Sui social media si sta diffondendo una nuova ondata di attacchi, basati su molestie online, fake news e meme, scagliati contro la comunità Lgbtq+.
La destra statunitense, con il Partito Repubblicano fagocitato dall’ala Alt Right pro Trump, ha scelto una buzzword legata alla disinformazione: l’espressione “Ok, groomer” che fa il verso al meme “Ok boomer”, dove grooming è un termine relativamente recente, mutuato dalla psicologia nei temi legati agli abusi sessuali.
Con questa feroce espressione inammissibile, la destra fondamentalista accusa la comunità Lgbtq+ di essere composta da pedofili e predatori sessuali. Accuse ovviamente del tutto prive di fondamento, ma che riemergono come fiumi carsici da secoli per emarginare persone e porre le basi per persecuzioni. Ecco perché queste fake news, che traggono linfa da oscure leggende metropolitane, tornano alla ribalta oggi, e perché sono pericolose per la democrazia.
Molestie e fake news: la comunità Lgbtq+ è sotto attacco sui social
Il modus operandi di chi lancia fake news è collaudato. Si dice che la comunità Lgbtq+ è composta da “groomer”, predatori sessuali che abusano della loro posizione di potere contro giovani più vulnerabili, perfino accuse di pedofilia che coinvolgerebbero bambini o teenager. Ma groomer ha anche un’altra accezione negativa: condizionare talmente gli abusati da accettarne gli abusi sessuali.
Ovviamente si tratta di accuse completamente infondate, come già lo erano quelle contro Hillary Clinton ai tempi della campagna elettorale di Trump nelle elezioni Presidenziali del 2016.
A scagliare accuse infondate di essere groomer sono meme e menzogne ripetute all’infinito, prima sui siti legati a Steve Bannon poi su Tik Tok e social media, fino ad inquinare i pozzi – come tutte le fake news. Lo scopo è quello di polarizzare l’elettorato in vista delle prossime elezioni di mid-term.
Il Partito Repubblicano, sempre più affine a Trump, punta a mettere in difficoltà l’amministrazione Biden. Ma anche intende approfittare del vantaggio alla Corte Suprema, dove intanto si gioca la partita contro l’aborto, secondo i leak emersi sui quotidiani.
La destra inoltre accusa la sinistra di essere ossessionata dall’insegnamento ai bambini dell’identità sessuale e di genere.
Gli insegnanti che usano l’espressione “gender fluid” ricevono l’accusa di essere “groomer” nei confronti dei loro studenti e quindi di abusare di loro. L’accusa è di fare “indottrinamento liberale” sui bambini e ragazzi. Un ossimoro, in quanto il pensiero liberale è libertà di insegnamento, l’opposto dell’indottrinamento, tipico delle dittature.
Il caso Trevor Project e Libs of TikTok
Ma l’accusa di essere groomer va oltre. Ora è rivolta anche contro il Trevor Project, una linea anti suicidio per teenager. Infatti, si tratta di un’organizzazione non-profit americana dedicata alla prevenzione del suicidio tra le giovani e i ragazzini della comunità Lgbtq+. Anche persone omosessuali del mondo dello spettacolo e dello sport si uniscono al Trevor Project per dissuadere dal suicidio le giovani lesbiche e i ragazzi gay, bisessuali, transgender, queer e non binary. Da vari studi, infatti, emerge che i giovani Lgbtq+ corrono rischi, legati alla loro salute, superiori rispetto ai loro coetanei etero o cisgender.
Tuttavia l’account Libs of TikTok, con oltre 1 milione di follower, aperto da uno degli assalitori di estrema destra dell’insurrezione al Campidoglio USA del 6 gennaio 2020, ha definito il Trevor Project una “grooming organization”.
