Un’operazione chiamata “Dalla Russia con amore” potrebbe aver celato dietro al suo nome ben altri intenti, al di là degli aiuti effettivamente offerti all’Italia, a Bergamo per l’esattezza, durante il momento di maggiore criticità sanitaria a causa del Covid-19. Vediamo chi ha partecipato a questa missione e cosa effettivamente è stato fatto per l’Italia, o meglio per la Russia.
Covid-19 e sicurezza delle reti: tutti i nodi dei rapporti Ue-Italia-Cina
Dalla Russia con amore
A fine marzo 2020 l’Italia era a un mese circa dai primi contagi di Coronavirus registrati sul territorio nazionale e stava già affrontando una situazione sanitaria critica, con il suo centro principale nella città di Bergamo. Precisamente il 22 marzo 2020 è partita in maniera ufficiale una missione da Mosca, chiamata “Dalla Russia con amore”, con lo sbarco sulla pista di Pratica di Mare di un contingente militare russo, composto da tredici quadrireattori con 104 militari e due civili, Natalia Y. Pshenichnaya e Aleksandr V. Semenov, i due epidemiologi russi più autorevoli. L’accordo tra Putin e Conte era avvenuto il giorno prima via telefono e non c’era stato modo, in un momento di alta emergenza come quella che si stava vivendo, di domandarsi come mai l’esercito russo volesse avviare una missione in un Paese NATO.
La lista dei russi sbarcati in Italia aveva i due epidemiologi aggiunti a penna e inizialmente nessuno ha fatto caso a questo particolare. Pshenichnaya e Semenov, vicedirettrice dell’Istituto centrale di ricerche epidemiologiche l’una e appartenente all’Istituto Pasteur di San Pietroburgo l’altro, operavano nella struttura sanitaria civile russa, la Rospotrebnadzor, che dal 27 gennaio 2020 aveva assunto il compito di gestire l’epidemia.
Qualche settimana prima gli stessi si erano recati anche a Wuhan, all’interno della delegazione internazionale dell’Oms, Organizzazione mondiale della Sanità, per partecipare ad alcuni incontri, ma si era trattato di interventi più brevi rispetto all’operazione di Bergamo e secondo quanto dichiarato dall’analista militare Dmitry Safonov, le informazioni raccolte sarebbero state importanti per preparare contromisure russe alla lotta al Covid in Russia.
La presenza dei due epidemiologi in Italia non era stata autorizzata dal nostro Paese e già il fatto di essere nella lista delle presenze a penna in aggiunta ai 104 militari è emblematico. La Pshenichnaya ha dichiarato che il suo obiettivo era “perfezionare la conoscenza dei medici russi sui metodi per trattare i pazienti con infezioni respiratorie acute e farli familiarizzare con le procedure di gestione del Covid adottate nei diversi Paesi” e due mesi dopo dalla loro partenza, il 9 aprile 2020, è stato pubblicato un paper sulla situazione italiana, in russo e in inglese, esplicitamente critico nei confronti della gestione del nostro Paese del Covid-19.
Una “Guerra irregolare”
L’operazione russa a Bergamo è stata definita da diversi analisti un modello da studiare di “competizione ibrida” o guerra irregolare” in quanto la Russia se n’è servita per garantirsi una supremazia momentanea nel mondo dell’emergenza sanitaria che tutti i Paesi del mondo stavano fronteggiando.
Se la Cina si è limitata, a ragion veduta, a fornire consulenza in videoconferenza ai referenti russi, l’Italia li ha accolti in patria e il reperimento delle informazioni sulla diffusione e gestione del Covid-19 in territorio bergamasco è servito per poterle sfruttare a favore della Russia, lanciare una campagna di propaganda interna e internazionale e sviluppare un vaccino russo, lo Sputnik V. La missione, quindi, è stata palesemente una missione di spionaggio vero e proprio, non mirato alle istituzioni italiane, ma al Covid. Ricordiamo che, mentre in Italia si registravano già 80.539 casi positivi e 8.165 decessi, in Russia appena 600 contagi e nessun decesso, nessun distanziamento sociale e nessuna restrizione alla vita sociale del paese. L’intelligence russa ha, quindi, sfruttato l’epicentro del Coronavirus del momento, Bergamo appunto, per ottenere dati, e di conseguenza strategie, per la lotta del virus nel proprio territorio.
