In questi giorni mia figlia Diletta sta iniziando a muoversi e questa cosa mi ha fatto tornare in mente come Riccardo ha imparato a camminare.
In pratica lui passava il giorno a guardare suo fratello Filippo correre e saltare dappertutto, quindi ad un certo punto ha iniziato a sentire un’esigenza, ovvero poter giocare con suo fratello. Quindi cos’ha fatto? Inizialmente, essendo la sua postura “sdraiata” ha cercato di muoversi trascinandosi, rotolando e poi gattonando finché, guardando come faceva Filippo ha provato prima tenendosi al muro ad alzarsi in piedi e poi con passo incerto e sempre con qualche supporto ha iniziato a mettere una gamba dopo l’altra per muoversi. E lentamente ha preso fiducia e confidenza finché non ha imparato bene a camminare e subito dopo a correre.
Mi colpisce sempre molto come i bambini imparano a camminare, perché non è che leggono un libro “come imparare a camminare”, ma non siamo nemmeno noi genitori ad insegnarglielo, dicendogli metti una gamba avanti, poi l’altra ecc.. semplicemente hanno un’esigenza e per tentativi ed errori imparano una tecnica per rispondere a quell’esigenza. La cosa positiva della tecnologia è che ti permette di mantenere questo approccio di apprendimento che è molto più naturale rispetto al metodo che abbiamo usato noi per imparare (ad esempio a scuola).
Adoro i libri e meno male che ci sono, infatti molte delle cose che racconto in questi video l’ho imparata leggendo libri e ricerche scientifiche, ma molte di più le ho imparate facendo un sacco di errori con i miei figli.
La differenza con il nostro metodo di apprendimento, a partire dagli anni dalla scuola, è che non è stato per tentativi ed errori, ma tramite la lettura dei libri e l’insegnamento di un altro che ci diceva cosa dovevamo imparare. Questo è un metodo molto lineare, dove si impara una cosa alla volta e in sequenza che è poco naturale e poco efficace, tanto è vero che ai bambini non piace la scuola e non piace che un altro ti dica cosa devi fare o cosa devi sapere, mentre un apprendimento per tentativi ed errori è più efficace perché è più naturale e ci fa mettere le mani in pasta per rispondere ad un’esigenza.
C’è una frase molto bella di un francese dal nome impronunciabile e per cui non lo pronuncerò, che dice “se devi costruire una barca non radunare marinai esperti e non insegnare loro come costruire la barca, ma ricordagli la nostalgia del mare”, ovvero fai in modo che sentano l’esigenza, perché quando hai l’esigenza il modo per fare le cose lo trovi!
Ecco, la tecnologia permette di mantenere questo approccio. Tanto è vero che per imparare ad usare lo smartphone nessuno ha letto il manuale di istruzioni, ma l’abbiamo preso in mano e facendo dei tentativi e a volte degli errori, piano piano, tornando indietro quando sbagliavamo il bottone, abbiamo imparato ad usarlo.
Questo metodo facilita anche molto l’essere multitasking, perché non segue la linearità del libro, ma le esigenze.
Tra l’altro i ragazzi sanno usare le tecnologia prima ancora di saper leggere, proprio perché non hanno bisogno di leggere cosa indicano i bottoni, ma usano l’intuito e l’esperienza e imparano per tentativi ed errori.
Quindi noi non possiamo obbligarli ad imparare come abbiamo imparato noi, perché così facendo li rallentiamo nello sviluppo cognitivo di alcune capacità che i loro compagni (e competitor nel mondo del lavoro) avranno, e quindi li mettiamo in difficoltà.
Oggi il mondo del lavoro ci chiede di essere molto flessibili e multitasking, lo chiede anche noi; la differenza è che oggi nessuno di noi è nativamente flessibile e multitasking, proviamo ad esserlo per esigenze, ma facciamo tutti fatica più o meno allo stesso modo, mentre la generazione dei nostri figli vedrà una netta differenza fra chi ha mantenuto l’approccio tentativi ed errori e coloro ai quali è stato impedito.
Non sto dicendo che sia giusto o sbagliato, ma è un po’ come se i nostri nonni, che hanno vissuto zappando la terra, ci avessero obbligato ad imparare a zappare la terra, dicendo che è una cosa che comunque nella vita serve saper fare e che loro sono cresciuti bene zappando la terra ecc.. Solo che poi all’epoca saper zappare la terra serviva per lavorare e vivere e quindi saperlo fare ti distingueva da chi non sapeva farlo e ti permetteva di lavorare, oggi saperlo fare non ti serve.
Mi spiace essere così poco romantico, ma purtroppo è così. A me piacerebbe molto saper coltivare la terra e avere un mio orto per mangiare frutta e verdura più buona e sana, ma oggettivamente è un tipo di abilità che mi servirebbe a poco in questa epoca.
Quindi lasciamo ai nostri figli la possibilità di sperimentare e sbagliare e come dice il francesce di cui ho paura a pronunciare il nome “se devi costruire una barca non radunare marinai esperti e non insegnare loro come costruire la barca, ma ricordagli la nostalgia del mare”, perché quando hai l’esigenza il modo per fare le cose lo trovi!
Spero che questo video ti sia piaciuto, il prossimo video sarà: “i nostri figli ci guardano”!