le regole

Bambini e schermi (smartphone, tv): quante ore al giorno? Fa male? Che dice la scienza

Mai prima dei 18 mesi. Con un “piano di famiglia” oltre i sei anni. E poi buon senso e, soprattutto buon esempio. Ecco gli effetti degli schermi su salute e rendimento scolastico dei bambini. E le “regole” per un uso corretto dei dispositivi digitali, da parte dei bambini, ma anche degli adulti

Pubblicato il 12 Giu 2018

Gianluigi Bonanomi

Formatore sulla comunicazione digitale

filtro parental control agcom

Il tempo dei bambini davanti agli schermi (“screen time”) cresce sempre più, fenomeno che si acuisce in estate (le scuole sono chiuse); ma è ormai un tendenza costante. E globale. E’ utile quindi vedere che dice la “letteratura scientifica”, a riguardo. Ossia le regole e le linee guida su cui i pediatri si stanno orientando al momento, a livello internazionale.

Del resto anche Apple di recente ha presentato uno strumento per controllare meglio lo screen time; così come Google. La premessa è che il ruolo dei genitori dei nativi digitali è quello di accompagnare i ragazzi, ma soprattutto di mettere dei paletti all’uso dei dispositivi elettronici, che non deve mai essere eccessivo.

Bambini e device, le regole dell’Accademia americana di pediatria

Prima regola: i device dovrebbero essere tenuti lontani dalla portata dei bambini più piccoli, almeno fino ai 18 mesi. Dai 18 ai 24 mesi va fatto un uso limitatissimo e sempre supervisionato dai genitori. Queste sono alcune raccomandazioni dell’Accademia Americana di Pediatria sull’uso di TV, PC, tablet e altre tecnologie da parte di bambini e ragazzi. Tra queste semplici regole, stilate da Jenny Radesky (pediatra presso la University of Michigan), ci sono anche quelle per i bambini dai due a cinque anni: tassativo non andare oltre un’ora al giorno di uso dei media e, anche in questo caso, sempre sotto la supervisione di un adulto. Oltretutto bisognerebbe sempre puntare su programmi e contenuti di alta qualità.
Oltre i sei anni ci vuole sempre un “piano di famiglia”: servono regole, sia per il tempo che per i contenuti. Il rischio, altrimenti, è quello di compromettere il sonno, rubare tempo all’attività fisica all’aperto e ai contatti interpersonali, faccia a faccia, e di compromettere il rendimento scolastico.

Tecnologia e rendimento scolastico

Prima di parlare delle regole, mettiamoci d’accordo: la tecnologia fa male oppure no? Ha delle conseguenze, per esempio, sul rendimento scolastico?

Partiamo dai fatti. L’uso della tecnologia, anche per studiare, è in netto aumento: sono sempre più le scuole che utilizzano Internet, LIM, tablet e notebook anche per le attività scolastiche. E sono sempre più i ragazzi che “sguazzano” nella tecnologia.

Il fenomeno è talmente rilevante che è stato protagonista di diversi studi scientifici. Come sottolinea Marco Gui (Sociologia della cultura dei media all’Università di Milano-Bicocca), i primi studi che mettevano in relazione il possesso di computer o la possibilità di usarlo a casa con i punteggi di apprendimento hanno trovato quasi sempre una relazione positiva, anche al netto delle variabili socio-demografiche delle famiglie. Il semplice possesso però vuole dire poco: praticamente tutti gli studenti hanno almeno un computer a casa.

Occorreva spostare il focus su frequenza e scopo d’uso di questi strumenti.

I risultati hanno evidenziato una relazione tra l’intensità d’uso del computer e di Internet e le performance scolastiche: nella maggior parte dei casi negativa. Si veda per esempio questo studio (Michigan State University-Harvard University), che collega il calo del rendimento scolastico soprattutto con la pratica (diffusa) di studiare in multitasking con chat e social network.

Detto in parole semplici: oltre un certo livello, quanto più i ragazzi utilizzano questi strumenti tanto peggiori sono i risultati ottenuti, nello specifico, nei test di lettura e di matematica. Tutto questo vale, chiaramente, se questi strumenti sono usati per svago.

A questo si aggiunge un recente studio dell’Associated Professional Sleep Societies sulle conseguenze negative dello screen time sul sonno dei bambini.

E se, invece, PC e Internet vengono utilizzati solo per studiare? Sempre secondo Gui, è lampante la relazione positiva tra la frequenza d’uso di Internet a casa per la scuola e i punteggi dei test Invalsi in italiano. Ciononostante, e anche in questo caso l’uso deve essere comunque moderato. Servono delle regole, come dicevamo.

Le regole per l’uso della tecnologia

Qualche anno fa Janell Burley Hofmann, mamma e blogger americana, decise di regalare al figlio Gregory un iPhone per Natale. Il regalo fu accompagnato da una lista di regole, redatte dalla stessa Burley, per l’uso dello smartphone e della Rete, che lei definì “iRules”. Dalle regole è nato un articolo per l’Huffington Post e un successivo libro che hanno riscosso successo clamoroso.
Che cosa c’era in quelle regole? Fondamentalmente molto buon senso.

  • Si parte dal presupposto che le regole debbano essere discusse e condivise. La Hofmann ipotizza anche l’istituzionalizzazione di momenti di confronto sulla tecnologia, che chiama “Tech talk”.
  • Dal punto di vista pratico una delle proposte è quella di realizzare un registro di casa che contenga gli account con relative password: se le parole chiave non devono mai essere condivise con gli amici, è fondamentale che i genitori abbiano sempre accesso agli account, soprattutto in caso di problemi; il tutto chiaramente senza violare la fiducia del ragazzo.
  • Altra regola fondamentale: il sonno prima di tutto. I pediatri sono concordi: il sonno discontinuo e interrotto causa disturbi di concentrazione e di salute nei ragazzi. Le regole di Janell prevedono che lo smartphone vada consegnato ai genitori alle 19.30 di ogni sera infrasettimanale e alle 21 nei weekend, con qualche eccezione in estate.
  • Ma la parte più interessante riguarda i contenuti. Dal punto di vista delle conversazioni, una delle regole prevede il non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.
  • Per ciò che attiene foto e video, il buon suggerimento è quello di vivere le esperienze, non limitarsi a riprenderle ponendo lo schermo a ostacolo tra sé e il mondo.

Nelle altre regole sono incluse le buone maniere, netiquette (le regole della Rete, dette anche “galaReteo” e “retiquetta”) e che cosa fare in caso di emergenza (cyberbullismo, pornografia online e maleducazione).

Le regole per i genitori

E regole per i genitori? La prima considerazione è che non possiamo esimerci dal dare il buon esempio, soprattutto perché i ragazzi chiedono coerenza.

Giustificare la violazione sistematica di regole imposte ai ragazzi con l’essere adulti, come per esempio il non utilizzo degli smartphone durante i pasti, non solo ci renderà meno credibili nella circostanza contestuale, ma lascerà credere ai ragazzi che alcuni comportamenti siano sconvenienti solo per determinate fasce d’età mentre appare chiaro che molti rischi o problemi hanno carattere transgenerazionale.

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