L’accesso alla rete e ai Social Network è talmente pervasivo tra i giovani da aver praticamente livellato ogni differenza sociale: si pensi che il 90.3% dei ragazzi con più di 14 anni è connesso a Facebook.
La rete è un coacervo di connessioni, che può essere volano di cultura, promozione sociale e lavoro, oppure violenza e abuso. La scuola non può esimersi dall’includere organicamente la cultura della rete, pena restare esclusa dal proprio tempo e tradire, di conseguenza, la propria missione. I possibili approcci, in questa direzione, sono molteplici: dall’utilizzo dei social network come linguaggio sperimentale e strumento di lavoro, all’educazione – in senso stretto – al corretto comportamento in rete, ovvero a come farne un uso positivo e difendersi dai rischi.
Secondo il rapporto Eurydice della Commissione Europea l’Italia è uno dei pochissimi paesi dell’Unione a non avere una forma di educazione digitale nei piani di studio scolastici.
La proposta di legge di cui sono prima firmataria è volta a colmare questo grave gap. Con essa si vuole introdurre l’insegnamento di “educazione e cittadinanza digitale” nelle scuole di ogni ordine grado, individuando nell’ambito del collegio dei docenti, un docente “educatore digitale” che faccia da riferimento in un corpo di insegnanti caratterizzato da disomogenea competenza digitale, per favorire un’armonica diffusione di elementi di educazione alla rete nel curriculum delle singole discipline. Di conseguenza nella formazione della classe docente saranno introdotte le competenze digitali, finora assenti nei percorsi di abilitazione all’insegnamento e anche nei percorsi di orientamento al lavoro troverà spazio l’uso positivo delle nuove tecnologie.
Sono convinta che questa proposta contenga alcune misure efficaci per rendere organica l’inclusione della tecnologia 2.0 a scuola: essa non dovrà mai più schizofrenicamente essere convitato di pietra, ma piuttosto strumento per educare i giovani a trarre il meglio dal nostro tempo e migliorare il futuro proprio e degli altri.