Il tema della bellezza, mutevole per definizione, in un tempo in cui la nostra immagine è perennemente condivisa e filtrata per mezzo di uno schermo, è sempre più fluido.
Siamo passati dall’inseguimento della ‘Selfie face’, denunciata dal SIME (Società Italiana di Medicina Estetica) già nel 2019, alla definizione della ‘Lockdown face’ dettata dal boom dell’utilizzo di piattaforme di videoconferenza nello scorso 2020.
Donne e uomini che di fronte alla telecamera ravvicinata dei propri dispositivi, vittime dei filtri delle app di bellezza, tendono a rifiutare la propria immagine reale per apparire più telegenici. Ma cosa succede se alla nostra insicurezza si aggiunge l’intervento dell’intelligenza artificiale che promette di saperci suggerire esattamente quali sono gli interventi più opportuni per apparire attraenti al massimo?
Volti artificiali e attrazione
Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Helsinki e dell’Università di Copenhagen e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista peer-reviewed “IEEE Transactions in Affective Computing” quest’anno, mostra come sia possibile utilizzare l’IA per comprendere quali siano i tratti del volto che lo rendono effettivamente attraente ai nostri occhi.
Gli studiosi hanno creato centinaia di ritratti artificiali per mezzo di una GAN (rete neurale generativa avversaria). Le immagini sono state mostrate, una alla volta, a 30 volontari mentre le loro risposte cerebrali venivano registrate tramite elettroencefalografia (EEG). I dati ottenuti sono stati elaborati tramite modelli di machine learning e una rete neurale generativa. In seguito alla elaborazione dei dati, è stato possibile produrre una nuova immagine di un viso combinando proprio quei dettagli e tratti risultati determinanti nella scelta della singola persona. I volti creati artificialmente hanno incontrato le preferenze dei soggetti con una precisione superiore all’80%.
Sì, perché se difficilmente sapremmo dire il motivo per cui un volto ci appare attraente, sicuramente siamo in grado di riconoscerne uno quando lo abbiamo di fronte. E, con lo stesso criterio, di capire se il nostro non lo sia, o non ci sembri tale. La ricerca nordeuropea cerca, in questo senso, di far progredire le competenze dei computer nel comprendere alcuni meccanismi del tutto soggettivi, basandosi sullo studio delle immagini a schermo. Esattamente quelle con cui ogni giorno siamo chiamate a confrontarci mentre siamo inchiodati al telefono per le nostre videochiamate, o al pc per il nostro telelavoro, aiutandoci a capire quali siano i tratti su cui intervenire, per raggiungere un perfetto grado di attrazione. E su questo aspetto, di sicuro le IA, in questo momento, possono contare su un pubblico fortemente sensibile.
Zoom boom: tutti pazzi per la chirurgia estetica
Una inchiesta del Washington Post pubblicata a dicembre dello scorso anno, mostra come molti americani nel corso del 2020 si siano rivolti al chirurgo plastico soprattutto perché preoccupati del loro aspetto in video. Un aumento del ricorso alla chirurgia estetica che ha toccato addirittura il 90% per i trattamenti come filler e botox. La American Society of Plastic Surgeons, inoltre, nei mesi di lockdown ha registrato un aumento del 64% nelle richieste di consulto; dato simile rilevato dalla British Association of Aesthetic Plastic Surgeons, che comunica un aumento del 70% nelle richieste. Anche l’Italia registra un dato in aumento: nel 2020 gli interventi di medicina e chirurgia estetica sono aumentati del 25% rispetto al 2019.
Si parla a proposito di Zoom boom. Il fenomeno è stato favorito già dalla diffusione dei social, dove sempre più persone sono spinte a cercare l’approvazione della propria immagine, esponendosi al tempo stesso al giudizio dei propri pari e così sono spinti a un miglioramento continuo verso uno standard ideale.
E se notiamo dallo schermo che qualcosa del nostro aspetto non ci convince, ma non sappiamo esattamente cosa, basta affidarsi a qualcuno che si interroghi al posto nostro, dati scientifici alla mano.
