CODICE AMMINISTRAZIONE DIGITALE

Cad, urgente un piano di accompagnamento per le PA

La responsabilità dell’attuazione del CAD,non può essere ridotta, a livello governativo, alla definizione di uno scadenzario, a qualche controllo periodico, a regole e linee guida. Ecco perché

Pubblicato il 16 Set 2016

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Finalmente il testo del nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale e molti esperti hanno già esaminato in dettaglio le principali novità. Mi sembra che siano state mantenute diverse delle perplessità espresse in precedenza su alcuni punti specifici (governance, partecipazione, continuità operativa) e su alcune scelte “culturali”, anche se certamente il recepimento dei pareri espressi (dalla Camera, dal Consiglio di Stato, ecc.) ha consentito un significativo miglioramento del testo, e la correzione della gran parte degli errori presenti.

Soffermandoci brevemente su questo risultato, non si può che notare quanto sia contraddittoria (e sbagliata) la scelta di confinare alla sola “consultazione telematica” l’apporto della Consulta Permanente per l’Innovazione, unico (!) organismo multistakeholder previsto dal CAD.

In altri termini e in sostanza: nessun confronto, ma solo apertura ai commenti online quando, proprio dall’esperienza derivata dalla consultazione sul CAD voluta dall’on. Paolo Coppola, relatore del parere alla Camera, si è reso evidente quanto possa essere incisivo un confronto aperto e multistakeholder, senza introdurre ritardi nel processo legislativo già definito.

Sembra disegnarsi, così, un CAD molto innovativo sugli aspetti legati all’introduzione e alla transizione digitale (il maggiore, concettualmente, mi sembra l’obbligo di conservazione dei documenti digitali lasciato alla sola Pubblica Amministrazione), ma poco attento agli aspetti di governance e di attuazione.

Sul fronte delle competenze digitali, in particolare, solo i “rimproveri” del Consiglio di Stato e le condizioni della Camera hanno permesso di inserire un impegno delle Pubbliche Amministrazioni rispetto allo sviluppo delle competenze digitali dei cittadini. Ma nonostante la “carta della cittadinanza digitale” inserita nella legge delega, il CAD stava del tutto dimenticando di abilitare i cittadini a esercitarla.

Adesso, comunque, alcune leve (importanti) sono presenti per la trasformazione della PA. E il nuovo CAD, da questo punto di vista, rappresenta un punto fermo molto rilevante.

Chiaramente, non è sufficiente, perché non è stato previsto (ancora) un piano di accompagnamento che costituisca le condizioni abilitanti per l’attuazione, in termini di competenze, strumenti, metodi, consentendo così organicità di comportamento e tempi di attuazione prevedibili e monitorabili. Anche in considerazione delle enormi diversità che sussistono tra le amministrazioni, in termini dimensionali ma non solo, sarebbe senz’altro auspicabile anche quanto proposto da Elio Gullo, e cioè che la PA si faccia parte attiva nella realizzazione di piattaforme nazionali (come fatto per la fatturazione elettronica) per tutti gli aspetti trasversali in cui il peso della specificità della singola amministrazione è spesso trascurabile.

La responsabilità dell’attuazione, in altri termini, non può essere ridotta, a livello governativo, alla definizione di uno scadenzario, a qualche controllo periodico, a regole e linee guida. L’esperienza dimostra che un processo non governato ha poche speranze di successo. Poiché qui la posta in gioco è altissima (un fallimento sulla trasformazione digitale della PA avrebbe chiaramente un peso enorme sulle possibilità di crescita economica) e si gioca sui tempi, sarebbe una scelta suicida non programmare subito il piano di accompagnamento, magari aprendo alla collaborazione di tutti gli stakeholder. Consapevoli che l’obiettivo è comune.

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