CULTURA DIGITALE

Anno Europeo del Patrimonio Culturale e alternanza scuola-lavoro: una opportunità da non perdere

Oggi viviamo in un tessuto socio-economico intermittente di continue ricombinazioni e a questo devono essere preparati i ragazzi. Servono interpreti molto più che esecutori. E il patrimonio culturale deve essere fonte di ispirazione generativa prima che di paralizzante adorazione

Pubblicato il 17 Feb 2017

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“Mettere insieme l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale nel 2018 e l’alternanza scuola-lavoro nelle scuole italiane è una grande opportunità. Il nostro paese potrebbe lanciare come tema focale della propria partecipazione all’Anno Europeo il coinvolgimento attivo dei ragazzi, anche attraverso le reti digitali, non solo nella scoperta del patrimonio culturale pre-esistente, ma anche nella co-creazione di quello contemporaneo. Credo che questa sia una grande risorsa. DiCulther, questa rete che si è creata per accompagnare questo dialogo tra studenti, docenti e associazioni culturali farà un lavoro strategico in questo campo”. Questo suggerimento, rivolto alla platea dalla europarlamentare Silvia Costa, è la miglior sintesi possibile dei risultati dei lavori del convegno “Per una scuola protagonista della cultura nell’era digitale”, organizzato dalla Digital Cultural Heritage, Arts & Humanities School lo scorso 30 gennaio a Piazza Venezia presso la sede romana dell’Associazione Civita, squisita ospite e partner dell’iniziativa.

Mi piace che proprio colei che da Presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento Europeo ha fortemente voluto l’Anno Europeo abbia posto l’enfasi non sugli aspetti celebrativi o per addetti ai lavori, ma su quelli partecipativi e co-creativi. Sono fermamente convinto che per la formazione dei ragazzi di oggi non sia più sufficiente un sistema basato esclusivamente sul trasferimento di competenze – che pure servono, è chiaro – ma sia centrale che comincino sin dalla più tenera età ad esercitare le abilità critiche che li aiuteranno poi per tutta la vita a capire, imparare e adattarsi rapidamente ai cambiamenti di un mondo che ormai è in perenne veloce trasformazione.

Non siamo più in una società nella quale le scoperte e le innovazioni erano poche e il tempo per analizzarle, strutturarle in sapere e trasmetterle si misurava in generazioni. Oggi – e sempre più in futuro grazie alla progressiva espansione della dimensione digitale della realtà e della maturazione delle culture che vi prosperano – viviamo un tessuto socio-economico intermittente di continue ricombinazioni e a questo devono essere preparati i ragazzi. Servono interpreti molto più che esecutori. E il patrimonio culturale deve essere fonte di ispirazione generativa prima che di paralizzante adorazione.

In questo scenario la via italiana all’alternanza scuola-lavoro è una intuizione geniale che ha il potenziale per trasformarsi in una delle più grandi innovazioni del sistema educativo italiano, se non ci perderemo per strada dove purtroppo siamo strutturalmente più deboli in Italia: la fase attuativa. Evito di avviare una geremiade sui problemi esistenti da questo punto di vista – purtroppo più che ben noti a tutti – e preferisco concentrarmi su quello che che si può e si deve fare in positivo grazie al contributo di energia che viene fortunatamente dal Terzo Settore. Privo dei vincoli e dei continui stop-and-go imposti purtroppo allo Stato dalla schizofrenia e dalla mancanza di visione di troppa parte della politica, molto meno vincolato alle necessità immediate di sopravvivenza sul Mercato rispetto alle imprese, il Terzo Settore è sempre di più il luogo nel quale si possono tentare esperimenti di innovazione a livello sociale e perseguire con costanza la realizzazione di visioni di lungo termine.

Per quel che riguarda l’alternanza scuola-lavoro nel settore culturale è il momento di condividere una visione che veda l’arte, la cultura e la conoscenza come le più preziose energie rinnovabili del nostro tempo e sperimenti modelli per metterle a valore anche economico, oltre che sociale. Dobbiamo immaginare i mestieri inesistenti delle città invisibili che stanno nascendo nella dimensione digitale della realtà intorno a noi. Uno studente di primo liceo classico di oggi è facile che trovi il suo primo impiego intorno al 2025. E’ importante fare uno sforzo di fantasia che vada al di là del mandare gli studenti a far pratica di mestieri che probabilmente non esisteranno più o saranno molto diversi, quando essi entreranno nel mercato del lavoro. Dal sogno di come potrebbe essere il futuro prossimo deve nascere una narrazione condivisa e sistemica nella quale riconoscersi e questa deve tradursi in linee guida operative, dalle quali a loro volta possano nascere progetti.

Arrivare a proporre tali linee guida è una missione che si può dare una rete come quella della Digital Cultural Heritage, Arts & Humanities School. Lo si è visto proprio lo scorso 30 gennaio. In primo luogo per la capacità dimostrata di riempire ben oltre la capienza una sala tutt’altro che piccola come quella bellissima dell’Associazione Civita. In secondo luogo, per la qualità dei presenti in sala e la loro disponibilità all’ascolto, virtù fondamentale, ma non tanto di moda. Infine, per la evidente crescita di sinergie che lo stare insieme sta generando. La sfida della Settimana delle Culture Digitali e la provocazione del Monumento Digitale solo diciotto mesi fa erano poco più che un’idea balzana nella mente di poche persone.

Oggi ci avviciniamo alla seconda edizione e, soprattutto, vediamo che i semi gettati cominciano a germogliare. Ci è stato raccontato che a Campobasso il Convitto Nazionale sta coinvolgendo letteralmente centinaia di insegnanti di tutta la regione intorno all’idea dell’istituto scolastico stesso come monumento. A Cagliari il Liceo Artistico ha creato un monumento virtuale per tenere viva la memoria di Foiso Fois, artista, critico d’arte e storico preside dell’istituto. A Foligno gli studenti di tre diversi indirizzi di studio (classico, scientifico e moda) svolgono insieme la loro esperienza di alternanza scuola-lavoro, imparando i mestieri ancora inesistenti che servono per mettere in scena le rappresentazioni in realtà aumentata della Compagnia Museatrale della Giostra della Quintana. A Bari si ragiona su come consentire ai ragazzi di essere parte produttiva dei laboratori di ricerca universitaria sul digitale per la cultura. E sono solo alcune delle tante iniziative in tutta la penisola di cui si è parlato al convegno e che da Cortina alle cosiddette isole minori, passando per Correggio, sperimentano con passione ed entusiasmo strade nuove. La differenza con le tante piccole meritevoli iniziative isolate morte di indifferenza nel passato? Adesso c’è una rete che permette loro di sostenersi l’una con l’altra e generare cambiamento dal basso. Nel loro piccolo. Che spesso è bello.

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