L’arte generativa basata sull’intelligenza artificiale offre orizzonti totalmente innovativi e inesplorati per coloro che si occupano di creatività a livello professionale. L’argomento è al centro di molte discussioni relative alla pianificazione didattica di Istituti di alta formazione artistica.
A Roma, il 22 giugno scorso, presso la sede di di AANT (Accademia delle arti e nuove tecnologie) si è tenuto l’incontro dal titolo AI Bounds, in cui le accademie di design del territorio, si sono confrontate sui loro approcci, offrendo una visione della
problematica ad ampio raggio, descrivendo, ognuna, il proprio punto di vista.
Arte generativa, che cos’è
L’arte generativa è una forma d’arte che utilizza algoritmi e processi computazionali per creare opere d’arte. Alla base del processo creativo ci sono regole e parametri
predefiniti sulla base dei quali gli artisti avviano l’algoritmo, arrivando ad un risultato finale spesso imprevedibile. Questi algoritmi possono essere progettati per generare opere casuali o seguirne precise direttive estetiche.
L’arte generativa sfida le tradizionali nozioni di autore e originalità artistica, poiché l’artista non controlla completamente il risultato finale, ma collabora con il processo generativo.
Le opere generative possono assumere molte forme: fotografie, dipinti, sculture, installazioni, musica, video e opere digitali interattive. Gli algoritmi possono essere progettati per generare opere casuali, ma possono anche rispondere a input specifici o seguire determinate regole o strutture.
L’arte generativa e l’intelligenza artificiale sono strettamente correlate e spesso, nell’immaginario collettivo, tendono a sovrapporsi. L’intelligenza artificiale, infatti, può essere utilizzata come uno strumento o una tecnologia per creare opere d’arte generative. Inoltre, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per creare algoritmi generativi complessi che producono opere d’arte originali e spesso sorprendenti. D’altro canto, l’arte generativa può anche essere considerata come un campo di ricerca all’interno dell’intelligenza artificiale. Gli artisti e i ricercatori possono, cioè,
utilizzare l’arte generativa come contesto per sviluppare nuovi algoritmi e modelli di intelligenza artificiale, esplorando la creatività computazionale e l’interazione tra l’essere umano e la macchina.
Perché è al centro di discussioni sulla didattica
L’uso sempre più frequente dell’arte generativa in una delle fasi del processo di progettazione di un prodotto creativo (l’elaborazione di un moodboard, la definizione dell’output, la presentazione del progetto eccetera), palesa la necessaria presa d’atto di un cambiamento nelle metodologie di progettazione che non può essere ignorato dalle scuole di formazione. Eppure, trattandosi di luoghi in cui gli studenti hanno il loro primo
approccio con un metodo di lavoro che farà di loro dei professionisti, trovare il modo più adatto per trasmetterlo non è di certo un fatto banale.
Il creativo, infatti, potendo intervenire nella progettazione dei sistemi, delle regole e degli algoritmi che generano le opere, deve trovare un equilibrio tra il controllo creativo e l’elemento di casualità o autonomia del sistema. Egli può definire i parametri, stabilire le regole di interazione o modellare gli algoritmi per creare un’opera che rispecchi la propria visione artistica e può intervenire nel processo di interpretazione e selezione
delle opere generate. Egli inoltre può esplorare molte varianti di un’opera e scegliere quelle che meglio comunicano il proprio intento artistico e può intervenire sulle opere generate per perfezionare il risultato finale secondo i propri obiettivi.
Ma, da ente formativo, la domanda da porsi è come istruire i docenti e come insegnare le regole da seguire. Una volta capite le regole da seguire.
Il confronto
AI Bounds ha rappresentato un momento di incontro in cui alcune accademie creative italiane (AANT, IED, NABA, RUFA) si sono interrogate sulle nuove competenze che gli
studenti devono acquisire nell’uso dell’intelligenza artificiale per creare opere d’arte generative, facendo mantenere loro, però, uno spirito critico ed etico. Usare l’intelligenza artificiale per la generazione di opere creative implica riflessioni sull’autenticità artistica, la proprietà intellettuale, la privacy e l’etica dell’automazione creativa. La didattica dovrebbe incoraggiare gli studenti ad approfondire le loro capacità di espressione artistica in ottica transdisciplinare, per averne il completo controllo.
Dal confronto emergono soprattutto due approcci differenti delle accademie che, seppur diversi in linea di principio, comportano vedute che convergono sui risultati finale.
Gli approcci delle Accademie
Gli approcci sono i seguenti:
- sperimentazione in vista di una forzatura delle potenzialità dell’AI in modo che si adatti ad una metodologia già consolidata;
- test in vista di una forzatura della metodologia che si adatti alle peculiarità dell’AI in modo che si testino nuovi metodi di lavoro.
Gli approcci convergono nel controllo umano della procedura, nel rispetto dell’etica del lavoro di tutte le parti coinvolte. Concetti su cui, tutti gli enti di formazione sembrano d’accordo.
Il primo approccio prevede una modalità d’intervento da parte della didattica, nel senso di “forzare” l’intelligenza artificiale “curvandola” sia in modo verticale – su disciplina – che orizzontale sui singoli corsi, che “diagonale” in ambito interdisciplinare. Applicando questa procedura, gli speaker vocali sono diventati voci da riportare all’umano in film e app. Invece avatar per videogame sono tornati ad essere “schizzati” su carta. Testi generativi hanno interagito con chat programmate dagli studenti per social game e perfino i sogni degli studenti sono diventati immagini AI poi scattate su polaroid e post-prodotte in B/N per renderle irriconoscibili attraverso lo sguardo (immaginativo) del loro autore (cito Max Giovagnoli).
Il secondo approccio, apparentemente più utilizzato dalle Accademie, in questa prima fase di sperimentazione in aula dell’utilizzo dell’AI, vede la di misurare le metodologie attualmente in uso per la progettazione di un’opera creativa e il tentativo di tarare diversamente i tempi della procedura, nonché le fasi di lavoro, in funzione di un adattamento ai tempi di lavoro e al linguaggio degli strumenti che l’AI mette a disposizione per la generazione di nuove opere.
Rientrano in questa sperimentazione l’adattamento delle regole per la scrittura di uno storyboard per la parti video, o di implementazione di moodboard lato visual, adattandosi a trovare un compromesso tra i propri canoni estetici e quelli generati dall’AI.
Entrambi questi approcci prevedono, come esito, un momento di riflessione critica il cui scopo è quello di modificare piani di studio e metodologie della progettazione in modo da rendere gli studenti sempre più competitivi nel mondo professionale di domani.
Conclusioni
Non esistono manuali da usare al momento, ma continuare a dialogare scambiando le proprie esperienze penso possa essere la chiave per accelerarne la scrittura, o la loro eventuale previsione. AI Bounds ha rappresentato un primo esempio in tal senso che speriamo non rimanga isolato.
Bibliografia
“A chi appartiene un’opera creata dall’intelligenza artificiale?“, Wired 28.06.2023.
Lev Manovich, “Artificial Aesthetics: A Critical Guide to AI, Media and Design”.
Ellen Glover, “AI-Generated Content and Copyright Law: What We Know“.