Libs of TikTok, inoltre, è l’account che ha cercato di far perdere il posto a docenti queer. Inoltre, l’account Moms 4 Liberty, che si occupa di censurare libri di minoranze o comunità Lgbtq+, sta perfino cercando di insinuare il dubbio che l’organizzazione non-profit americana incoraggi i ragazzi a non dire la verità ai genitori. Ma il Trevor Project incoraggia la riservatezza per difendere i ragazzi da casi di omofobia in famiglia, non certo per tenere il segreto su abusi, scopi oscuri o illeciti.
Se osservate un’affinità fra le accuse di essere groomer e le teorie cospiratrici di Q Anon, non è affatto un caso. Infatti “salvare i bambini” era il mantra delle fake news dei cospirazionisti che cercavano improbabili legami fra la pedofilia e il Partito democratico americano, durante la campagna elettorale di Hillary Clinton. Inoltre, lo stesso mantra è stato usato nel famoso caso di Bibbiano in Italia.
Orrori medievali tornano alla ribalta
Ma non solo. Le storie oscure di pedofilia affondano le radici nel Medio-Evo (accuse di rapimenti ed abusi di bambini) e spesso hanno a che fare con l’antisemitismo e rituali satanici.
Queste cospirazioni sono inoltre riemerse nel XX Secolo, quando hanno posto le basi teoriche al genocidio degli ebrei. Poi, come fiumi carsici, sono riapparse di nuovo da metà anni ’70, 80′ e 90′ con la fake news dei messaggi rock satanisti (ascoltando le musicassette al contrario).
Infine, la leggenda urbana dei bambini rapiti per bere il loro sangue e abusare di loro è una storia di orrore, anche usata per giustificare il genocidio di sei milioni di ebrei, e porre le basi all’antisemitismo, alle persecuzioni e comunque per emarginare persone da secoli.
La legge “Don’t Say Gay” in Florida
Lo scorso 28 marzo il governatore repubblicano della Florida ha varato la legge “Don’t Say Gay”, che entrerà in vigore a partire dal 1° luglio. Una legge che ha sollevato le proteste sia della Casa Bianca che delle organizzazioni di sostegno. Anche la Disney è giunta ad affermare: “Speriamo che venga abrogata”.
La normativa non è solo controversa, è proprio da abrogare. Infatti, secondo la legge “Diritti dei genitori nell’istruzione”, voluta dal governatore repubblicano Ron DeSantis, d’ora in poi gli insegnanti e gli educatori esterni non potranno più parlare di temi o persone Lgbtq+ nelle scuole dello Stato. Per questo motivo, gli oppositori l’hanno ribattezzata la legge “Don’t Say Gay“, perché stabilisce che “un distretto scolastico non può incoraggiare la discussione sull’orientamento sessuale o l’identità di genere nelle classi elementari“.
Inoltre, è una misura che arriva dopo uno tsunami di normative che prendono di mira i giovani queer non solo a scuola, ma anche nei campi sportivi e negli studi medici in tutti gli Stati Uniti.
Anche il Trevor Project ha condannato con fermezza la misura, accusata di cancellare “l’identità, la storia e la cultura Lgbtq+ così come gli stessi studenti Lgbtq+”.
La retorica omofobica: le fake news contro la comunità Lgbtq+
L’accusa di essere groomer è dunque omofobia, ma nasconde anche altri aspetti più inquietanti. Infatti, analizzando la fake news sui predatori sessuali, entriamo nella carne viva della peggiore retorica omofobica.
La vera fake news sulla comunità Lgbtq+ è infatti l’associazione fra omosessualità e pedofilia. L’accusa di essere predatori sessuali contro i bambini serve a marginalizzare da secoli le persone queer.
Perché sta accadendo ora questo attacco frontale alle comunità Lgbtq+ con accuse infamanti? Da quando è stato reso costituzionale il matrimonio gay negli USA, i conservatori americani percepiscono di aver perso la guerra culturale su questi temi specifici. Dunque, radicalizzano lo scontro.
Stanno infatti risorgendo legislazioni omofobiche negli USA, perfino quelle leggi sulla sodomia che negli Stati Uniti mettevano fuori legge una varietà di atti sessuali e in alcuni stati federali vigevano fino al 2003.
