i consigli

Bambini e social network: indicazioni utili per i genitori

La responsabilità della morte di una bambina di dieci anni può essere attribuita a un social, o alle mancanze dei genitori? È evidente che l’assegnazione delle “colpe” non può essere così semplice. Tutti abbiamo da imparare e, chi ha bambini avvezzi agli strumenti digitali, deve usare delle accortezze: ecco quali

Pubblicato il 26 Gen 2021

Stefania Piantoni

psicopedagogista logopedista esperta di formazione on line e di organizzazione e processi

social baby star

Siamo immersi nel mondo delle tecnologie, noi adulti ma soprattutto i ragazzi e i bambini, a maggior ragione in questi tempi di didattica a distanza: l’importante, per tutti – non solo quindi per i più giovani – è capire come non subirle, come governarle, parlare con i figli dei meccanismi che sottendono la rete.

Una riflessione, questa, d’obbligo alla luce del dibattito scaturito dalla tragica vicenda di Antonella Sicomero, la bambina palermitana la cui morte è stata, forse frettolosamente, attribuita alla partecipazione a una challenge su TikTok.

Il punto centrale della vicenda non è tanto la “colpevolezza” o meno del social di turno (tutta da dimostrare), quanto la presenza sulle piattaforme online di bambini che data la giovanissima età non potrebbero nemmeno avere un profilo social: su TikTok, YouTube e altri ce ne sono a centinaia. Almeno questo è un punto certo.

Contenuti social e sviluppo emotivo

Occorre intervenire anche perché, da un punto di vista psicopedagogico “la mente del bambino per sua natura è ancora informe, non razionale, non sensibile alla contraddizione o alla assurdità logica, è una mente in divenire, dove una struttura più semplice si viene sviluppando e trasformando in una mente più complessa” (Jean Piaget).

La domanda da porsi è: in che modo interagiscono i contenuti dei social sullo sviluppo mentale ed emotivo di un bambino? Va detto che all’interno di queste piattaforme, soprattutto su TikTok, navigano troppi bambini che non sono in grado di filtrare e di valutare in maniera critica i contenuti che incontrano. Il fatto che sappiano usare uno smartphone non significa che abbiano piena consapevolezza di quello che stanno facendo. Non hanno un senso del limite e rischiano di imitare qualcosa senza essere in grado di percepirne la reale pericolosità, non hanno chiara la distinzione tra realtà virtuale e reale.

Anna Maria Giannini, docente di psicologia all’Ateneo la Sapienza di Roma ed esperta dell’area Psicologia dell’Emergenza dell’Ordine Psicologi del Lazio ci segnala quanto i nostri figli siano fragili ed esposti alla complessità della rete. Ora, peraltro, sono collegati spessissimo: per la scuola, per i compiti e anche sui social. Non è che le sfide prima non esistessero, ma i social danno loro ampia visibilità e generano il rischio di emulazione.

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Il ruolo dei genitori: consigli per l’uso

La bimba morta in casa, dove ci si aspetterebbe quella protezione e sicurezza garantita dalle mura domestiche, getta un alone di inquietanti interrogativi sugli adulti incapaci di cogliere i rischi ma anche impreparati rispetto ai meccanismi di funzionamento dei social network.

Insomma, i dispositivi digitali esistono e sono per i bambini sia estremamente affascinanti sia estremamente pericolosi. Tocca ai genitori occuparsi di mettere in sicurezza la vita online dei propri figli. Come ci suggerisce il massmediologo Paolo Ferri, docente di teorie e tecniche dei nuovi media all’Università Bicocca di Milano e direttore dell’Osservatorio nuovi media dello stesso ateneo.

“Il primo avvertimento è che i bambini non possono essere lasciati soli nella cameretta di fronte ai social. Bisogna che i genitori stiano con loro e discutano di quanto viene visto. Inoltre, è bene inserire il parental control. E soprattutto occorre che l’utilizzo di questi media entri a far parte del lessico familiare. Di fatto è necessario educare i bambini a un uso non banale di cellulari e tablet. Come si insegna ai ragazzi a non passare con il rosso, così è indispensabile indirizzarli a un corretto impiego di strumenti che marcano con forza la loro vita”[1].

I media digitali sono onnipresenti nel mondo di oggi, anche per i bambini. I bambini percepiscono il modo in cui gli adulti usano Internet per comunicare, informarsi e intrattenersi con i media digitali. Al contempo essi stessi consumano già contenuti online, sia nel tempo libero, sia per la scuola. Per questo i genitori si devono porre molte domande sull’utilizzo dei media. Una cosa è certa: per imparare a utilizzare i media digitali in modo sicuro e responsabile, i bambini hanno bisogno di accompagnamento e sostegno, ma anche della possibilità di fare le proprie esperienze e di mettersi alla prova in un ambiente protetto.

Di seguito si elencano una serie di comportamenti da tenere in merito:

  • badate all’equilibrio nell’organizzazione del tempo libero, senza che si sacrifichi il sonno e l’attività fisica;
  • fissate assieme dei tempi massimi davanti allo schermo;
  • accompagnate i bambini nell’utilizzo di Internet;
  • fate attenzione al vostro ruolo di modello;
  • prestate attenzione alle indicazioni sui limiti di età;
  • i media non sono un baby-sitter;
  • un dialogo aperto è più importante di un filtro famiglia;
  • prudenza con i dati personali e le conoscenze in rete;
  • badate a un utilizzo delle immagini conforme alla legge;
  • le regole del rispetto reciproco valgono anche online;
  • incoraggiate il pensiero critico;
  • incitate a un utilizzo dei media positivo e creativo.

Il ruolo della scuola

In questo contesto anche la scuola va richiamata al suo ruolo educativo. Dato che la rete in questo periodo, a causa del Covid, è quasi l’unico mezzo con cui nostri figli possono mantenere i contatti, il primo compito di un insegnante è farsi costruttore di senso, anche con i limiti posti dallo strumento della didattica a distanza. Sapendo che per contrastare la solitudine, la noia dei bambini bisogna lavorare per coinvolgerli e potenziarne lo spirito critico, le capacità creative, l’energia vitale. In questo modo si può prevenire il rischio di derive autolesionistiche e spostare l’attenzione dalla povertà di contenuti, prodotti dai social, alla costruzione di percorsi che formino individui capaci di affrontare le sfide del futuro, nel rispetto delle fasi di sviluppo dell’età evolutiva.

_______________________________________________________________

Bibliografia:

Guido Petter, “Lo sviluppo mentale nelle ricerche di Jean Piaget”,ed. Giunti Barbèra, 1961

  1. https://www.avvenire.it/agora/pagine/youtube

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