il fenomeno

Attivismo online, il senso dei Social Justice Warriors fra stigma e conflitto

I guerrieri della giustizia sociale si battono su internet per i diritti di tutti. Fra estremismi e lotta per il cambiamento, uno speciale su un fenomeno ancora da comprendere. E dietro il quale c’è anche il diritto a una informazione neutrale

Pubblicato il 20 Feb 2019

Alessio Pennasilico

Information & Cyber Security Advisor, Partners4Innovation

Gaia Rizzato

Trainee Information & Cyber Security presso P4I

typing-angrily

Il fenomeno dei Social Justice Warriors richiede di essere compreso in pieno e a fondo, perché alla base di molte delle dinamiche di comunicazione polarizzata sulla rete che tanto hanno influenzato la moderna politica. Un’analisi dei diversi aspetti della figura del guerriero della giustizia sociale, dei movimenti che la osteggiano e la ridicolizzano e del perché, come spesso accade per i fenomeni di recente affermazione, bisognerebbe comprendere prima di giudicare.

Social justice warriors e attivismo online

La definizione di Social Justice Warrior risulta essere ancora piuttosto labile in quanto differisce a seconda di chi la sta usando. SJW è, di base, un acronimo di “guerriero della giustizia sociale”, ma non esiste un consenso univoco sul significato. Tuttavia, il termine è fortemente connesso all’attivismo online e principalmente tramite i social media, da parte di individui e movimenti incentrati sull’uguaglianza, per affrontare i problemi della società moderna come razzismo, femminismo, diritti LGBTQ, diritti degli animali, opportunità educative, oltre che per il sostegno di un’equa distribuzione dei diritti umani generali tra tutti i membri della società, con particolare attenzione alla equa distribuzione dei privilegi sociali, delle opportunità personali, della ricchezza e dei diritti all’assistenza sanitaria (ma anche molto altro).

Il tema dei guerrieri della giustizia sociale è un fenomeno infiammatorio che invoca opinioni forti da entrambe le parti, un veicolo di quella che abbiamo imparato a definire come “polarizzazione delle opinioni” e che spesso crea schieramenti contrapposti in tutte le discipline che incontra.

Come in ogni gruppo, gli SJW sono costituiti da individui “estremisti” positivi così come negativi, e mentre alcune persone si identificano con orgoglio come SJW e cercano di recuperare l’originale associazione favorevole e positiva del termine, altri la trovano una connotazione offensiva o confusa.

Tre punti di vista sulla figura del SJW

Esistono tre punti di vista principali riguardo alla figura del SJW che possono essere presi in esame, e caratterizzano l’immagine che nel tempo è stata attribuita al termine.
Dal più positivo al più negativo, possono essere distinti in:
Una persona che è sinceramente appassionata ai problemi di giustizia sociale. Un significato di SJW che si riferisce a un individuo focalizzato sull’apprendimento, sul pensiero critico e sulla condivisione delle informazioni apprese con gli altri. Si preoccupa di essere equo ed equilibrato e promuove le voci delle persone in gruppi svantaggiati.
Una persona che usa le cause di preoccupazione dei SJW per creare argomenti e dibattiti per l’attenzione personale, che non necessariamente crede fermamente in determinate ideologie o si impegna attivamente in esse; più di frequente tende a riproporre concezioni date da personaggi di maggior rilievo, che, presumibilmente, dovrebbero a lui attribuire posizioni “corrette” nella propria cerchia sociale e quindi aumentare il proprio consenso o il proprio prestigio sociale come “paladino” di cause ritenute meritorie.
Una persona che affronta le questioni di giustizia sociale da un punto di vista estremista di correttezza politica “esagerata”, spesso senza una chiara base di conoscenza dell’argomento, ma piuttosto affidandosi all’opinione personale. Questo è il significato di SJW usato più spesso come attacco dagli anti-SJW.

Il termine SJW, come anticipato nell’ultimo punto, è però con il tempo stato associato ad una deriva peggiorativa e discriminante, applicato ad individui, fra cui spesso blogger, attivisti e commentatori, inclini a impegnarsi ripetutamente e con irruenza in ostili dibattiti su una serie di questioni riguardanti l’ingiustizia sociale, la politica dell’identità e la correttezza politica.