Ma il fatto che negli USA la destra minacci di equiparare l’omosessualità e l’identità queer con la pedofilia e le molestie, non solo è di una gravità inaudita, ma la fake news dimostra quanta fiducia l’Alt Right americana nutra nella possibilità di avere successo.
L’estrema destra ha dunque l’ambizione di portare gli americani ad avversare i diritti dei gay e trans? In Italia, il Paese che ha affossato il Ddl Zan contro omofobia e transfobia, sappiamo quanto forti siano le pressioni su questi temi, considerati “identitari” dall’estrema destra illiberale.
Infine, un altro caso ha scosso l’America: la senatrice Lana Theis ha accusato la senatrice dello stato del Michigan Mallory McMorrow di “adescamento e sessualizzazione di bambini” nel tentativo di emarginarla. Il video ha superato la soglia del milione di visualizzazioni su Twitter. Segno che certi video sono virali e trovano ascolto in una platea di elettori sempre più radicalizzati contro le minoranze.
Il ruolo dell’Hate speech sui social
“In generale i meme sono un prodotto della cultura Internet”, commenta Giovanni Boccia Artieri, sociologo, saggista e Professore di Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo: “E in particolare di ambivalent Internet, perché permettono di far passare dei messaggi, scambiati per qualcos’altro: per esempio qualcosa di ironico, un messaggio sopra le righe e consentono di aggregare comunità, perché è molto semplice scambiarli, inviarli, mettere i Like, condividerli, in contesti molto diversi.
I meme sono strumenti che possono partire anche in sordina ma poi diventano strumenti di comunicazione aggregata molte forte. Nell’attuale scenario, in cui elementi della cultura digitale sono nati in un particolare contesto storico di una Rete libertaria, sono poi diventati uno degli strumenti principe dell’aggressività delle destre estreme come quella USA. Non è un fenomeno nuovo, ogni tanto riemerge ed attacca comunità di tipo diverso, ma sotto c’è un’idea ancora più forte: non solo attaccare una specifica comunità, ma definire quello spazio sociale e di comunicazione pubblica come uno spazio di libertà di espressione della destra”. L’obiettivo dei meme e dell’Hate speech è polarizzare e radicalizzare il proprio elettorato, con tutte le tecniche social, in vista delle elezioni di mid term.
I Gender studies e le fake news
La “teoria del genere” è nel mirino di critiche da parte di vescovi ed associazioni cattoliche, ma soprattutto movimenti conservatori di tutto il mondo. Ma non esiste alcuna “teoria del gender” o “ideologia di genere”. Infatti queste etichette uniscono e travisano, sotto un unico ombrello studi, ricerche e rivendicazioni di diritti da parte della comunità Lgbtq+.
Invece i Gender studies, se si può semplificare, riguardano lo studio come nel corso del tempo, nella storia e nella cultura si siano formate le identità femminili e maschili. Le ricerche valutano come le norme relative all’ordine sessuale siano storicamente date. Quest studi, dagli anni ’50 e ’60, esplorano il sistema socialmente costruito intorno alle identità ovvero il ruolo di genere, oltre ad indagare la percezione che ognuno ha di sé come maschio o femmina ovvero l’identità di genere.
Inoltre, non intendono negare le differenze fisiche o anche solo affermare che chiunque possa decidere, scegliere o inventare la propria identità e il proprio orientamento sessuale.
Infine, queste teorie sono talmente travisate da far perdere la bussola e provocare strabismo anche su temi come il Gender gap. A causa di presunti “riferimenti all’ideologia gender”, infatti, il partito italiano Fratelli d’Italia, l’unico guidato da una Parlamentare donna, Giorgia Meloni, è giunto a votare contro le leggi sulla parità salariale a livello europeo. Normative a favore delle donne, dove l’ideologia gender nulla ha a che fare. Ma è un attacco alle minoranze, donne comprese, come l’assalto della Corte Suprema USA ai diritti civili.