Il report estetico lo fa l’AI
Il sito australiano qoves.com si candida proprio a fare questo. Tra i suoi servizi a pagamento offre a chiunque lo chieda – unica condizione che si tratti di una persona maggiorenne, la redazione di un report estetico in cui sono indicati chiaramente gli interventi da fare per poter rendere il nostro viso perfettamente armonico e oggetto di seduzione. L’intento della consulenza è molto chiaro già nella homepage: “Whether you’re seriously considering surgery or just curious about learning more about yourself, the Aesthetics report is the perfect collection of scientific sources to become better educated on facial harmony”.
Se hai realizzato che c’è qualcosa che non va nel tuo viso e stai seriamente pensando alla chirurgia estetica, meglio andare sul sicuro. Il sito offre delle linee guida molto precise sul modo in cui scattarsi delle foto per far sì che il sistema le possa elaborare con precisione e possa darci il suo responso: cioè dirci a quali interventi sottoporci.
Per l’elaborazione dei dati Qoves Studio si avvale di un sistema di machine learning che vanta un database di immagini di oltre 120.000 campioni. E si specifica: “We use a Convoluted Neural Network as the backbone of our machine learning architecture. In as simple terms as possible, the algorithm takes a 3×3 pixel snapshot of the image, groups them together and assigns it a value. It keeps moving right until it’s covered every pixel in the image and these values are mapped onto a new image and the process repeats until we’re left with a very simplified representation of what the image is.This method of mapping images allows us to extract only the important, defining features of what we’re looking at. A human lets the computer know what flaws the image might contain and the algorithm looks for visually similar matches”.
Nel 2019, il boom di richieste di interventi di chirurgia estetica da parte soprattutto di Millennials, conseguenza dell’effetto selfie, spinse i medici a prendere una posizione. Gli inestetismi denunciati infatti, non erano reali, ma influenzati dalla fotocamera del cellulare, che restituiva un’immagine distorta dei soggetti. La prospettiva dell’inquadratura o la distorsione dovuta alla distanza focale dell’obiettivo rischiavano di mostrare difetti che non esistevano, nel viso e nel corpo. Non diverso è oggi il caso delle Zoom-call.
Un’inchiesta del Mit Technology Review rivela inoltre come l’IA tende a denunciare come inestetismi tutte le deviazioni da uno standard che spesso coincide con le caratteristiche caucasiche; a danno quindi di minoranze etniche asiatiche, africane.
Conclusioni
E qui ovviamente sorgono le domande. Perché se è vero che una quantità sempre maggiore del tempo che investiamo nelle relazioni, è tempo che trascorriamo a mostrarci all’altro per mezzo di immagini (foto e video), è pur vero che la realtà è ancora una cosa diversa.
E l’intelligenza artificiale può mostrare, anche in ambito estetico, bias di conformismo, ai danni delle minoranze (etniche e non solo) e delle devianze da standard prefissate. L’IA, adoperata in questo modo, può influenzare la nostra idea di bellezza, impoverendola, massificandola, nota il Mit Technology Review. Più precisamente, l’IA si inserisce così in un fenomeno, già in atto, di standardizzazione della nostra idea di estetica, favorito dai social e può contribuire a portarlo alle estreme conseguenze.
Con danni in particolare sulla psiche delle persone in età evolutiva, come nota il Mit.
La tecnologia ci suggerisce dei miglioramenti da apportare verso noi stessi in funzione di un campionamento che ha a che fare con il gradimento che dimostriamo di fronte a delle immagini di corpi, non dei corpi, dei video, non delle performance reali. Questo conduce inevitabilmente a un cambiamento generale di ciò che consideriamo esteticamente accettabile o apprezzabile, ma non rischia forse di trasformare la realtà in qualcosa che sarà invece inguardabile?
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Bibliografia
L.Manovich, Estetica dell’intelligenza artificiale, Luca Sossella Editore 2020
M.Spape, K.Davis, L.Kangassalo, N.Ravaja, Z.Sovijarvi-Spape, T. Ruotsalo “Brain-computer interface for generating personally attractive images”, IEEE Transactions on Affective Computing 2021