Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”. Un’altra nuova missione della Memory Squad 11 è di catturare il dottor Mabiis, almeno per discutere con lui il futuro della galassia. L’agente Xina Shaiira, sulle sue tracce, scompare (puntate 64, 65, 66, 67). Li troviamo nella savana. Xina, alcune signore e molte farfalle. Colorate. Parlano delle intenzioni del dottor Mabiis. Della sua voglia di far tornare la galassia indietro di almeno un secolo. Bloccando altre memorie oltre quelle connesse. Rintracciano il dottor Mabiis trasferito dentro un immenso baobab. Dentro si discute della vita. Le farfalle portano la discussione fuori. Nella savana. Arrivano tutti gli agenti della Memory Squad 11…
Afro Allaa, l’agente navigatore esperto di mappe e di sopravvivenza della Memory Squad 11, arretrò dalla cameretta buia. Uscì nella luce della savana. Spalancò le dita. Una foto sbiadita. Una donna bionda. Una vita sottile. Una carabina da caccia. Un trofeo striato. Si sbriciolava la memoria. Nella polvere. In bianco e nero. Striata di seppia.
Afro Allaa mugghiò: “Conosco quella cacciatrice! Era come il miele…”
“E tu eri un’ape?…” volgarizzò Stefano Magli l’agente di Memoria Antica della squadra.
– Allaa: “Non è così semplice…”
– Magli: “Attrazione?”
– Allaa: “Lo chiamavano amore…”
– Magli smargiassava: “Oddio! Ma non esiste più!… anche la parola è entrata in disuso.”
– Allaa: “Forse torna… ora che le memorie connesse sono spente, staccate… non funzionano…”
– Magli: “Ecco cosa ha fatto il nostro caro dottor Mabiis! Ci ha restituito gli inganni in tutti i modi possibili… fino al secolo scorso li facevamo ancora passare come sentimenti…” Stefano Magli non rinunciava mai. Alle sue stentoree lezioncine.
Il bus rosso a due piani si abbarbicava. Si aggrappava. La parete verticale. Poteva scivolarlo nell’abisso. La comandante Khaspros silenziava gli ordini. Eclissava i pensieri. Gli amori imprecati sono la colpa più grande.
– Allaa: “Io ci stavo bene coi miei sentimenti, Stefano… erano tanti… li mettevo via con attenzione… li conservavo con cura… Nessuno divorava l’altro. Qualcuno viveva in letargo… qualcuno la faceva da padrone. Sono robe vere… non fantasmi della mente… ”
– Magli: “Ecco come riducono! Adori le tue stesse consolazioni! È il panteismo delle tue suggestioni, dei tuoi pensieri pigri…
– Allaa silenziato: “…l’amore è la cosa meno pigra che ci sia…”
– Magli apicale: “Oddio! E che te ne fai d’una tua contemplazione, fittizia, inesistente è la parola giusta…
– Allaa: “Ne ho bisogno…” guardava l’abisso. Il bus rosso a due piani sgrullava lo sterrato prima della città in valle.
– Magli manualitico: “Se non hai paura della morte… non c’è bisogno dell’amore. E se vivi trecento anni, non vedi ora d’andartene… niente paura della fine, anzi! Un amore questo sì, un amore folle per la fine… niente è più amato della propria estinzione in questo ventiquattresimo secolo! ”
– Allaa: “Individuata una memoria forte e connessa! Isolata nella periferia… la raggiungeremo fra un’ora circa!” Afro Allaa fissava l’unico schermo aereo del bus rosso, sede di copertura della Memory Squad 11. “È molto forte. È un segnale multiplo…. Molte memorie connesse, direi… Molti vecchi sentimenti, caro Magli!”
– Magli: “Chi è?”
– Allaa: “Chi sono… sono due… sono abbracciati… per ora.”
– Magli: “Bene, molto bene!”
La comandante Akila Khaspros assentiva. L’ennesima caccia alle memorie connesse. La preda vicina.
Arib si univa a Esta. Quando la tenda si sollevò.
Magli afferrò Arib.
Arib si slacciò da Esta.
Esta respirò l’aria calda dalla tenda aperta.
Scossero la testa di Arib. Le dita di Stefano Magli. Azzannate intorno alle tempie. I capelli ondeggiavano. Disegnavano. Sfrullavano. Sboccavano. Dilatavano. Sbandavano. Aggrumavano. Rilasciavano. Le memorie.
“Le tue memorie connesse Arib! I tuoi stupidi sentimenti!…” Stefano Magli lo insultava. Stordito dalla propria avidità. Le dita agguantavano il nulla. Stefano Magli roboava:
“Non c’è nulla! Nulla… nulla… neppure quella fantastica invenzione, somma di ogni egoismo che per millenni hanno chiamato amore…”
(100-continua)