Oltre le fake news: nel mirino sono i diritti civili delle minoranze
Nel mondo occidentale è in atto uno “scontro di civiltà” epocale contro tutte le minoranze. Lo conduce una destra, che definiamo Alt Right, ma è la solita estrema destra degli ultimi cento anni. E lo dimostra il fatto che la Corte Suprema americana, a maggioranza reazionaria e ultracattolica, secondo fonti autorevoli, starebbe per vietare il diritto di abortire negli Stati Uniti d’America.
Tuttavia, “l’espressione ‘scontro di civiltà'”, commenta Lorenzo Gasparrini, blogger, attivista antisessista e dottore di ricerca in Estetica, “sia più utile alle destre conservatrici, perché possono facilmente convincere che sono loro la civiltà: in effetti di progressismo non ce n’è mai stato tradizionalmente molto in giro”.
Invece “credo che, di fronte a un potente impoverimento delle classi economicamente egemoni (l’allargamento della forbice tra ricchi e poveri ha aumentato spaventosamente i poveri ma sta anche diminuendo molto il numero dei ricchi) è stato facile – per una classe politica che non può più fare presa sul benessere economico (che non è più possibile come in passato) – puntare a creare nemici fantoccio per distrarre dalle consuete manovre oligarchiche. Rientrano in questa creazione di fantocci tutte le retoriche di destra, dalla lobby gay che domina, l’aborto da proibire perché siamo sempre di meno e per questo più poveri, la denigrazione delle previsioni ambientali perché sarebbero false…”. Tutta la retorica di destra, basata su fake news.
Anche le conseguenze della decisione della Corte Suprema sarebbero enormi: la revoca della legislazione sull’aborto federale sfocerebbe in un terremoto civile e politico di proporzioni epocali.
Ma anche questo va decodificato come “un ‘contentino’ atto a rimettere in piedi il mercato del lavoro: con più donne a casa a pensare ai bambini magicamente si creano più posti di lavoro per gli uomini”, sottolinea Gasparrini. Negli USA si sta creando la “classica situazione nella quale anche i più moderati, ma pure qualche progressista esasperato comincia a desiderare ‘un uomo solo al comando’. Dunque, la tipica politica di destra”, mette in guardia Gasparrini, che continua: “Ad inventare l’accezione negativa di ‘ideologia’ è stato Napoleone, per denigrare gli intellettuali progressisti del suo tempo. Adesso tutte le destre accusano chi non la pensa come loro di fare ideologia, ma chissà cosa sarebbe la loro…”.
Ma le ultradestre fondamentaliste religiose, nella Russia del Patriarca ortodosso Kirill (che considera la guerra in Ucraina anche una crociata anti gay) e negli Stati Uniti, non si fermano. Con le loro scelte, sembrano voler distruggere la civiltà occidentale nata dai valori dell’Illuminismo. Usano fake news contro la comunità Lgbtq+ per azzerare quei unici valori che hanno condotto al progresso, alla giustizia e alla libertà, e che vengono messi in discussione da tutte le Alt Right che, fra l’altro, agiscono in maniera sincrona, all’unisono (segno che un filo nero le unisce almeno nel coordinare l’agenda e le priorità di lotta e sui social) sullo scacchiere occidentale.
Tuttavia, osserva Gasparrini, “il ‘pensiero’ AltRight fa di peggio che mettere in discussione i valori: nega proprio l’esistenza a determinate categorie di persone, in modo che sparite loro, non abbiano alcun senso anche i loro valori. Non puntano a negare i diritti a chi non è eteronormato, puntano proprio a eliminarlo fisicamente (vedi il fenomeno Incel, delle comunità misogine, xenofobe, pronte ad incoraggiare la violenza, a diffondere opinioni estremiste e a radicalizzare i loro membri: fenomeno definito dal Southern Poverty Law Center come parte integrante del suprematismo maschile digitale)”.
