Nell’era dell’onlife, dove i confini tra dimensione online e offline si dissolvono sempre più, emerge un paradosso silenzioso: mentre il mondo digitale si espande rapidamente, una parte significativa della popolazione rischia di rimanere ai margini. Gli anziani, in particolare, si trovano di fronte a una sfida complessa che va oltre il semplice utilizzo di nuove tecnologie. È una questione di cittadinanza, di diritti, di inclusione e, soprattutto, di dignità umana.
Digitale e diritti: una nuova forma di cittadinanza
Partiao da questa nuova forma di cittadinanza, la cosiddetta “cittadinanza digitale”, mediante la quale si rivendicano tanto diritti per così dire “tradizionali”, quanto diritti digitali.
Nel momento attuale, è necessario notare che anche la rivendicazione di diritti tradizionali risente delle caratteristiche della rete, un aspetto evidenziato nell’importante lavoro di Barbara Giovanna Bello, intitolato “(In)giustizie digitali. Un itinerario su tecnologie e diritti” (Pacini Giuridica, Pisa, 2023), dal quale emerge chiaramente che chi non ha accesso a Internet potrebbe essere escluso dall’esercizio dei propri diritti, inclusi quelli umani[1].
A tal proposito, il Rapporto pubblicato dall’ITU – International Telecommunication Union, intitolato “Measuring Digital Development. Facts and Figures” (novembre 2023: https://www.itu.int/en/ITU-D/Statistics/Pages/facts/default.aspx), offre un’analisi dello sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nelle diverse regioni del mondo.
Secondo il rapporto, circa il 67% della popolazione mondiale, corrispondente a 5,36 miliardi di persone, è attualmente connesso a Internet, con circa 280 milioni di nuovi utenti nel 2023. Questo progresso avvicina all’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite di connettere il 75% della popolazione globale entro il 2025; tuttavia, ne rimane un terzo, circa 2,6 miliardi di persone, che necessita ancora di connettività digitale.
La questione dei divari digitali
È la questione dei divari digitali (digital divide)[2] – ossia la situazione di disparità fra i soggetti che traggono beneficio da internet e quelli che, al contrario, ne risultano svantaggiati – problema di cui l’ONU ha iniziato ad occuparsi già da prima dell’epoca pandemica, periodo durante il quale è stato possibile assistere ad un’accelerazione dei processi di digitalizzazione e dunque anche delle forme di diseguaglianza nell’accesso e nell’uso dei dispositivi e delle tecnologie digitali (UN-General Assembly, Resolution on the Promotion, Protection and Enjoyment of Human Rights on the Internet, 18 luglio 2016 (A/HRC/RES/32/13), par. 5). Garantire una connettività universale e significativa è annoverata infatti tra le strategie per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile[3].
I divari digitali nelle persone anziane
Entro questo ampio quadro di riferimento, si colloca la ricerca condotta da Federconsumatori Modena e SPI-CGIL Modena, sfociata in un Report dal titolo “Esclusi: mappe del divario digitale di donne e uomini over 65 residenti in provincia di Modena”[4], che restituisce un quadro territoriale complicato e un divario digitale che include la metà della popolazione intervistata, e che si determina sulla base del genere, dell’età e del territorio di riferimento.
In questo contesto, con riferimento ai divari digitali nelle persone anziane, emergono pertanto alcune parole chiave che richiedono un’analisi approfondita e sollecitano una meticolosa riflessione.
I bisogni della cittadinanza
La prima di esse è bisogni: è, infatti, di fondamentale importanza condurre un’analisi accurata dei bisogni della cittadinanza al fine di implementare strategie efficaci in grado di soddisfarli. A tal proposito, è opportuno sottolineare che il termine ‘cittadinanza’ si riferisce a un insieme eterogeneo e variegato; pertanto, è imprescindibile considerare le specificità che caratterizzano ciascun gruppo, se non addirittura ogni singolo individuo, così da progettare e adattare i servizi in modo da rispondere adeguatamente ai bisogni distintivi di ognuno.
Tuttavia, attualmente, come ben noto, si assiste a un processo di crescente automazione – si pensi, ad esempio, alla progressiva estinzione degli sportelli fisici nelle istituzioni bancarie – senza che venga attuata una preparazione adeguata delle persone per affrontare questa transizione, né tantomeno una considerazione delle loro esigenze specifiche.
Il concetto di ageismo digitale
Nell’obiettivo di interrogarsi ed esaminare le cause e le motivazioni sottese a tali comportamenti, trova uno spazio il concetto di “ageismo digitale”[5] che si riferisce ai pregiudizi e alle discriminazioni di cui sono vittime le persone anziane in relazione all’uso e all’accesso alle tecnologie digitali. Questo fenomeno si fonda su stereotipi negativi che ritraggono gli anziani come individui meno capaci o meno interessati alla tecnologia. Le manifestazioni di questo pregiudizio possono avvenire sia a livello individuale – come nel caso in cui si presuma erroneamente che una persona anziana non sia in grado di utilizzare un dispositivo tecnologico – sia a livello sistemico, quando interi sistemi tecnologici vengono concepiti senza tenere in considerazione le esigenze specifiche di questo particolare gruppo di persone. Di conseguenza, un numero significativo di anziani viene escluso dalle innovazioni digitali, subendo così un’ulteriore emarginazione all’interno della società digitale contemporanea.