Ma cos’è davvero la giustizia sociale?

Il termine “giustizia sociale” ha radici nei testi cattolici e generalmente indica la distribuzione di vantaggi e svantaggi agli individui nella società e può essere definita come “l’idea che tutti i membri della società meritano un pari piano in termini di opportunità, diritti politici e distribuzione di ricchezza e privilegio in modo che possano condurre vite appaganti e realizzare il loro potenziale nella comunità”.
“Control your privilege” è un’espressione online spesso associata ai guerrieri della giustizia sociale e viene usata per ricordare agli altri che “il corpo e la vita in cui sono nati sono dotati di privilegi specifici che non si applicano a tutti gli argomenti o situazioni”. La frase suggerisce che quando si prende in considerazione la situazione di un’altra persona, bisogna riconoscere i propri privilegi intrinseci e metterli da parte per ottenere una migliore comprensione della situazione.

Le maggiori questioni aperte sul tema della giustizia sociale, ad oggi, possono essere suddivise in due categorie che si sovrappongono: come le persone sono trattate in modo diseguale nella società a causa del loro genere, razza, età, orientamento sessuale, stato di immigrazione o disabilità oppure in che modo le politiche governative influenzano le persone in modo diseguale, comprese le tasse e l’accesso all’istruzione.
Un guerriero della giustizia sociale potrebbe, in questa concezione, essere visto pertanto come un regolatore, un indicatore, un soggetto attivo della giustizia sociale.

Fissare la definizione di un guerriero della giustizia sociale, specialmente nell’era di Internet, è però tutt’altro che semplice: l'”Urban Dictionary“, la pubblicazione online che tenta (talvolta con sarcasmo) di classificare i meme della rete, caratterizza il termine SJW come “un termine peggiorativo per un individuo che si impegna ripetutamente e con veemenza in discussioni sulla giustizia sociale su Internet, spesso in un modo superficiale o poco studiato, allo scopo di innalzare la propria reputazione personale”.

Ma, come molte parole e acronimi nate e generate su Internet, il termine, o la sua definizione, è negli occhi di chi guarda.

Da dove viene il termine e perché è usato come un insulto 

Il termine “giustizia sociale” pare essere usato fin dagli anni ’40, mentre la definizione di “guerriero della giustizia sociale” risale agli anni ’90, creato e portato alla luce da alcuni libri, per riferirsi agli attivisti del mondo reale in un modo per lo più positivo. Per decenni, infatti, i guerrieri della giustizia sociale erano connotatori di questioni economiche e sociali. Secondo il Washington Post, l’attivista del sindacato canadese Michel Chartrand è stata la prima persona conosciuta a essere descritta come un guerriero della giustizia sociale nel 1991.
Nel 1998, The Register Guard descrisse un membro prominente della Homeless Action Coalition come un guerriero della giustizia sociale, e nel 2008, sia Vanessa Green (direttore del Multicultural Education for Hope College) che il cantante Mavis Staples furono acclamati come guerrieri della giustizia sociale.

Successivamente, con la rapida crescita di Internet e l’aumento considerevole delle possibilità di accesso alla tecnologia, il movimento SJW ha iniziato a svilupparsi, anche grazie all’utilizzo dei forum online, come mezzo per dar voce ai propri messaggi.
Mentre alcune persone si sono mostrate entusiaste e orgogliose di chiamarsi SJW, molte altre hanno incontrano per la prima volta quest’etichetta in modo negativo, spesso attraverso le reazioni avverse di altri utenti dei social media.

Il primo uso rilevante di SJW come termine negativo è apparso nel 2009 grazie allo scrittore Will Shetterly mentre cercava di descrivere la differenza tra i “guerrieri” della giustizia sociale Online, come una sorta di “leoni da tastiera”, in contrasto con un “operatore” della giustizia sociale, quale attivista del mondo reale che cercava il cambiamento attraverso la vera azione.
Di fatto le prime connotazioni negative dei guerrieri della giustizia sociale emersero quando le persone cercarono una parola per descrivere coloro che si impegnavano in dibattiti sulla giustizia sociale per motivi egoistici o non autentici e si distinguevano dalle persone che combattevano e si preoccupavano sinceramente della loro causa.