Gasparrini conclude: “La politica è già social. Digitalmente si attuano le pratiche di distrazione mentre cambiano le leggi, i regolamenti, i meccanismi elettorali e di cooptazione delle ‘truppe cammellate’ – intanto là fuori i poteri istituzionali picchiano chiunque manifesti, senza distinzione. Mentre il web diventa sempre meno libero e democratico, le botte e le cariche di polizia sono rimaste cose democratiche: toccano chiunque”.
Quali rischi corre la democrazia con la radicalizzazione online contro le minoranze
Abbiamo contattato anche Giulia Blasi, scrittrice, conduttrice radiofonica e giornalista italiana specializzata in temi sulla condizione femminile e sul femminismo: “Al Congresso la maggioranza dei democratici è risicata, dunque potrebbe avvenire un rovesciamento degli equilibri politici. Infatti, le elezioni di mid-term sono un’occasione abbastanza ghiotta per i Repubblicani per riprendersi la maggioranza. Inoltre le elezioni negli USA avvengono in maniera diversa, spesso i distretti (quelli che per noi sarebbero i collegi elettorali) vengono ridisegnati forzosamente dai politici per provare a prendersi zone che sono a favore del loro messaggio politico e rispondono alla loro campagna elettorale. Questa pratica si chiama gerrymandering”.
Fake news e digital gerrymandering
Dunque, il digital gerrymandering, condotto a colpi di fake news, può manipolare il flusso di informazioni nei social media, a tal punto da modificare la percezione del voto politico fra i membri di una comunità virtuale.
Lo ha rivelato uno studio di un gruppo di ricercatori statunitensi coordinato da Alexander J. Stewart dell’Università di Houston che ha scoperto che, se la democrazia necessita di un elettorato informato, l’alterazione del modo in cui l’informazione circola nella società provoca un impatto proprio sui processi democratici.
Il digital gerrymandering è infatti la presentazione selettiva dell’informazione, da parte di un intermediario, al fine di favorire i propri interessi, invece di quelli del destinatario del messaggio.
Il gerrymandering prende il nome da Elbridge Gerry, ex governatore del Massachussets, che, oltre due secoli fa, inventa un metodo per ridisegnare i collegi elettorali. Infatti Gerry scopre che la manipolazione dell’informazione permette di aggregare in modo esponenziale gli elettori pro domo sua, cercando di mettere in minoranza quello avversario, e così alterando i confini del distretto.
Con le fake news sui social media, il gerrymandering digitale acquista una potenza di fuoco enorme. “Il cambio dei confini dei distretti permette di acquisire i distretti in cui sono più popolari”, ci spiega Giulia Blasi, “ciò crea un vantaggio per chi riesce a ridisegnare i collegi elettorali. I Repubblicani sono molto forti sia nella pratica del gerrymandering che in quella della soppressione del voto: trovano tutti i modi per non dare la possibilità di votare a poveri e alle minoranze. Inoltre, negli USA, poiché si vota di martedì (e non di domenica), vota solo chi può permettersi di prendere una giornata di ferie per andare a votare. I Repubblicani hanno infine cercato in ogni modo di sopprimere il voto postale, tentativo fallito con cui Trump ha coniato la fake news delle ‘elezioni rubate’, alla base dell’assalto al Congresso, che è stato un tentato golpe (non ancora finito, e che potrebbe ripresentarsi in futuro)”.
Continua Giulia Blasi: “I Repubblicani, per la maggior parte fondamentalisti, potrebbero tornare a vincere, perpetrando danni incalcolabili alle donne e alle minoranze, come sta già accadendo.
