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Bambini sui social, Usa ed Europa si interrogano sulle norme da fare



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Sempre più studi dicono che i bambini e i teenager possono subire danni psicologici sui social. Lo riporta ora anche la massima autorità sanitaria Usa (Surgeon General). Vari Stati negli Usa e in Europa provano a regolamentare meglio il settore, ma non è una questione che possa essere affrontata con l’accetta. Ecco perché

Pubblicato il 26 mag 2023

Davide Agnello

Analyst, Hermes Bay



bambini social

Sui social ci sono troppi bambini, nonostante il limite di legge di 13 anni. E ci sono sempre più evidenze che loro (ma anche i teenager) ne possono subire danni psicologici, come riporta uno studio questa settimana della massima autorità sanitaria Usa (Surgeon General).

In questo contesto si spiega la corsa di vari Stati, negli Usa e in Europa, a regolare meglio il modo in cui i social gestiscono i dati dei minori.

Tuttavia, ci sono danni anche nell’eccesiva semplificazione del problema. E bisogna evitare il rischio di pensare che le leggi possano sostituirsi al lavoro parentale e a una maggiore consapevolezza da parte degli stessi giovani, su rischi e potenzialità, anche positive, di questi nuovi canali.

Gli studi sui social

Cominciamo da ciò che si comincia a rilevare in letteratura scientifica.

Secondo vari studi, in quasi tutte le piattaforme social si è registrato un aumento dell’uso dei social media da parte dei preadolescenti, nonostante la maggior parte di queste applicazioni dichiari di non consentire l’utilizzo della piattaforma ad utenti di età inferiore ai 13 anni.

Secondo le indagini condotte negli ultimi anni negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia e in Irlanda, dalle autorità di regolamentazione, un terzo o più dei bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni dichiara di utilizzare siti e piattaforme di social media e video, tra cui YouTube, TikTok e Instagram. Un’inchiesta del The Wall Street Journal ha messo in evidenza la presenza di decine di account su Instagram che si autoidentificavano come minori di 13 anni e che sono rimasti attivi finché il giornale non li ha segnalati al team di comunicazione di Meta.

Coloro che sono favorevoli a leggi più stringenti sostengono che l’uso dei social media espone i minori a contenuti e pressioni sociali difficili da gestire anche per gli adulti; le indagini mostrano altresì tassi significativi di minori vittime di bullismo.

Secondo Jean Twenge, docente di psicologia presso la San Diego State University e autrice di decine di studi sul tema, l’uso dei social da parte dei minori potrebbe avere serie ripercussioni per la loro salute mentale. La socializzazione digitale avrebbe soppiantato gli incontri di persona. Il tasso di adolescenti statunitensi che si incontrano di persona con gli amici meno di una volta al mese era pari al 3% tra il 1990 e il 2010; nel 2019 ha raggiunto il 10%, mentre la percentuale di coloro che dichiarano di essere costantemente online ha raggiunto il 46%.

Anche le ripercussioni a livello individuale sarebbero notevoli. Più tempo gli adolescenti passerebbero sui social media, peggiore sarebbe la loro salute mentale. La tendenza sarebbe maggiore per le ragazze, il che spiegherebbe il peggioramento più netto del loro benessere emotivo.

Mitch Prinstein, Direttore Scientifico della American Psychological Association, in un’audizione al Senato degli Stati Uniti tenuta il 14 febbraio 2023, ha affermato che oltre il 50% degli adolescenti presenterebbe almeno un sintomo di dipendenza clinica dai social media.

L’abuso della tecnologia da parte dei giovani, continua Prinstein, avrebbe anche il potenziale di alterare il loro sviluppo neurale, andando ad apportare cambiamenti nella crescita strutturale del cervello. Prinstein ha anche messo in guardia sui rischi associati all’esistenza di siti che promuovono abitudini nocive come l’alimentazione disordinata, l’autolesionismo e altri comportamenti dannosi.

Un’ulteriore fonte di preoccupazione sarebbe rappresentata dal tempo eccessivo che gli adolescenti trascorrono su Internet, a discapito delle ore di sonno. Alcuni studi suggeriscono che un riposo insufficiente è associato a uno scarso rendimento scolastico, a difficoltà di attenzione e di regolazione dello stress. Di fatto, secondo il Surgeon General’s Advisory statunitense, dichiarazione pubblica che richiama l’attenzione del popolo americano su un problema urgente di salute pubblica e fornisce raccomandazioni su come affrontarlo, in una recente revisione narrativa di diversi studi, l’uso problematico dei social media è stato collegato anche al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD).

Secondo il rapporto, l’uso eccessivo e problematico dei social media può danneggiare i bambini e gli adolescenti interrompendo alcuni processi di formazione caratteriale in fase di sviluppo. Le piattaforme dei social media sono spesso progettate per massimizzare il coinvolgimento degli utenti, il che ha il potenziale di incoraggiare un uso eccessivo e una disregolazione comportamentale.