Non solo, ma nessuna istituzione italiana ha mai ricevuto dai Russi i risultati del periodo di osservazione a Bergamo, a differenza di quanto fatto invece con riviste e pubblicazioni varie, in cui hanno sottolineato di aver potuto allestire terapie, farmaci, macchinari e piani operativi grazie alla missione italiana. Al di là dei due epidemiologi, il personale inviato da Mosca, altamente qualificato, è stato impiegato nella manovalanza pura in corsia e Rsa, attività da riconoscere, ma che stride con le reali alte competenze di ognuno.
Queste le parole di Hamish De Bretton-Gordon, ex comandante del Joint Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Regiment e del battaglione NATO Rapid Reaction, “CBRN”: “È strano che siano stati schierati i russi. È vero che questo tipo di truppe di Mosca ha capacità di decontaminazione, ma anche gli italiani hanno questa capacità, e è più moderna. È molto strano e non torna – gli italiani sono in prima linea nella difesa delle armi chimiche e biologiche nella NATO e non hanno bisogno dei consigli dei russi – li vedremo nelle strade di Londra dopo?”[1].
Il comando dell’operazione
Altro elemento che merita attenzione è la figura al cimando dell’operazione “Dalla Russia con amore”, Sergey Kikot, vice del generale Kirillov, responsabile delle armi biologiche russe. Kikot ha operato in passato con società addette a produzione e riparazione di armi per la protezione chimica, radioattiva e biologica e stoccaggio di materiali pericolosi di classe I e II, legate al Ministero della Difesa e, tra le altre cose, va menzionato il dossier che produsse nel 2019, con altri esperti russi, per scagionare Bashar Assad dall’accusa di aver usato armi chimiche su civili siriani a Duma.
L’operazione russa in Italia è stata definita “una raccolta di intelligence” anche da tre fonti militari russe, tra cui un virologo tra i più influenti, e gli stessi hanno anche messo in evidenza la sovrapposizione tra l’Unità della Difesa che si occupa delle armi chimiche e biologiche radiologiche dell’esercito russo e il GRU, il Direttorato principale per l’informazione, ossia il servizio informazioni delle Forze armate russe.
Il direttore dell’Istituto Germani, Sergio Germani, tra i massimi esperti italiani di apparati di intelligence russa, ha spiegato che l’operazione ha avuto scopo propagandistico e di intelligence militare: “Dobbiamo solo capire quanti nella delegazione sono ufficiali del GRU. Da quello che so, vanno in giro e fanno domande che non hanno nulla a che fare con il covid-19. Come domande sulle infrastrutture”. L’ingenuità italiana sulla Russia e le deboli opinioni del governo di quel momento, come ha sostenuto Germani, hanno portato, nonostante ci fosse la consapevolezza dei rischi tra i servizi di intelligence italiani, a seguire la linea politica. Personalmente non credo si sia trattato di ingenuità ma di due fattori che compongono quello che chiamiamo normalmente Asimmetria informativa. Cioè da una parte le troppe notizie hanno deragliato le opinioni degli esperti e dall’altra, invece, chi studia intelligence nel profondo e fa parte anche dei servizi sa benissimo che purificando tutte queste informazioni da varie fake e una serie correlata di eventi posti ad hoc, si può beneficiare di informazioni per capire bene il nemico.
Conclusioni
Ad oggi, comunque, gli interrogativi sulla vicenda restano tanti, a iniziare da chi fosse partita l’iniziativa degli aiuti russi in Italia, se da un’offerta di Putin o da una richiesta dell’allora presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte. Le risposte sono ancora discordanti.
Note
- https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2020/04/01/news/gli-aiuti-russi-in-italia-sul-coronavirus-il-generale-che-li-guida-e-i-timori-sull-intelligence-militare-in-azione-1.38664749/amp/ ↑