A questo proposito, è interessante osservare come nella bozza diffusa in esclusiva da Politico, il giudice Samuel Alito, di orientamento conservatore, l’opinione contro l’aborto con cui la Corte Suprema punterebbe a revocare la sentenza Roe v. Wade, “si riferisce a fonti seicentesche: infatti, Alito chiama in causa opinioni di un influente giudice inglese della fine del ‘600, Matthew Hale, per avvalorare le sue tesi e così abrogare una precedente sentenza della Corte Suprema che impediva agli stati di votare leggi contro l’aborto. (Hale, anche se ai suoi tempi già si dubitava finalmente dell’esistenza delle streghe, riuscì a condannare almeno tre donne a morte per stregoneria: ecco la fonte autorevole del diritto a cui si ispira Alito, ndr).
La mancanza di tradizione sufficiente non si riferisce solo all’eventuale abrogazione dell’aborto, ma fa saltare tutte le coperture per tutte le minoranze: di genere, etniche, di identità ed orientamento sessuale. Potrebbe perfino diventare illegale la contraccezione”. Una polarizzazione forte che fa emergere anche un rischio sotteso di guerra civile: “Del resto, Chelsea Manning ha detto che, se le minoranze temono per i propri diritti, dovrebbero armarsi”.
“In Europa e in Italia, le destre sovraniste (perché l’Alt Right è un nome nuovo, ma si tratta di estrema destra fascista) si muovono in maniera unitaria con le destre fondamentaliste americane: lo ha provato il Congresso Mondiale delle Famiglie, dove convergevano i pro life a Verona nel 2019, e che ebbe perfino il patrocinio del governo italiano di allora, seppur ottenuto in maniera ambigua. Tutte le destre hanno come obiettivo politico l’oppressione delle donne e di tutte le minoranze, Lgbtq+ eccetera.
Dunque, i pro life generano morte: già si contano le morti a causa delle scelte anti abortiste in Polonia, e dunque abrograre l’aborto non fa nascere più bambini, ma fa solo morire più donne. Infine, negli USA, dopo la prima bozza dell’attesissima decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, si parla già di offerta domestica di neonati: si parla di bambini come cose e delle donne come incubatrici”.
Feels like this has been largely overlooked, but Alito’s draft Supreme Court opinion on abortion uses the phrase “domestic supply of infants.” It’s real, on page 34. DOMESTIC SUPPLY OF INFANTS. pic.twitter.com/VuQWTJ4NHd
— Brandon Friedman (@BFriedmanDC) May 6, 2022
Conclusioni
L’espressione “Ok groomer”, usata contro la comunità Lgbtq+, andrebbe abolita. E non è questione di politically correct, ma di discorso di verità.
Come scrive il giornalista Gianluigi Nuzzi nel suo nuovo libro “I predatori (tra noi)”, quello dei predatori sessuali è un fenomeno sociale. Tuttavia non ha nulla a che fare con alcuna minoranza Lgbtq+, invece è purtroppo un fenomeno sociale che colpisce le donne trattate come “bambole di pezza”. Donne da stordire con droga e benzodiazepine per abusarne sessualmente e scattare foto.
Il modus operandi di questi aggressori contro le donne è criminale e inquietante. I predatori sessuali, quasi sempre eterosessuali, usano ansiolitici e psicofarmaci in maniera impropria come armi per abbassare le difese delle ragazze e cancellarne la memoria, evitando al contempo di ricevere denunce per le aggressioni e gli stupri compiuti.
In poche parole, i predatori esistono ed è un fenomeno sociale che sta emergendo come quello delle comunità Incel, ma il punto vero è che sono tutti fenomeni, apparentemente scollegati, ma che hanno un denominatore comune: colpire tutte le minoranze, donne e Lgbtq+. E cercano di marginalizzare le minoranze, prima a colpi di mene e fake news, con il detournement (da Ok boomer a Ok groomer), fino a creare un capro espiatorio da dare in pasto alla propaganda.
Per difendere le minoranze, compresa la minoranza Lgbtq+, bisogna dunque rafforzare la lotta alle fake news, che inquinano il dibattito pubblico e fanno il gioco dell’estrema destra occidentale (che sfrutta l’alleanza digitale con i troll russi di Putin per hackerare le democrazie occidentali).