Le raccomandazioni ai policy makers

A riguardo, l’Advisory statunitense riporta delle raccomandazioni relative a tutti i soggetti coinvolti del settore. Relativamente ai responsabili politici, il report evidenzia come questi dovrebbero:

  • sviluppare standard di salute e sicurezza adeguati all’età
  • richiedere uno standard più elevato di privacy dei dati per i bambini;
  • perseguire politiche che limitino ulteriormente l’accesso ai social media per tutti i bambini, in modo da minimizzare il rischio di danni.

Che devono fare le piattaforme

Per quanto riguarda le aziende tecnologiche, il parere suggerisce loro di essere trasparenti e di condividere i risultati delle valutazioni e i dati sottostanti all’utilizzo e interazione degli utenti;

di valutare i rischi potenziali delle interazioni online e di adottare misure attive per prevenire potenziali abusi;

di istituire comitati consultivi scientifici per informare gli approcci e le politiche.

Infine, il report indica anche delle linee guida di carattere generale ed informativo per i genitori o responsabili legali e per gli adolescenti e minori che utilizzano tali piattaforme.

In particolare, l’Advisory risalta molto l’importanza dell’informazione e della conoscenza sul funzionamento e sulle implicazioni che derivano dall’uso di tali tecnologie.

Le norme negli Usa

A fronte di queste minacce, negli Stati Uniti lo Utah e l’Arkansas hanno adottato leggi che impongono ad alcune aziende del settore di verificare l’età degli utenti e di chiedere il consenso dei genitori prima di autorizzare l’accesso ai loro contenuti. Alla fine di aprile quattro senatori statunitensi hanno proposto una legge che impone ai social network di verificare l’età degli utenti, bloccare l’accesso ai minori di 13 anni e chiedere il consenso per gli adolescenti sotto i 18 anni. Altri Stati, tra cui il Connecticut e il Texas, starebbero valutando proposte di legge correlate.

Francia e Italia, l’Europa e i social

In Francia, la Camera Bassa del Parlamento ha approvato a marzo un disegno di legge che prevede la verifica dell’età per gli utenti e il consenso dei genitori per i minori di 15 anni. Il provvedimento è sotto esame al Senato.

Per quanto concerne l’Italia, il 3 febbraio il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha bloccato Replika, una chatbot che genera un interlocutore con cui è possibile interagire con messaggi vocali e di testo. Secondo l’autorità, ‘l’applicazione presenta infatti concreti rischi per i minori d’età, a partire dalla proposizione ad essi di risposte assolutamente inidonee al loro grado di sviluppo.

Scorza: “Perché abbiamo bloccato Replika, minori a rischio”

‘L’“amico virtuale”, prosegue il Garante, ‘- presentato come in grado di migliorare il benessere emotivo dell’utente, aiuterebbe l’utente a comprendere i propri pensieri e calmare l’ansia, attraverso la gestione dello stress, la socializzazione e la ricerca dell’amore – ha caratteristiche che, intervenendo sull’umore della persona, possono accrescere i rischi per i soggetti ancora in una fase di sviluppo o in stato di fragilità emotiva’. Inoltre, la piattaforma non presenterebbe meccanismi di verifica dell’età.

Del 2021 l’azione per obbligare Tiktok a bandire gli infratredicenni.

Ricordiamo infine che per il DSA non si può fare pubblicità mirata ai minori.

Serve più ricerca su impatti dei social sui minori

Lo studio del Surgeon General dice che comunque serve più ricerca; le evidenze attuali non bastano.

Patricia Patnode, responsabile del programma Fourth Branch presso il Mercatus Center della George Mason University, ha evidenziato come la regolamentazione dei social risulterebbe difficile.

Vi è un disaccordo tra i danni percepiti e i pericoli reali. La legislazione spesso si occupa del fenomeno percepito della ‘dipendenza da algoritmi’, un termine che è apparso in una proposta di legge californiana, poi abbandonata, che, se promulgata, avrebbe reso le aziende di social media responsabili per la dipendenza dei minori.

Tuttavia, sostiene la Patnod, le indagini su questo nesso causale sono ancora in corso, come hanno riconosciuto anche alcuni critici dei social media.

E’ pertanto compito degli adulti, e non delle istituzioni, insegnare agli adolescenti come mantenere un rapporto sano con le piattaforme sociali e cercare aiuto psicologico quando necessario.

Non dimentichiamo l’utilità dei social

Infine, mentre gli effetti negativi dei social media verrebbero esemplificati, quelli positivi sarebbero minimizzati.

Lo stesso Surgeon General riconosce che c’è valore nei social nel costruire community, mettendo in connessione soprattutto individui di gruppi marginalizzati (come LGBTQ+) e dando loro supporto. C’è anche un valore espressivo e creativo importante, nei giovani, nello stare su TikTok, Youtube, Instagram, Discord.

Secondo Patnod, regolamentare le aziende di social media, costringendole a mutare i loro algoritmi e imponendo un’età minima per gli utenti, non risolverebbe il problema.

Sono invece necessari approcci incentrati sull’educazione, come la legge promulgata nel Delaware che richiede corsi di formazione nelle scuole. Questi interventi non solo impedirebbero ai governi di applicare misure inefficaci, ma aiuterebbero a rispondere alle preoccupazioni dei consumatori in materia di privacy, senza forzare le società di settore a modificare le procedure di accesso ai servizi offerti.

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