informazioni su cui dovranno lavorare gli algoritmi di AI siano quanto più reali e affidabili per delineare il volto e il contesto del processo aziendale che si vuole efficientare. Per farlo è necessario che tali dati siano validi dal punto di vista qualitativo, corretti ed equilibrati, per evitare polarizzazione e allucinazioni”.

Stefano Conconi, co-founder e responsabile dell’area commerciale di Vesenda, evidenzia che “l’integrazione di algoritmi di AI nei processi operativi aziendali rappresenta una grande opportunità nel percorso di digitalizzazione delle aziende, in quanto l’AI permette di estendere e ripensare le modalità di utilizzo e valorizzazione del patrimonio informativo. Per cogliere questo potenziale le organizzazioni devono lavorare sulla razionalizzazione e strutturazione della propria knowledge base”.

AI-ready data, BPM e processi shadow

La possibilità d’introdurre modelli di AI nei flussi di lavoro dei processi aziendali permette di ripensare i processi stessi e le modalità operative con conseguenze positive sull’operatività e sull’efficienza. I servizi possono essere personalizzati con maggiore efficacia e precisione, consentendo l’accesso e la fruizione delle informazioni per supportare attività e operazioni tramite una modalità di interazione estremamente naturale e interattiva.

I dati di cui si nutrono gli algoritmi sono estratti da “documenti, da immagini e da strutture dati utilizzate nei flussi di lavoro; questi dati sono elaborati da algoritmi di AI che spesso lavorano su base statistica per consolidare la base di conoscenza e produrre output utili a operare in modo “intelligente”. Un punto chiave da comprendere è che gli algoritmi di AI possono valorizzare i processi e fornire valide evidenze e non allucinazioni solo se lavorano su un dominio di informazioni coerente con l’ambito di lavoro, valido e certificato – sottolinea Giancane -. Ad esempio, gli operatori che svolgono costantemente manutenzioni di macchinari in ambienti di produzione, possono sicuramente avvalersi di strumenti che utilizzano modelli di AI basati su algoritmi di LLM (Large Language Model) e di ottimizzazione.

Le informazioni non strutturate presenti in documenti (schemi tecnici, schemi di manutenzione, manuali d’uso e manutenzione dei macchinari), e in sistemi (scadenze e programmi di manutenzione), possono essere elaborate da specifici algoritmi di AI per fornire agli operatori supporto e linee guida in modo estremamente “naturale”, aiutandoli nella formazione, nella preparazione di singole attività operative, nella valutazione di problematiche e nell’ottimizzazione della pianificazione delle attività di manutenzione. Inoltre, possono elaborare le informazioni (la “knowledge base” direttamente legata ai propri macchinari e al loro utilizzo) in modo più veloce ed efficiente. Ma affinché ciò avvenga, i manuali, i documenti e le relative scadenze e programmi di manutenzione devono essere informazioni certificate, valide, coerenti e complete”.

Consolidare e arricchire la propria “knowledge base” è un obiettivo chiave per le organizzazioni nel proprio percorso di digitalizzazione. Per perseguire questo obiettivo, le aziende devono far emergere e valorizzare anche le informazioni e i dati presenti nei processi shadow: “I processi shadow – precisa Conconi – sono flussi di lavoro e attività operative gestite in modo non governato e centralizzato. Questi sono spesso basati su fogli calcolo (e.g. Excel, Google Spreadsheets…) condivisi via mail o tramite cloud storage (e.g. Google Drive, Microsoft OneDrive, Dropbox…). Per avvalersi del potenziale apportato da algoritmi e modelli di AI, questi flussi di lavoro non strutturati devono essere trasformati in flussi strutturati all’interno di sistemi e applicativi centralizzati e governati”.

Piattaforme BPM e AI-ready data, come funziona eLegere

Come anticipato, per massimizzare il valore presente nelle informazioni gestite all’interno dei processi e migliorare la qualità dei processi stessi, è necessario perseguire un modello di digitalizzazione dei processi interni che includa tecnologie che abilitino e rendano fattibile e sostenibile questo percorso digitale a 360°. “Questo perché le aziende nella loro quotidianità hanno continuo bisogno di gestire e raffinare attività e processi interni in modo flessibile, sicuro, eterogeneo e per far ciò hanno bisogno di poter fare riferimento a tecnologie personalizzabili, semplici da usare ed efficaci. – sottolinea Giancane – Ecco quindi che entrano in gioco tecnologie che facilitano la costruzione di applicativi in grado di supportare al meglio i processi”.

È il caso della piattaforma eLegere di Vesenda. Si tratta di una soluzione di application building, no code e low code, disponibile on-premise, in cloud e in modalità ibrida, che permette di trasformare i processi non strutturati in applicativi web/mobile: “Le applicazioni sono disegnate, configurate e rese fruibili nello stesso ambiente di lavoro – racconta Conconi -. Grazie a eLegere, gli shadow process possono essere trasformati in applicazioni immediatamente fruibili, ma gestite centralmente e nativamente integrate con i sistemi informativi e le policy di sicurezza aziendali. La piattaforma eLegere sostiene la trasformazione digitale delle imprese supportandole nel rendere governabili processi nascosti e destrutturati, in modo che tutto ciò che in azienda costituiva una nebulosa di informazioni non organizzate e processi privi di una governance, diventi un patrimonio di knowledge base strutturato e AI-ready”. Gli applicativi creati con eLegere aiutano l’operatività aziendale, svolgendo funzioni di gestione dei dati in modalità collaborativa. Si possono creare workflow, interfacce, azioni automatizzate secondo le proprie esigenze, riducendo costi e tempi associati al percorso di crescita digitale delle aziende.

Articolo realizzato in partnership con Vesenda

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