Dal 2009 al 2010 e di lì in avanti, il termine SJW è stato impiegato sempre di più come un insulto o un termine negativo, e nel linguaggio comune si è iniziato ad utilizzarlo per deridere – e screditare – le persone con una visione “estrema”, spesso vicino ai democratici e/o alla idea europea di sinistra, che si trovano ideologicamente più vicini ai temi di uguaglianza sociale e ne sono spesso fautori e araldi, in molte occasioni della politica recente anche in modo estremamente vocale.

Gli anti-SJW, e per la verità anche tutto il grande ecosistema degli “alt-right” che caratterizza la moderna “destra”, considerano il movimento SJW come una correttezza politica portata a misure estreme, che cerca di controllare i pensieri e le espressioni di chiunque non sia membro di un particolare gruppo svantaggiato: fautori cioè di quel pensiero unico, anche questo termine di connotazione prettamente negativa, che, nella opinione della “alt-right”, la sinistra tenta di imporre sopra ad ogni voce di dissenso che incontra, cercando di omologare ad una idea sbagliata di iper-correttezza. Molti considerano anche gli SJW come persone che mettono gli interessi di vari gruppi “deboli” al di sopra del resto della società, in una sorta di – insolita – prevaricazione sociale inversa.

La popolarità e la perdita di valore

Secondo Google Trends le ricerche su Google di “guerriero della giustizia sociale” hanno raggiunto il punto di maggior grado di rilievo nel 2012, ma è forse nel 2014 che la parola è stata spinta nel “mainstream” dell’utilizzo comune, a seguito del complesso scandalo del Gamergate, innescato dal linguaggio sgradevole e palesemente offensivo e misogino utilizzato comunemente nelle chat room dei videogiochi, e che si è trasformato in una guerra totale tra giocatori donne – e/o femministi/e – feriti e giocatori maschi indignati.

Il termine è diventato piuttosto popolare negli ultimi anni, talmente grande che l’Oxford Dictionary lo ha aggiunto al proprio dizionario nel 2015.

Altra storica impennata si può rilevare nel 2017, dove la giustizia sociale si è trovata in prima linea nella politica dell’era Trump: i contrapposti schieramenti polarizzati hanno iniziato a darsi vicendevolmente, infatti, appellativi per screditare le rispettive posizioni: se da un lato i democratici davano dei “fascisti” e “neo-nazi” ai conservatori, i conservatori rispondevano etichettando le dichiarazioni dei democratici come SJW e quindi prive di legittimità ed obiettività.

Imparare ad ascoltarli prima di giudicare

Appare quindi evidente come l’etichetta SJW non sia sempre vista in modo univoco nella medesima prospettiva, ed a volte risulta difficile analizzare il significato implicito quando qualcuno lancia il termine “SJW” in un commento su Facebook, Twitter,  Tumblr, Reddit, YouTube o qualsiasi altra piattaforma di social media. Si può comunque evincere come, spesso, la connotazione negativa del termine venga utilizzata come un modo per scartare e non prendere nemmeno in considerazione le questioni contestate, semplicemente attraverso l’associazione di quest’ultime con le visioni considerate sempre e comunque “estremiste” dei SJW.

Ed è innegabile anche come il termine venga abusato spesso in modo apertamente subdolo, cercando di sminuire tutte quelle posizioni che richiederebbero invece uno sforzo per comprendere se dietro ad un ragionamento articolato non si nasconda davvero un problema etico di “giustizia sociale” da analizzare, per quanto scomodo e doloroso.
Sempre più spesso chiunque sia attivo sui social media e presenti un pensiero attribuibile ad una delle varie “aree” della politica cosiddetta “di sinistra”, viene immancabilmente etichettato per definizione come SJW. Parli di Veganesimo? Sei un SJW. Pensi le persone di colore si trovino in una situazione di disparità? Sei un SJW. Pensi che le persone transessuali meritino l’umanità e il rispetto come ogni altro essere umano? Sei un SJW. Pensi che le fasce più umili di reddito debbano avere comunque una assistenza sanitaria? Sei un SJW. Diritti degli animali? SJW. E così via per qualunque posizione “scomoda”.