Anziani e vulnerabilità intersezionale
Siffatta forma di esclusione è ulteriormente amplificata dall’idea che la tecnologia sia un dominio esclusivo dei e delle giovani, creando così una barriera psicologica e pratica all’inclusione digitale delle persone anziane. A questa discriminazione si aggiungono ulteriori fattori, come quelli basati sul genere o sull’origine etnica, contribuendo a costituire una vulnerabilità intersezionale[6] che perpetua nel digitale le ingiustizie e le discriminazioni già esistenti nel mondo “reale”, privando alcuni soggetti della possibilità di aver voce nel processo di discussione pubblica e di decisione democratica.
Il valore dell’essere umano
La seconda parola chiave su cui si intende gettare luce in questa sede è valore, più precisamente il valore dell’essere umano in quanto tale. Si ritiene cruciale, infatti, riconoscere il valore intrinseco delle persone, in particolare per quanto riguarda la relazione con le persone anziane, per le quali, come ha segnalato Gianfrancesco Zanetti, “Toccare può essere appunto non solo ‘to cure’ (curare), ma anche ‘to care’ (prendersi cura di)” (Zanetti, Gf., Filosofia della vulnerabilità, Carocci, Roma, 2019, p. 130).
La tecnologia ha reso possibile la creazione di entità artificiali, come i robot, capaci di fornire assistenza agli anziani, che frequentemente si trovano in situazioni di solitudine e necessitano di supporto per assumere farmaci in orari prestabiliti. Sebbene tali strumenti possano apparire come una soluzione efficace e rappresentare una prospettiva, per certi versi, anche promettente per il futuro, è fondamentale interrogarsi sulla loro capacità di soddisfare realmente i bisogni delle persone anziane. È lecito considerare la possibilità di sostituire il valore intrinseco delle persone con una macchina? Può un’entità artificiale fornire il contatto umano e la vicinanza emotiva necessari per il benessere di queste persone?
Sebbene non si intenda fornire una risposta definitiva a tale quesito in questa sede, che non si presta a tale scopo, si desidera comunque offrire un’opportunità di riflessione, attingendo alle considerazioni espresse sempre da Zanetti: “Il tatto allude ad una forma di rispetto […]. È una forma di considerazione attiva, deliberata, che non può essere concettualizzata come sempre doverosa, proprio perché parte del suo valore risiede appunto nella costitutiva gratuità. […] La mancanza di questa performance può essere particolarmente dolorosa per coloro ai quali viene negata, proprio per via della sua gratuità. La cura può insomma dare all’altro più di quanto l’altro possa prendere – e quel surplus ha un insostituibile valore simbolico” (ivi, pp. 130-131).
L’alfabetizzazione digitale degli anziani
La terza parola chiave è formazione. Qualora si ritenga necessario implementare questo cambiamento, diventa fondamentale fornire opportunità formative anche alle persone anziane, affinché possano utilizzare in modo efficace determinati strumenti. In questo contesto, emerge il concetto di alfabetizzazione digitale (digital literacy), che non si limita semplicemente a garantire l’accesso a Internet, ma comprende anche l’acquisizione e il consolidamento delle competenze necessarie per navigare in modo sicuro e consapevole nello spazio digitale, permettendo così un esercizio pieno e attivo della cittadinanza digitale.
È imprescindibile, tuttavia, che tali interventi siano realizzati in collaborazione con le persone destinatarie di siffatta pratica di formazione permanente, comunemente definita “lifelong learning”. Questo approccio collaborativo e partecipativo non solo promuove una maggiore inclusione e partecipazione attiva degli individui nel processo di apprendimento e di conoscenza, ma risponde anche ai bisogni specifici di ciascun gruppo, in particolare delle persone anziane.
L’alfabetizzazione digitale deve quindi tenere conto delle diverse esperienze, competenze e necessità degli anziani, che variano ampiamente all’interno di questo gruppo demografico. Per esempio, alcune persone potrebbero avere una familiarità limitata con la tecnologia, mentre altre potrebbero possedere competenze più avanzate. Pertanto, un programma di educazione permanente dovrebbe essere personalizzato, in modo da rispondere in modo efficace ai diversi livelli di competenza e alle esigenze individuali.
Il diritto alla partecipazione al digitale delle persone anziane
Infine, si desidera porre particolare enfasi sull’ultima parola chiave: “agency”. Come evidenziato da Thomas Casadei in un suo recente contributo[7], l’agency si riferisce alla capacità e alla possibilità di agire autonomamente, scegliendo tra varie opzioni disponibili. Sebbene si possa considerare l’agency come una forma di “diritto alla partecipazione”, essa si estende oltre tale definizione, racchiudendo anche la facoltà di operare in modo consapevole e di impegnarsi attivamente, in particolare nel contesto digitale.