L’Alt Right contro le minoranze è infatti a favore del suprematismo bianco, contro il femminismo e i progressi delle donne e contro tutti i diritti civili, compresi quelli della comunità Lgbtq+ e delle minoranze etniche (contro Black Lives Matter eccetera).
Le destre fondamentaliste alimentano l’ambizione di smantellare tutti i diritti civili, prima a colpi di fake news per fare propaganda sui social, e poi con atti legislativi quando giungono al potere. E arrivano nelle stanze dei bottoni, spesso grazie alla manipolazione sui social (come già successo negli USA nel 2016 e in UK nel Referendum contro la Brexit e in Italia nelle elezioni del 2018). Il dovere dei giornalisti è dunque quello di smascherare i collaudati meccanismi che diffondono le fake news sui social media, approfittando dei bias cognitivi, e sfruttandone il potere pervasivo.
Poiché siamo tutti lettori distratti, immersi in uno scenario di overload di informazioni e con scarso tempo disponibile a causa di stressanti ritmi di lavoro, quando leggiamo in fretta le notifiche sullo smartphone, utilizziamo le euristiche ovvero scorciatoie per farci una rapida idea di un tema. Cerchiamo di fare il minimo sforzo. I bias cognitivi sono dunque euristiche deboli. Tuttavia, le distorsioni del procedimento mentale non sono facili da sradicare. E se i bias cognitivi nascono dalla fretta, capiamo perché le fake news attecchiscano così bene.
Inoltre, l’algoritmo dei social media, che propone all’utente i contenuti digitali sulla base di quello che hanno selezionato in passato, fomenta l’illusione della frequenza. I lettori si illudono che certe notizie false siano vere perché le visualizzano più frequentemente sulle proprie bacheche. Credono che gli articoli in linea con le loro opinioni aumentino, in quanto popolari, ma in realtà crescono solo quelli che selezionano più di frequente, alimentando così i pregiudizi perché non escono mai dalla loro filter bubble.
Nel caso di fake news e bias cognitivi, il problema dipende dal fatto che gli utenti non hanno il tempo o gli strumenti o a volte perfino il bagaglio culturale per verificare i fatti. Ma questo meccanismo rafforza la riprova sociale: se un’opinione piace a molti, i consumatori sono propensi a considerarla valida e a concedere fiducia a chi la esprime. In questo modo, per esempio, la propaganda russa attecchisce in Italia più facilmente che altrove: trova un terreno fertile e un sistema mediatico che non verifica le fonti, ma che distorce il concetto di pluralismo, dando uno spazio enorme in Tv anche a chi dice palesemente il falso, senza contraddittorio e fact checking. Analogamente è avvenuto per i contenuti no vax, anti greenpass e contro le minoranze.
Infine, le fake news tendono a polarizzare. Infatti, gli utenti dei social media che preferiscono concedere credito a teorie per loro più accessibili, e che sono coerenti con il loro bagaglio culturale e non contraddicono le convinzioni più profonde, si radicalizzano sempre di più.
Il dovere della stampa libera è invece quello di verificare le fonti, smentire le fake news, come questa del grooming, per evitare che un video con milioni di visualizzazioni diventi virale e poi circoli, in modo indistinto, sui social media e sulle testate giornalistiche che la rilanciano, in base a un distorto principio di autorità (o anche solo per pigrizia).
I rischio è che la polarizzazione si accentui e il dibattito pubblico tenda irrimediabilmente a inquinarsi. Se “Ok groomer” attecchisce, la comunità Lgbtq+ potrebbe essere falsamente accusata a lungo di essere composta da predatori. Inoltre, qualche politico scaltro e senza scrupoli potrebbe vincere le elezioni e chiedere di cancellare la legislazione che norma i diritti civili.
La battaglia contro i diritti civili alla Corte Suprema fa infatti leva anche su questa propaganda sui social media. Insomma, la democrazia liberale è tuttora in pericolo anche nei Paesi in cui è da sempre più forte.