Ed in un periodo storico in cui Internet ed i social media, sono diventati il modo principale in cui le persone interagiscono con il resto del mondo, informazioni e opinioni in vari ambiti della “giustizia sociale” si diffondono ad un numero sempre maggiore di utenti uniti dalla tecnologia: piattaforme che danno la possibilità di condividere sia le proprie battaglie e trovare alleati alle cause più meritorie, sia nuove occasioni e spazi per alimentare la propria rabbia e non sempre nel modo più sofisticato con attacchi ad-personam ed insulti dove le argomentazioni non reggono. Da entrambe, sfortunatamente, le parti. E se è vero che sempre più persone condividono le loro opinioni su questi problemi, sempre più si trovano etichettati come SJW o come “fascisti” o “alt-right” senza capire veramente cosa significhi l’una o l’altra connotazione o in che accezione sia usata, creando sempre più voragini di polarizzazione da cui spesso è difficile ricavare una posizione che possa essere “vera”.

Il movimento anti-SJW

In generale i contestatori di tali individui portano una serie di punti di vista politici e demografici, ma resta evidente come tutti condividano, se non una palese avversione per la giustizia sociale, sicuramente la volontà di mantenere fermi taluni dei privilegi conquistati o acquisiti, vuoi per “tradizione”, vuoi per “credo”, vuoi anche, spesso, per mera convenienza. E il desiderio essenziale, o forse la necessità, di prendere in giro per ridicolizzare e screditare lo stereotipo SJW e ovviamente le idee che questo sottende.

Alcune definizioni, per meglio comprendere quella che è la visione anti-SJW, al link (ita) o al link (en)

Esistono pagine intere dedicate alla pubblica derisione SJW, generalmente piene di meme sull’attivismo, ridicolizzazione delle varie categorie di SJW, e attacchi diretti più o meno violenti.
Sulla piattaforma social Facebook, ad esempio, la pagina di “Social Justice Warriors” (con oltre 65.000 follower) è essenzialmente la base di tali manifestazioni, per filo conservatori o chiunque cerchi di prendere in giro attivisti schietti, femministe, scrittori, blogger o in generale individui che frequentemente affrontano ingiustizia.

Molti degli amministratori hanno fatto riferimento agli SJW come insegnanti o studenti universitari, indicando che lo stereotipo di un SJW permea il mondo accademico, secondo quella idea, sempre più in voga nell’area populista, che la cultura sia una sorta di stigma e vergogna sociale che aliena le persone dal percepire le situazioni nella realtà del momento. La più grande lamentela espressa è stata che le persone SJW parlano in modo unidirezionale, non essendo in grado di ascoltare pensieri differenti e che siano inclini ad accettare solo una unica visione delle cose.

I tratti negativi comuni attribuiti ai SJW

A seguito una lista, rubata a blog dedicati, comprensiva di alcuni tratti negativi comuni attribuiti ai SJW:
Un’attitudine inutilmente isterica, permanentemente oltraggiata ai mali sociali;
– Essere troppo dogmatici e in bianco e nero nelle loro opinioni, rifiutando di riconoscere la complessità sfumata della società umana;
– Applicare uno stile di discussione conflittuale e incendiario, con il desiderio di etichettare gli altri come oppressori e tenendo la gente comune personalmente responsabile delle atrocità;
Esigere che gli altri cambino il loro atteggiamento e comportamento senza la volontà di impegnarsi in un dialogo rispettoso, ed il conseguente rifiuto di vedere il rispetto e la tolleranza come una strada a doppio senso;
Diffondere ad alta voce le proprie opinioni mentre si tenta di privare i propri avversari di una piattaforma;
Pareggiare la pietà senza umiltà con la rettitudine morale;
Una completa incapacità di ridere di se stessi.