In quest’ottica, l’agency può essere concepita come il fil rouge che connette la capacità di scelta e il pieno possesso di conoscenza. Essa implica non solo il diritto di partecipare a decisioni e processi, ma anche la competenza necessaria per farlo in maniera informata e proattiva, ossia effettiva. La promozione dell’agency è dunque essenziale per garantire che gli individui, in particolare gli anziani e, più in generale, le persone appartenenti a gruppi (resi dalle circostanze sociali ed economiche) vulnerabili, possano non solo accedere alle tecnologie, ma anche utilizzarle in modo efficace per migliorare la propria vita quotidiana e contribuire attivamente alla comunità.
Abbattere le barriere sociali e generazionali
Alla luce di questo quadro, le parole di Luciano Floridi sono un ulteriore ausilio per meglio comprendere il contesto in cui le società attualmente si trovano: “[i]mmaginiamo che qualcuno chieda se l’acqua è dolce o salata nell’estuario dove il fiume incontra il mare. È chiaro che questa persona non conosce la natura speciale del luogo. Le nostre società informatiche mature stanno crescendo in un luogo nuovo e liminale, come le mangrovie che fioriscono nell’acqua salmastra”[8].
Concludendo, in questo senso, superare i divari digitali, abbatterli, significa costruire ponti invisibili, in questa acqua salmastra, che attraversano non solo distanze tecnologiche, ma anche e soprattutto barriere sociali e generazionali, affinché ogni persona possa camminare verso un futuro di effettive pari opportunità e di piena inclusione.
Note
[1] Cfr. Bello, B.G., (In)Giustizie digitali. Un itinerario su tecnologie e diritti, Pacini Giuridica, Pisa, 2023, in part. pp. 17-19.
[2] Cfr. Vantin, S., Digital divide. Discriminazioni e vulnerabilità nell’epoca della rete globale, in Casadei, Th., Pietropaoli, S. (a cura di), Diritto e tecnologie informatiche. Questioni di informatica giuridica, prospettive istituzionali e sfide sociali, Wolters Kluwer CEDAM, Milano, 2024, pp. 233-245; Casadei, Th., “Una questione di accesso”? Democrazia e nuove tecnologie. Il caso dell’istruzione, in Salardi, S., Saporiti, M., Vetis Zaganelli, M. (a cura di) Diritti umani e tecnologie morali. Una prospettiva comparata tra Italia e Brasile, Giappichelli, Torino, 2022, pp. 23-34; Peacock, A., Human rights and the digital divide, Routledge, Londra, New York, 2019; Lupac, P., Beyond the digital divide: contextualizing the information society, Emerald, Bingley, 2020.
[3] Il riferimento è in particolare al target 9c: “Aumentare significativamente l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e sforzarsi di fornire un accesso universale e a basso costo a Internet nei paesi meno sviluppati entro il 2020”.
[4] Il report è disponibile al seguente indirizzo: https://modena.federconsumatorier.it/esclusi-mappe-del-divario-digitale-di-donne-e-uomini-over-65-residenti-in-provincia-di-modena/.
Un recente confronto, aperto alla cittadinanza, sugli esiti di questa importante ricerca si è svolto venerdì 27 settembre 2024, nell’ambito della Notte Europea della Ricerca, in un incontro organizzato dal CRID – Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e vulnerabilità, Unimore, dal titolo: “Sguardi nella rete: indagini, testimonianze, esperienze tra opportunità, rischi e pratiche di cittadinanza”.
[5] Per un’approfondita indagine sul complesso fenomeno dell’invecchiamento della popolazione e i connessi passaggi generazionali dai punti di vista filosofico-critico, del diritto positivo, clinico ed economico, si rinvia a Dalbrenta, V., Invecchiamento della popolazione e passaggi generazionali (4 voll.), Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2022.
[6] Sulla nozione di vulnerabilità si rimanda a: Pastore, B., Giolo, O. (a cura di), Vulnerabilità. Analisi multidisciplinare di un concetto, Carocci, Roma, 2018; Zanetti, Gf., Filosofia della vulnerabilità, Carocci, Roma, 2019; Pastore, B., Semantica della vulnerabilità, soggetto, cultura giuridica, Giappichelli, Torino, 2021; Id., I molti volti della vulnerabilità, in Lorubbio, V., Bernardini, M.G. (a cura di), Diritti umani e condizioni di vulnerabilità, Erickson, Trento, 2023, in part. pp. 17-20.
[7] Casadei, Th., [Introductory note] Regulation, Awareness, Agency: Beyond the “Risk Paradigm”, in “Revista de derecho privado” (forum dedicato a Minors and the Use of Technology: Legal Protection and Personal Rights): https://revistas.uexternado.edu.co/index.php/derpri
[8] Floridi, L., Soft Ethics and the Governance of the Digital, in Philosophy & Technology, 31, 2018, pp. 1-8.