Ma forse, analizzando bene la maggior parte dei tratti sopra citati, non è che anche i cosiddetti “anti-SJW” tendano a mostrare le stesse caratteristiche di intolleranza?

Operazioni di screditamento

Numerose operazioni e campagne sono state impiegate contro le comunità SJW online, in particolare femministe, con l’intenzione di satirizzare o danneggiare la loro credibilità.
A metà del 2014, ad esempio, 4chan ha lanciato Operation Lollipop, una campagna anti-SJW con l’obiettivo di dividere il femminismo online lungo linee razziali. Tra i progetti più importanti orchestrati dalla campagna vi era l’ hashtag #EndFathersDay, in cui i partecipanti tentavano di screditare gli attivisti agli occhi del grande pubblico fingendosi femministi e chiedendo che la festa del papà fosse denunciata.
Il 10 settembre 2014, il blog tecnologico Arstechnica ha pubblicato un articolo accusando la campagna hashtag #JotYourShield di GamerGate anti-SJW di essere un’operazione fake avviata, sostenuta e promossa da una manciata di utenti 4chan.
Ma gli esempi in merito non si contano

SJW e hacker

Infine è sicuramente importante notare come i SJW e la cultura hacker si siano spesso intersecati su questioni di giustizia sociale sotto forma di hacktivism: una necessità emersa quando si è iniziato ad utilizzare Internet per manifestare digitalmente con cause politiche o sociali. Fra i maggiori gruppi di hacktivist tacciati di essere vicini, se non parte integrante, del mondo SJW possiamo annoverare Anonymous, LulzSec e la stessa WikiLeaks.
Tuttavia, la stragrande maggioranza degli SJW non fa parte della cultura hacker, che tende a rifiutare allo stesso modo sia gli SJW che gli Anti-SJW, in quanto, generalmente, la maggior parte dei membri della sottocultura hacker abbraccia il principio fondamentale della meritocrazia (un sistema di valori basato su meriti individuali come abilità, conoscenza e abilità), che esclude giudizi basati su etichette come genere, razza, e stato economico.

Definizioni come ostacoli al dialogo

In un periodo dove sempre più spesso si sente parlare di Fake News utilizzate in maniera strumentale, e soprattutto di polarizzazione che vede contrapporsi gruppi dalle idee molto radicalizzate, la figura del Social Justice Warrior, estremizzata nell’immaginario comune, e la abitudine a definire chi non rispecchia la nostra visione come tali, rappresenta un attacco importante ad un dialogo aperto e costruttivo.

Il capire dove finisce la vera natura del credo, riportato all’attivismo, e dove anche queste figure favoriscono la mera propaganda, è forse una delle principali sfide che dobbiamo raccogliere per non arrivare ad essere due poli opposti, ciascuno racchiuso nelle proprie ideologie inappellabili, ma semplicemente persone che cercano un terreno comune su cui operare.

Possiamo essere comunque certi che la definizione Social Justice Warrior continuerà a farsi sentire, e sempre con maggior vigore: visti gli enormi cambiamenti connotativi che la parola ha subito negli ultimi anni, sarà interessante vedere come si evolverà nel prossimo futuro. Definire SJW una persona impegnata nel portare avanti delle battaglie, spesso legittime, ma forse con mezzi e toni talvolta incomprensibili agli oppositori, sarà per sempre un insulto o l’inevitabile svolta del tempo modificherà questa percezione?

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Questo articolo è stato ispirato da:
https://medium.com/@Roran_Stehl/my-encounter-with-gamergate-social-justice-its-warriors-and-big-time-roger-murtaugh-feeling-e4d1aae08a50
https://www.washingtonpost.com/news/the-intersect/wp/2015/10/07/why-social-justice-warrior-a-gamergate-insult-is-now-a-dictionary-entry/?utm_term=.eafabdc8dca9
https://fee.org/articles/how-the-term-social-justice-warrior-became-an-insult/
https://thevision.com/cultura/indignazione-millennial/

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